Il Libro di Krishna

 

CAPITOLO 13

 

Brahma rapisce i giovani pastori e i loro vitelli

 

 

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La domanda di Maharaja Pariksit sul perché i giovani pastori avessero mantenuto il silenzio intorno alla morte di Aghasura per un intero anno, ispirò Sukadeva Gosvami a continuare il racconto dei divertimenti del Signore. Così rispose all'imperatore: "Caro re, le tue domande danno una freschezza ancora più intensa ai divertimenti sublimi di Krishna."

Il bhakta, per natura, offre costantemente la sua mente, le sue energie, le sue parole e il suo udito all'ascolto e al canto delle glorie di Krishna, e per chi si assorbe in questo ascolto e in questo canto, il soggetto non è mai monotono o antiquato. La differenza tra i discorsi spirituali e quelli materiali consiste proprio nel fatto che questi ultimi appassiscono e non si può ascoltarli senza provare ben presto il desiderio di variare, mentre i primi sono definiti nitya-nava-navayamana, cioè il canto e l'ascolto delle glorie del Signore Supremo non annoiano mai, bensì conservano la loro freschezza, facendo perfino sviluppare un ardente desiderio di praticarli sempre più. E' dovere del maestro spirituale rivelare gli aspetti confidenziali della spiritualità al discepolo sincero e desideroso di apprendere. Così Sukadeva Gosvami inizia a spiegare al re Pariksit la ragione per cui durante tutto un anno nessuno ricordò l'uccisione di Aghasura.

Ucciso Aghasura e salvati i Suoi amici dalla bocca del mostro, Sri Krishna li condusse sulle sponde della Yamuna e propose: "Miei cari amici, ecco un luogo piacevole per fare colazione e giocare su questa sabbia fine. Sulle acque della Yamuna i fiori di loto sono sbocciati meravigliosamente e il loro aroma si diffonde ovunque; tutt'intorno il canto degli uccelli e il grido dei pavoni che si armonizzano e si rispondono tra il fruscio delle foglie rendono ancora più incantevole questo paesaggio di alberi. Fermiamoci qui a fare colazione, ormai si è fatto tardi e abbiamo fame. I vitelli resteranno vicino a noi, si disseteranno nelle acque della Yamuna e mentre noi calmeremo la nostra fame, potranno brucare l'erba tenera." Alla proposta di Krishna i piccoli pastori si sentirono pieni di gioia ed esclamarono: "Sì, sediamoci tutti qui e facciamo colazione." Poi lasciarono che i vitelli brucassero liberamente.

Seduti a terra in circolo cominciarono ad aprire i sacchetti con le provviste portate da casa. Poggiarono il loro fagottino sui fiori, foglie e cortecce d'albero raccolti qua e là, e gustarono la colazione in compagnia di Sri Krishna. Egli era seduto al centro e tutti i visi erano rivolti a Lui; così, mangiando, i giovani pastori provavano un'estasi continua nel vedere il Signore, che sembrava il cuore di un fiore di loto circondato dai suoi petali. Durante il pasto ognuno dei ragazzi manifestò un differente tipo di relazione con Krishna, e in uno scambio di scherzi tutti provarono un grande piacere nello stare insieme. Mentre prendeva con gioia il Suo pasto, Sri Krishna fece scivolare il Suo flauto nella cintura, e il corno e la canna nella piega sinistra del vestito. Nella Sua mano sinistra, tra le dita delicate come petali, teneva un pezzetto di dolce fatto con yogurt, burro, riso e pezzi di frutta. Dio, la Persona Suprema, Lui che accetta i frutti di tutti i grandi sacrifici, rideva e scherzava in compagnia dei piccoli amici di Vrindavana. Dall'alto dei pianeti celesti, i deva contemplavano la scena. E quei giovani pastori vicini alla Persona Suprema erano semplicemente immersi nella felicità spirituale.

Nel frattempo, i vitelli che pascolavano là attorno s'inoltrarono nella foresta al richiamo dei teneri germogli e scomparvero alla vista. Quando i giovani pastori se ne accorsero, preoccupati gridarono subito: "Krishna è il carnefice della paura personificata; tutti temono la paura personificata, ma la paura teme Krishna. Così gridando il nome di "Krishna" i giovani pastori trascesero subito ogni paura. Nel Suo grande affetto per loro, Krishna non volle che i Suoi amici interrompessero il loro piacevole pasto per andare a cercare i vitelli: "Amici Miei, non è necessario che interrompiate la colazione. Continuate pure a divertirvi, andrò Io a cercare i vitelli"; e Si mise subito alla loro ricerca. Sulla montagna e nella foresta, Egli frugò nelle caverne e nei cespugli, ma invano.

