Il Libro di Krishna

 

CAPITOLO 16

 

Vittoria su Kaliya

 

 

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Quando capi che le acque della Yamuna erano state inquinate dal serpente nero Kaliya, Sri Krishna lo punì e lo cacciò via dal fiume, così le acque ritornarono pure. Ascoltando quest'episodio da Sukadeva Gosvami, Maharaja Pariksit si sentì prendere da un desiderio ancora più ardente di conoscere meglio i divertimenti d'infanzia di Krishna. In che modo Krishna aveva punito Kaliya, ospite indesiderabile per molti anni di quelle acque sante? Maharaja Pariksit si entusiasmava sempre più all'ascolto dei divertimenti sublimi di Krishna e rivolse questa domanda con grande interesse. Sukadeva Gosvami raccontò così la storia di Kaliya.

Il fiume Yamuna formava un grande lago dove viveva il serpente nero Kaliya dal veleno malefico, così infetto, che giorno e notte, ininterrottamente, il lago diffondeva tutt'intorno nuvole di vapori nocivi. Perfino gli uccelli di passaggio, raggiunti dai miasmi, piombavano morti nell'acqua, e gli alberi e l'erba sulle sponde e nei dintorni si erano seccati per l'effetto corrosivo di quei vapori.

Sri Krishna vide i danni provocati dal grande serpente che aveva reso letali le acque del fiume che scorreva davanti a Vrindavana, e poiché Egli era apparso in questo mondo per mettere fine agli atti dei malvagi, Si arrampicò subito su un albero kadamba, sulla riva stessa della Yamuna, e raggiunto il ramo più alto, stringendoSi la cintura e agitando le braccia come un lottatore, Si tuffò in mezzo al lago avvelenato. Il kadamba è un albero dai fiori rotondi e gialli che si trova soprattutto nella regione di Vrindavana, e quello da cui Krishna Si gettò era l'unico albero ancora in vita. Alcuni commentatori sostengono che l'albero riprese vita appena fu toccato dai piedi di loto di Krishna; e alcuni Purana raccontano che Garuda, l'eterno uccello-portatore di Visnu, sapendo che quest'albero sarebbe servito in futuro da trampolino a Krishna, vi versò sopra del nettare per preservarlo.

Appena Sri Krishna Si tuffò nelle acque della Yamuna, il fiume straripò e inondò le sponde, come per effetto di una massa gigantesca. Non c'è nulla da meravigliarsi per questa prova di potenza, perché Krishna è la fonte inesauribile di ogni potenza. Nuotando con tutta la Sua forza, come un elefante, Krishna fece un rumore tumultuoso che non sfuggì al grande serpente Kaliya. Un frastuono intollerabile! Il mostro poté indovinare che si trattava di un attacco e si presentò subito di fronte a Krishna. Così bello, così delicato il corpo di Krishna, che Kaliya pensò valesse la pena guardarLo: la Sua carnagione era del colore di una nuvola scura e le Sue gambe ricordavano il fiore di loto; era ornato dello srivatsa, portava gioielli e abiti gialli, e col Suo volto sorridente Si muoveva nel fiume con una potenza ammirevole. Sebbene affascinato, Kaliya sentì la collera bollirgli nel cuore e Lo ghermì coi suoi tentacoli possenti.

A quella scena inverosimile, i piccoli affezionati pastori e tutti gli abitanti di Vrindavana rimasero pietrificati dal terrore. Tutta la loro esistenza l'avevano data a Krishna -i loro beni, il loro affetto, le loro azioni-, e quando Lo videro in quella situazione la paura li invase e caddero a terra privi di sensi. Le mucche, i buoi e i piccoli vitelli, tutti sopraffatti dal dolore, lanciarono a Krishna uno sguardo pieno d'angoscia; non potevano che piangere e, segregati in un dolore profondo, stettero là, immobili, sulle sponde del fiume, incapaci di portare soccorso al loro amato Krishna.

Apparvero allora funesti presagi che preannunciavano un imminente e terribile pericolo: la terra tremò, meteore solcarono il cielo e il corpo degli uomini ebbe un tremito. Osservando questi sinistri presagi, i pastori rimasti al villaggio, e con loro Nanda Maharaja, si sentirono stringere il cuore dall'angoscia, tanto più quando seppero che Krishna era andato ai pascoli senza Suo fratello maggiore, Balarama. Tutto ciò non fece accrescere l'inquietudine di Nanda, di Yasoda e di tutti i pastori. L'intenso affetto che sentivano per Krishna unito all'inconsapevolezza della vastità delle Sue potenze, li sommerse nella disperazione e nell'angoscia; nulla era per loro più caro di Krishna, e a Lui tutto avevano dedicato -esistenza, possedimenti, affetto, mente e atti. Il loro attaccamento a Krishna li portò a pensare: "Questa volta Krishna sarà sicuramente sconfitto!"