Si ricorderà che alla morte di Aghasura, mentre i deva osservavano la scena con grande stupore, Brahma, nato dal fiore di loto che cresce dall'ombelico di Visnu, era venuto anche lui a contemplare l'impresa prodigiosa. Com'era possibile che un piccolo ragazzo come Krishna potesse compiere tali prodigi? In realtà, Brahma sapeva che quel piccolo pastore non era altri che Dio, la Persona Suprema, ma nel desiderio di assistere ancora ai Suoi divertimenti gloriosi, rapì prima tutti i vitelli, poi tutti i giovani pastori portandoli lontano. Così Sri Krishna non riuscì a trovare i vitelli nonostante tutte le Sue ricerche e quando tornò sulle sponde della Yamuna, dove aveva lasciato i Suoi amici a far colazione, una sorpresa Lo attendeva: anche i pastorelli erano scomparsi.

Nella Sua forma di giovane pastore, Sri Krishna appariva molto piccolo in confronto a Brahma, ma poiché era sempre Dio, la Persona Suprema, non ebbe difficoltà a intuire cos'era accaduto, e subito pensò: "Brahma ha rapito tutti i pastori e i vitelli. Ora, se tornassi da solo a Vrindavana, quale dolore per tutte le madri!" Così, per far felici le madri e per convincere Brahma della propria supremazia divina, Sri Krishna, la Persona Suprema, Si moltiplicò subito in altrettanti pastori e vitelli.

I Veda affermano che Dio, la Persona Suprema, Si moltiplica grazie alla Sua energia in tutti gli esseri viventi. Nulla di straordinario per Lui, dunque, moltiplicarSi in tanti pastori e vitelli. Così Krishna assunse l'identica fisionomia dei Suoi giovani amici, differenti l'uno dall'altro nel corpo e nel viso, ma anche nel vestito, negli ornamenti, negli atteggiamenti e nelle attività. Infatti, ciascuno ha gusti differenti; come anima individuale, ogni individuo si comporta e agisce in un particolare modo. Ma Krishna Si moltiplicò in modo da assumere la forma e la personalità esatta di ciascuno dei pastori, e altrettanto fece per i vitelli, anch'essi differenti in dimensione, colore, carattere, ecc. Sri Krishna poté agire così perché ogni cosa deriva dalla Sua energia, come insegna il Visnu Purana: parasya brahmanaf sakti, si tratti della materia o degli atti compiuti dagli esseri, qualsiasi cosa osserviamo nella creazione cosmica è una semplice manifestazione delle energie del Signore, come calore e luce sono le manifestazioni del fuoco.

MoltiplicatoSi nei ragazzi e nei vitelli, con i loro rispettivi caratteri, e circondato da queste emanazioni di Sé stesso, Krishna rientra a Vrindavana. Gli abitanti erano all'oscuro di tutto. Varcati i limiti del villaggio, i vitelli raggiunsero le loro stalle e i ragazzi tornarono dai genitori, nelle rispettive case. Prima ancora di vederli, le madri sentirono vibrare i loro flauti e si affacciarono sulla soglia per accoglierli col loro abbraccio. Tanto grande era il loro amore che il latte sgorgava dal loro seno, ed esse l'offrirono subito ai loro bambini. Ma questa volta il latte non andò veramente ai figli, bensì a Dio, la Persona Suprema, che aveva preso la loro forma. Per le madri di Vrindavana questa fu una nuova occasione di nutrire la Persona Suprema col proprio latte. Questo privilegio, dunque, non toccò soltanto a Yasoda, ma in quest'occasione anche a tutte le gopi anziane.

I ragazzi si comportarono con le loro madri come d'abitudine, e all'avvicinarsi del crepuscolo esse li lavarono, li decorarono con tilaka e ornamenti vari e li nutrirono a sazietà, come solevano fare dopo una giornata di lavoro. Le mucche, che si trovavano lontano, nei pascoli, calata la sera rientrarono nelle stalle da dove lanciarono i loro muggiti per chiamare i vitelli. E come essi accorsero, le mucche si misero a leccare i loro corpi. Tra le mucche e i vitelli, le gopi e i figli, i rapporti rimasero invariati. Anzi, l'affetto per la rispettiva prole aumentò senza una ragione evidente. Fenomeno naturale, questo, sebbene i vitelli e i ragazzi che avevano davanti non fossero la vera prole. L'amore delle mucche e delle gopi anziane di Vrindavana era più grande verso Krishna che verso la propria prole, perciò in quell'anno accade che l'amore per i loro vitelli e per i loro ragazzi s'intensificò fino a eguagliare l'amore che provavano per Krishna. Per un anno intero Krishna Si manifestò come i vitelli e i giovani pastori, e i pascoli furono popolati da Lui soltanto sotto queste forme.

Come insegna la Bhagavad-gita, l'Anima Suprema, emanazione di Krishna, è situata nel cuore di ciascuno. Ma in quella circostanza, per un intero anno, invece di manifestarSi come Anima Suprema nel cuore dei vitelli e dei pastori, il Signore Si moltiplicò per diventare Egli stesso i vitelli e i pastori.

Un giorno, portando al pascolo i vitelli nella foresta, Krishna, Balarama e i giovani pastori videro qualche mucca in cima alla collina Govardhana. Di lassù le mucche poterono subito accorgersi dei vitelli che pascolavano in basso nella vallata e si lanciarono giù dalla collina galoppando senza neanche curarsi del terreno aspro e sassoso, tanto intenso era l'affetto per i loro piccoli. Raggiunti i pascoli, si avvicinarono ai vitelli con le mammelle piene di latte e la coda in aria. Già mentre scendevano per la collina il loro latte gocciolava sul terreno, tanto era intenso l'affetto materno, benché quelli non fossero i loro vitelli. Infatti, i vitelli che pascolavano ai piedi della collina Govardhana erano più grossi e nessuno si sarebbe aspettato che bevessero direttamente il latte dalle mammelle delle mucche perché erano soddisfatti dell'erba dei pascoli. Invece le mucche accorsero e presero a leccare i loro corpi, mentre i vitelli bevevono il loro latte. Era come se una grande catena d'affetto unisse le mucche e i vitelli.

Le mucche sono sorvegliate dagli uomini e i vitelli dai giovani ragazzi, e per quanto possibile le mucche vengono tenute lontane dai vitelli perché questi non bevano tutto il loro latte. Perciò, quando gli uomini che pascolavano le mucche sulla collina videro le loro mandrie disperdersi lungo i pendii della collina Govardhana, cercarono di trattenerle e impedire loro di raggiungere i vitelli. Ma invano. Allora, nell'amarezza di aver fallito, si sentirono vergognosi e irritati, rammaricandosi della loro sfortuna. Ma quando discesero e videro i loro figli prendersi cura dei vitelli, un intenso affetto li pervase all'improvviso. Era sorprendente! Gli uomini erano scesi amareggiati, frustrati e adirati, ma appena videro i loro figli sentirono il cuore fondersi nell'affetto e la collera e l'insoddisfazione svanire. Esprimendo il loro amore paterno, presero i bambini tra le braccia e li strinsero a sé con grande tenerezza, respirarono l'odore dei loro capelli e s'inebriarono della gioia di essere in loro compagnia. Poi ricondussero le mucche in cima alla collina Govardhana, ma per tutto il tragitto non smisero di pensare ai loro figli e dall'affetto i loro occhi si riempirono di lacrime.

Balarama notò quell'affetto eccezionale, ingiustificato in quel momento, tra le mucche e i vitelli e tra i padri e i figli, e Se ne chiese il motivo. Sembrava proprio che gli abitanti di Vrindavana e le mucche amassero la loro prole di un sentimento molto simile all'amore che sentivano per Krishna. Balarama definì sovrannaturale questa prodigiosa manifestazione d'affetto e attribuì questo meraviglioso cambiamento a qualche potente uomo oppure a un deva. Infine concluse che questa metamorfosi sovrannaturale poteva avere come origine solo Krishna, che Egli sapeva Dio, la Persona Suprema, degna della Sua adorazione. Pensava: "Tutto questo non è che opera di Krishna e neppure Io potrei frenare i Suoi poteri sovrannaturali."