Per vedere Krishna tutti gli abitanti di Vrindavana erano usciti dal villaggio: i bambini, i giovani, i vecchi, le donne, gli animali, ogni specie di essere vivente, poiché tutti sapevano che Krishna rappresentava il loro unico sostegno. Nel frattempo Balarama, il maestro di ogni sapere, Se ne stava là, sorridente; Lui conosceva l'onnipotenza del Suo giovane fratello e sapeva che non c'era ragione di preoccuparsi vedendoLo alle prese con un semplice serpente. Perciò Balarama non partecipò affatto al dolore di tutti gli altri. Invece gli abitanti di Vrindavana, sconvolti, partirono alla ricerca di Krishna seguendo le impronte dei Suoi piedi, che si dirigevano verso la Yamuna. Guidati dalle orme con i segni dello stendardo, dell'arco e della conchiglia, giunsero finalmente sulla riva del fiume, dove videro le mucche e i giovani pastori singhiozzanti, e nell'acqua Krishna tra le spire del serpente nero. Allora sprofondarono in un dolore indescrivibile. Era la fine per Krishna, pensarono, e piombarono in un oceano di disperazione, mentre Balarama, nel vederli così afflitti, continuava a sorridere. Non sapevano gran che di Krishna quei pastori, ma il loro amore per Lui era incomparabile. Davanti a quell'orribile scena i loro pensieri tornarono all'amicizia di Krishna, al Suo volto sorridente, alle Sue dolci parole, ai Suoi rapporti con loro; e questi ricordi, uniti alla certezza che Krishna era ormai vittima di Kaliya, diedero loro la sensazione che all'improvviso i tre mondi fossero diventati vuoti. Anche Sri Caitanya Mahaprabhu disse che sentiva i tre mondi deserti in assenza di Krishna. Questo è il più alto livello della coscienza di Krishna, e quasi tutti gli abitanti di Vrindavana conoscevano l'estasi spirituale suprema, l'amore per Krishna.

Quando Yasodamata arrivò, volle gettarsi nel fiume, e mentre la trattenevano svenne. Altri, sopraffatti da un dolore profondo, piangevano tanto che le loro lacrime parevano onde e scrosci di pioggia, ma per rianimare madre Yasoda presero a cantare ad alta voce i sublimi divertimenti di Krishna. Yasoda rimase immobile, come morta, la sua coscienza si era fermata sul volto di Krishna. Nanda e tutti gli altri, che avevano dato ogni cosa a Krishna, perfino l'esistenza, fecero per entrare nelle acque della Yamuna, quando Sri Balarama, perfettamente consapevole che nessun pericolo minacciava Krishna, li fermò.

Per due ore Krishna rimase tra le spire di Kaliya, come un bambino comune; poi; vedendo che tutti gli abitanti di Gokula, compresi Sua madre, Suo padre, le gopi, i giovani pastori e le mucche, erano sul punto di morire di dolore e non c'era scampo per loro, Si liberò. Dilatò il Suo corpo finché il serpente che si ostinava a stringerLo sentì una tensione insopportabile e allentò la presa. Ma nel lasciarsi sfuggire il Signore la sua collera raddoppiò; Kaliya gonfiò le teste gigantesche dagli occhi sfavillanti, dalle narici che mandavano fumi tossici e dalle bocche che vomitavano fiamme. Poi restò immobile per qualche istante, lo sguardo fisso su Krishna. Passandosi sulle labbra le lingue biforcute, guardava Krishna; le sue teste avevano raddoppiato di dimensione e ora anche il suo sguardo traboccava di veleno. D'un colpo, come quando Garuda si abbatte su un rettile, Krishna piombò su Kaliya. Questi credette fosse giunto il momento di mordere, ma il Signore Si gettò dietro di lui. Cominciò così, per Krishna e Kaliya, un girotondo che a poco a poco stancò il mostro e gli fece perdere molto della sua potenza. Allora Krishna curvò le teste del serpente e vi saltò su. I piedi di loto del Signore si colorarono dei riflessi rossi che emanavano dai gioielli posti sulle teste del serpente. Poi, artista originale, maestro di tutte le arti, Krishna Si mise a danzare sulle teste di Kaliya che ondeggiavano e ruotavano di qua e di là. A quello spettacolo tutti gli abitanti dei pianeti superiori -i Gandharva, i Siddha e i deva-, nella loro contentezza, gettarono piogge di fiori, suonando i loro tamburi e flauti e cantando inni e preghiere.