Balarama aveva capito che tutti i vitelli e i giovani pastori non erano altro che emanazioni di Krishna, ed Egli Lo pregò d'illuminarLo: "Caro Krishna, dapprima ho pensato che tutti questi vitelli e giovani pastori fossero grandi saggi, santi o deva, ma ora Mi accorgo che sono emanazioni della Tua Persona. Tutti non sono altro che Te; sei Tu stesso che giochi il ruolo dei vitelli e dei ragazzi. SpiegaMi questo mistero! Dove sono andati dunque gli altri vitelli e i ragazzi? Perché Ti sei moltiplicato e hai preso il loro posto?" A questa richiesta, Krishna racconta brevemente l'accaduto: i vitelli e i pastori erano stati rapiti da Brahma ed Egli, moltiplicatosi, li aveva sostituiti affinché nessuno potesse accorgersene.

Mentre Krishna e Balarama parlavano, Brahma ritornò dopo un momento di assenza (secondo il calcolo del tempo). La Bhagavad-gita c'informa sulla longevità di Brahmaji: dodici delle sue ore corrispondono a mille volte la durata totale di quattro ere, cioè quattro milioni trecentoventimila (4.320.000) anni per mille. Un momento di Brahma equivale a uno dei nostri anni. Così, dopo un momento del suo tempo Brahma ritornò per divertirsi degli effetti prodotti dal rapimento dei ragazzi e dei vitelli. Ma aveva anche paura perché sapeva di scherzare col fuoco. Krishna era il suo maestro, e lui per dispetto Gli aveva fatto uno scherzo. Per questo, trovandosi in ansietà non era rimasto lontano a lungo. Di ritorno dopo un breve istante, vide tutti i ragazzi e i vitelli che giocavano con Krishna esattamente come prima, eppure era sicuro di averli rapiti e poi addormentati con i suoi poteri sovrannaturali. Brahma si mise a riflettere: "Ho rapito tutti i ragazzi e i vitelli e so perfettamente che essi stanno ancora dormendo. Com'é possibile che ora un gruppo identico di ragazzi e di vitelli stia giocando con Krishna? Sono forse sfuggiti all'influsso dei miei poteri sovrannaturali e hanno continuato a giocare con Krishna per un anno intero? Brahma cercava di capire chi fossero e come avessero potuto sfuggire all'influsso dei suoi poteri, ma non ci riuscì.

In altre parole, rimase lui stesso vittima dei suoi poteri sovrannaturali, che apparivano come neve nelle tenebre o lucciole nella luce del giorno. Al sole, la neve in cima a una collina o sul terreno brillerà di un certo splendore e nell'oscurità della notte la lucciola mostrerà il suo relativo potere di rischiarare, ma di notte la neve non ha nessun riflesso argenteo, come di giorno la lucciola non ha nessuna capacità d'illuminare. Così, quando i poteri sovrannaturali di Brahma si trovarono in presenza di quelli di Krishna divennero insignificanti, come la neve di notte o una lucciola di giorno. Un uomo dotato di poteri sovrannaturali che desideri ostentarli davanti a un altro più potente di lui non rivelerebbe che la propria debolezza. Perfino un personaggio grande quanto Brahma diventò ridicolo quando volle esibire i suoi poteri in presenza di Krishna, perciò si sentì confuso sulla loro natura.

Per convincere Brahma che quei vitelli e quei ragazzi non erano gli stessi di prima, Krishna, da tutte quelle forme che aveva assunto, Si trasformò in altrettante forme di Visnu dimostrandogli così che i giovani pastori e i vitelli stavano ancora dormendo sotto l'influsso di Brahma e che quelli che lui vedeva ora al loro posto erano tutte emanazioni dirette di Krishna, o Visnu. Visnu emana da Krishna e furono forme di Visnu quelle che apparvero davanti a Brahma. Blu di carnagione, indossavano abiti gialli, avevano tutti quattro braccia e la mazza, il disco, il fiore di loto e la conchiglia tra le mani. Perle, orecchini e ghirlande di fiori meravigliosi ornavano le Loro teste, coperte di caschi d'oro splendenti di gioielli; sui Loro petti spiccava il marchio del srivatsa e il Loro collo era liscio come una conchiglia. Di braccialetti e altri ornamenti erano decorate le Loro braccia e di gioielli tintinnanti le Loro gambe; alla vita avevano campanellini d'oro e alle dita anelli con pietre preziose. Brahma vide inoltre che il corpo di Sri Visnu, dai Suoi piedi di loto fin sul capo, era tempestato da una pioggia di freschi boccioli di tulasi. E queste forme di Visnu apparivano tutte meravigliosamente belle, belle di una bellezza spirituale, con un sorriso che ricordava il fulgore della luna e lo sguardo i primi raggi del sole. Semplicemente con quello sguardo, esse si rivelano come la fonte della creazione e del mantenimento dell'ignoranza e della passione. Visnu rappresenta la virtù, Brahma la passione e Siva l'ignoranza; ma poiché mantiene ogni cosa nella creazione cosmica, Egli crea e mantiene anche Brahma e Siva.

Dopo che Sri Visnu Si fu così manifestato, Brahma vide innumerevoli altri Brahma, innumerevoli Siva e deva, e perfino esseri insignificanti come formiche o i minuscoli fili d'erba, in breve, tutti gli esseri mobili e immobili, che danzavano intorno a Sri Visnu al ritmo di varie musiche, offrendo tutti la loro adorazione a Lui. Brahma realizzò che tutte quelle forme di Visnu erano complete, che possedevano sia la perfezione detta anima, che può farci diventare piccoli come l'atomo, sia quella che può farci assumere dimensioni infinite come la creazione cosmica. Tutti i poteri sovrannaturali di Brahma, di Siva, di tutti i deva, i ventiquattro elementi della natura materiale si trovano interamente rappresentati nella Persona di Visnu, sotto la cui influenza tutti i poteri sovrannaturali subordinati a Lui erano impegnati nella Sua adorazione. Tutti Gli offrivano il loro culto: il tempo, lo spazio, l'intera creazione cosmica, il potere di miglioramento, i desideri, gli atti e i tre guna. Brahma realizzò inoltre che Sri Visnu è la fonte di ogni verità, di ogni sapere e di ogni felicità, l'unione dei tre aspetti dell'Assoluto -l'eternità, il sapere e la felicità- e l'oggetto di adorazione dei seguaci delle Upanisad.

Brahma realizzò inoltre che tutte quelle differenti forme di ragazzi e vitelli si erano trasformate in altrettante forme di Visnu non attraverso un potere come quello che può esibire uno yogi o un deva. Quei vitelli e ragazzi trasformati in Visnu-murti, o forme di Visnu, non erano manifestazioni della Visnu-maya, o l'energia di Visnu, ma erano Visnu in persona. Visnu e la Visnu-maya sono paragonati rispettivamente al fuoco e al calore, che è un attributo del fuoco, ma non il fuoco in sé. Le forme di Visnu manifestate davanti a Brahma non sono paragonati al calore, bensì al fuoco perché tutte erano Visnu stesso. Facciamo un altro esempio: il sole può riflettersi nell'acqua di numerosi catini, ma questi riflessi non sono il sole vero, e pur avendone l'aspetto non diffondono né luce né calore. Invece, ciascuna delle forme che Krishna assunse era Visnu stesso, in tutta la pienezza delle Sue qualità. (Visnu è satya, tutta verità; jñana, tutto sapere; e ananda, tutta felicità).

Le forme personali, spirituali e assolute, del Signore Supremo sono così sublimi che i seguaci impersonalisti delle Upanisad non riescono a raggiungere quel grado di conoscenza necessario a comprenderle, perché attraverso lo studio delle Upanisad gli impersonalisti possono soltanto arrivare a capire che la Verità Assoluta Si differenzia dalla materia e che non è ristretta da un potere limitato, materiale. Brahmaji, invece, poté comprendere Sri Krishna e la Sua moltiplicazione in tante forme di Visnu e capì inoltre che ogni cosa mobile e immobile nella manifestazione cosmica esiste grazie alla manifestazione dell'energia del Signore Supremo.

Frustrato a causa dei suoi limitati poteri e ormai cosciente dei limiti delle proprie azioni, racchiuse nell'ambito degli undici sensi, Brahma poté perlomeno realizzare di essere anche lui una creazione dell'energia materiale, un semplice burattino. Come burattini che danzano solo nelle mani del burattinaio sono i deva e gli altri esseri, tutti subordinati a Dio, la Persona Suprema. Come insegna il Caitanya-caritamrita, l'unico maestro è Krishna, tutti gli altri sono servitori. Il mondo intero è sballottato dalle onde dell'energia materiale, e gli esseri fluttuano qua e là come fili di paglia sull'acqua. La loro lotta per l'esistenza continua senza tregua, ma questa maya, questa lotta illusoria, termina non appena essi prendono coscienza della loro posizione di servitori del Signore Supremo.