Mentre Krishna danzava su qualcuna delle sue teste, Kaliya tentava con le altre di farLo cadere; il mostro aveva un centinaio di teste, ma Krishna le controllava tutte colpendole coi Suoi piedi di loto. Questo era troppo per il serpente! A poco a poco Kaliya si ridusse a lottare per la propria sopravvivenza. Vomitò immondizie di ogni genere e sputò fuoco, e più veleno buttava fuori più si liberava dei suoi peccati. In preda a una collera furiosa, in un ultimo sforzo per salvarsi Kaliya cercò di colpire il Signore sollevando una delle teste. Ma Krishna S'impadronisce anche di questa, la domina, e danzando la calpesta con i piedi. Allora sembrò che Kaliya stesse offrendo la sua adorazione a Dio, Sri Visnu; e i miasmi avvelenati che uscivano dalle sue bocche sembravano offerte di fiori. Ormai allo stremo delle forze, quando non vomitava più veleno ma sangue e tutto il suo corpo sembrava spezzarsi sotto i colpi del Signore, Kaliya capì che Krishna è Dio, la Persona Suprema, e decise di abbandonarsi a Lui, riconoscendo in Lui il Signore Supremo, il maestro di tutto.

Le mogli di Kaliya, le Nagapatni, vedendo il loro sposo sconfitto dai colpi del Signore, nel Quale riposa l'intero universo, si accinsero ad adorarLo, nonostante i loro vestiti, capelli e ornamenti fossero in disordine per la fretta e il turbamento. Anch'esse sottomesse al Signore Supremo, si presentarono a Lui con i loro bambini e tutte inquiete Gli offrirono il loro rispettoso omaggio prosternandosi sulle sponde della Yamuna. Le Nagapatni sapevano che Krishna è il rifugio di tutte le anime sottomesse, e con le loro preghiere desideravano soddisfarLo per liberare così il loro sposo dall'imminente pericolo.

"O Signore, Tu sei equanime verso tutti e non fai distinzione tra figlio, amico o nemico, perciò il castigo che con la Tua bontà hai inflitto a Kaliya è giusto. O Signore, Tu sei disceso in questo mondo per annientare coloro che ne distruggono l'armonia, ma poiché sei la Verità Assoluta non c'è differenza tra la Tua misericordia e il Tuo castigo. La punizione che hai inflitto ci sembra piuttosto una benedizione e una dimostrazione della Tua infinita misericordia, perché l'essere che Tu punisci si libera dalle conseguenze dei suoi atti colpevoli. Chi dubita che questo rettile non sia sovraccarico di peccati di ogni genere? Altrimenti perché avrebbe ottenuto la forma di serpente? La Tua danza sulle sue teste ha annullato le conseguenze degli atti peccaminosi che deve aver compiuto per meritare un corpo simile. La Tua collera e il Tuo castigo sono di buon augurio! Che sorpresa per noi vedere come Tu sei diventato soddisfatto di questo serpente, che per conoscere la Tua grazia avrà certamente compiuto riti religiosi nelle sue esistenze precedenti, si sarà sottomesso a numerose austerità soddisfacendo così tutti gli esseri, e avrà compiuto anche opere caritatevoli a beneficio di tutti gli esseri dell'universo."

Le Nagapatni confermano che nessuno può accedere alla presenza di Krishna senza aver compiuto nelle esistenze precedenti qualche atto virtuoso nel servizio di devozione. Come insegna Sri Caitanya nel Siksastaka, si deve eseguire il servizio di devozione cantando umilmente il mantra Hare Krishna, sentendosi più bassi di un filo di paglia sulla strada, non aspettandosi alcun onore e offrendo ogni forma di rispetto agli altri.