Il maestro della dea del sapere, Brahmaji, che è considerato come la più alta autorità in materia di conoscenza vedica, rimaneva perplesso, incapace di comprendere le straordinarie potenze manifestate da Dio, la Persona Suprema. Nessuno, nell'universo materiale, può capire gli infiniti poteri sovrannaturali del Signore Supremo, neppure un grande personaggio come Brahma, che non solo non riuscì a capire le potenze che Krishna manifestò davanti a lui, ma diventò confuso soltanto a vederle.

Di fronte all'incapacità di Brahma di comprendere anche solo il modo con cui il Signore manifestava la potenza di Visnu trasformandoSi in vitelli e giovani pastori, Krishna fu mosso a compassione, così, mentre manifestava pienamente la Sua emanazione di Visnu, d'improvviso Egli calò sulla scena il sipario della Sua yoga-maya. La Bhagavad-gita afferma che Dio, la Persona Suprema, Si cela alla nostra vista dietro il velo di questa yoga-maya, che Lo lascia però intravedere parzialmente. Invece ciò che copre completamente la realtà è detto maha-maya, o energia esterna, e impedisce all'anima condizionata di capire il Signore Supremo, che è situato al di là della creazione cosmica. Brahma non è un essere comune, è di gran lunga superiore a tutti i deva, tuttavia non poteva accedere alla comprensione dei poteri del Signore Supremo; perciò Krishna Si astenne volontariamente dal manifestarglieli ancora e stese il velo della Sua yoga-maya affinché non sprofondasse sempre più nella sua perplessità. Di fronte ai poteri di Krishna, l'anima condizionata non solo rimane confusa, ma si rivela totalmente incapace di comprenderli.

Alleggerito della sua perplessità, Brahma sembrò svegliarsi da uno stato di morte, e a fatica aprì gli occhi. Poté allora contemplare l'eterna creazione cosmica con la visione di un essere comune: tutt'intorno a sé vide l'incantevole paesaggio di Vrindavana trapunto di alberi, fonte stessa di vita per tutti gli esseri, e fu capace di apprezzare la terra di Vrindavana, tutta spirituale, dove ogni essere trascende la natura comune. Perfino gli animali feroci come le tigri vivono in pace nel cuore della foresta di Vrindavana, in compagnia dei cervi e degli uomini. Egli divenne consapevole che la presenza di Dio rendeva la terra di Vrindavana superiore a ogni altro luogo, priva di qualsiasi cupidigia e avidità. Poi Brahma vide Sri Krishna, Dio la Persona Suprema, che interpretava la parte di un giovane pastore. Vide questo piccolo bambino che teneva un pezzettino di cibo nella mano sinistra e cercava ovunque i Suoi amici e i Suoi vitelli, proprio come stava facendo un anno prima.

Immediatamente Brahma scese dal grande cigno che lo trasportava e davanti al Signore cadde a terra come un bastone d'oro. I vaisnava usano il termine dandavat a indicare l'offerta di omaggi. Questo termine significa cadere come un bastone, infatti i propri omaggi ai vaisnava superiori vanno offerti prosternandosi rigidi come un bastone. Così, per mostrare il suo rispetto al Signore, Brahma cadde davanti a Lui come un bastone, e poiché la sua carnagione è dorata, somigliava a un bastone d'oro ai piedi di Sri Krishna. I quattro caschi delle sue teste toccarono i piedi di loto di Krishna, mentre dalla grande gioia le lacrime gli scendevano lungo le guance e andavano a lavare i piedi di loto del Signore. Ricordando i meravigliosi atti del Signore, ripetutamente cadde al suolo e si rialzò. Quindi, dopo aver rinnovato a lungo il suo omaggio si alzò e si asciugò gli occhi. Vedendo davanti a sé il Signore, cominciò tutto tremante a offrirGli delle preghiere con grande rispetto, umiltà e attenzione.

 

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul tredicesimo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "Brahma rapisce i giovani pastori e i loro vitelli".

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