Le Nagapatni si meravigliarono che Kaliya, relegato in un corpo di serpente per le sue gravi colpe, fosse venuto a contatto col Signore, i cui piedi di loto avevano toccato le sue teste: certamente questo non poteva essere il risultato di un qualsiasi atto di virtù. Tali contraddizioni le lasciarono perplesse, ed esse continuarono le loro preghiere: "O Signore, noi siamo sbalordite nel vedere la fortuna di Kaliya, che ha avuto addirittura la polvere dei Tuoi piedi di loto sulle sue teste. Questo è un favore a cui aspirano tutti i grandi saggi, e perfino la dea della fortuna s'impone rigide austerità con questa speranza. Come ha potuto dunque questo serpente ottenere lo stesso privilegio così facilmente, e sulla sua testa? Alcuni maestri ci hanno informato che gli esseri benedetti dalla polvere dei Tuoi piedi di loto non provano più attrazione neppure per la posizione suprema nell'universo, quella di Brahma, o per il trono dei pianeti celesti; non vogliono neppure la sovranità sul nostro pianeta o sui pianeti superiori come Siddhaloka; né desiderano i poteri sovrannaturali dello yogi, e come puri bhakta aspirano mai alla liberazione che consiste nel diventare uno con Te. O Signore, anche se nato tra le specie nutrite dall'ignoranza più abominevole su cui regna la collera, questo re dei serpenti ha ottenuto la cosa più preziosa e più rara al mondo. Gli esseri che vagano in questo universo attraverso le differenti specie di vita possono facilmente conoscere il più grande beneficio, ma soltanto con la Tua grazia."

Anche il Caitanya-caritamrita conferma che gli esseri errano attraverso l'universo in differenti specie di vita, ma essi possono ricevere il seme del servizio di devozione per la misericordia di Krishna e del maestro spirituale, e vedere così aprirsi per loro il cammino della liberazione.

Le Nagapatni continuarono: "Ti offriamo il nostro rispettoso omaggio, caro Signore, perché Tu sei la Persona Suprema, situata in ogni essere come Paramatma; sebbene Tu trascenda la manifestazione cosmica, tutto ciò che si trova in essa riposa in Te. Tu sei la personificazione del tempo eterno, infaticabile, la cui forza esiste completamente in Te che ne possiedi e ne rappresenti l'incarnazione nella sua totalità, sotto tutte le sue forme -passato, presente, futuro, mese, giorno, ora, istante. Perciò, o Signore, Tu hai la visione perfetta di tutte le attività che si svolgono in ogni istante, in ogni ora, giorno e anno del passato, del presente e del futuro. Tu sei la forma universale, eppure rimani distinto da questo universo, a cui sei simultaneamente identico e differente. Infinite volte offriamo il nostro rispettoso omaggio a Te, che sei l'universo intero, ma anche il suo creatore, che lo governi, lo mantieni e ne sei la causa originale. Tu rimani al di là della creazione materiale pur essendo presente in essa nella forma dei guna-avatara -Brahma, Visnu e Mahesvara. Benché Tu sia la causa della manifestazione d'innumerevoli esseri viventi, dei loro sensi, della loro esistenza, mente e intelligenza, Tu puoi essere realizzato dagli esseri solo attraverso la Tua energia interna. Offriamo dunque il nostro omaggio a Te, l'illimitato, il più fine del più fine, il centro di tutta la creazione e il conoscitore di tutte le cose. Filosofi speculativi di varie scuole si sforzano di raggiungere te, il fine ultimo di tutti i tentativi filosofici, Colui che viene descritto in tutte le filosofie e in tutte le dottrine. Offriamo il nostro rispettoso omaggio a Te perché sei l'origine di tutte le Scritture e la fonte del sapere, sei la radice di ogni verità, e la Persona Suprema, che può benedirci col sapere supremo. Da Te hanno origine tutti i tipi di desideri, da Te emanano anche tutti i tipi di soddisfazione. Tu sei i Veda personificati. Noi Ti offriamo dunque il nostro rispettoso omaggio.

"O Signore, Tu sei Dio, la Persona Suprema, Sri Krishna, il beneficiario supremo, apparso ora come figlio di Vasudeva, che è una manifestazione della virtù pura. Tu sei Pradyumna e Aniruddha, i deva-maestri della mente e dell'intelligenza, e sei il Signore di tutti i vaisnava. Attraverso la Tua emanazione di caturvyuha, che consiste in Vasudeva, Sankarsana, Aniruddha e Pradyumna, Tu sei la fonte dello sviluppo della mente e dell'intelligenza, e sei Tu a fare in modo che gli esseri viventi siano coperti dall'oblio o ritrovino la loro vera identità. Come conferma la Bhagavad-gita (XV.15), il Signore è situato nel cuore dimentico o memore della sua originale identità. Noi possiamo parzialmente capire che Tu sei il nostro cuore come testimone di tutti i nostri atti, ma ci è molto difficile apprezzare la Tua presenza, anche se ci riusciamo entro certi limiti. Tu sei il maestro ultimo dell'energia materiale e spirituale, e quindi il dirigente supremo, sebbene distinto dalla manifestazione cosmica, di cui sei il creatore, il testimone e l'ingrediente stesso. Noi Ti offriamo il nostro rispettoso omaggio. Tu non hai alcuno sforzo personale da fornire nell'opera della creazione; puoi creare, mantenere e annientare la manifestazione cosmica semplicemente manifestando le Tue diverse energie, i tre guna -virtù, passione e ignoranza. Maestro della forza del tempo, con un semplice sguardo sull'energia materiale Tu puoi creare questo universo e conferire l'energia necessaria alle numerose forze della natura materiale, che agiscono differentemente in differenti creature. Nessuno può comprendere come Tu agisci in questo mondo. O Signore, Ti sei manifestato nella forma delle tre principali divinità di questo universo -Brahma, Visnu e Siva- affinché si operino la creazione, il mantenimento e la distruzione, ma la Tua apparizione come Sri Visnu ha lo scopo di favorire tutti gli esseri; perciò a coloro che vivono nella pace e aspirano alla pace suprema è raccomandata l'adorazione del Tuo aspetto pacifico di Sri Visnu.

"O Signore, ascolta la nostra preghiera. Guarda questo sfortunato serpente che è sul punto di perdere la vita e considera la nostra sorte soltanto, non le sue offese. T'imploriamo, sii buono con noi e perdona Kaliya, perché se lui dovesse morire, noi, sue mogli, rimarremmo sole, e tu sai che per noi donne l'esistenza stessa e tutto ciò che possediamo risiede nello sposo. Caro Signore, ogni essere è generato da Te e a ognuno Tu assicuri il mantenimento. Questo serpente è dunque Tuo figlio. E' vero che per ignoranza dei Tuoi poteri ha commesso gravi offese nei Tuoi confronti, ma per questa volta perdonalo, Ti supplichiamo. O Signore, Ti offriamo con amore il nostro servizio, perché tutte noi siamo Tue eterne servitrici; qualsiasi cosa desideri chiedila e noi ubbidiremo al Tuo ordine. Chiunque accetti di agire così trova sollievo dalla disperazione."

Ascoltate queste preghiere, Sri Krishna pose fine al castigo di Kaliya, che era già caduto privo di sensi sotto i Suoi colpi. Tornando in sé, ormai libero dal suo castigo, Kaliya ritrovò insieme la sua forza vitale e l'acutezza dei suoi sensi, e a mani giunte si rivolse in tutta umiltà a Sri Krishna: "O Signore, sono nato in una specie che per natura mi rende pieno di collera e d'invidia, immerso come sono nelle più spesse tenebre dell'ignoranza. Tua Grazia sa quanto sia difficile abbandonare gli istinti naturali, sebbene questi facciano trasmigrare l'essere da un corpo all'altro." Anche la Bhagavad-gita afferma che è molto difficile svincolarsi dalla morsa della natura materiale, ma aggiunge che chiunque si abbandoni a Dio, la Persona Suprema, Sri Krishna, non è più soggetto all'azione della natura materiale.

"Caro Signore, continuò Kaliya, Tu sei l'origine di tutti i guna, attraverso cui l'universo è creato, e la causa delle diverse mentalità che possiedono gli esseri, mentalità che determinano i corpi che essi otterranno. O Signore, sono nato serpente e per istinto sono portato alla collera, ma senza la Tua grazia come mi sarà possibile abbandonare questa natura che ho acquisito? Come è difficile sfuggire alle grinfie della Tua maya, che ci condanna alla schiavitù! O Signore Tu che puoi castigarmi o salvarmi a Tuo piacere, Ti prego, perdona le mie fatali tendenze materiali."

A queste parole di Kaliya, Dio, la Persona Suprema, che interpretava la parte di un comune bambino, intimò al serpente: "Lascia subito questi luoghi e vai verso l'oceano. Parti immediatamente e conduci con te le tue spose, la tua prole e i tuoi possedimenti. Non contaminare mai più le acque della Yamuna; lascia che le Mie mucche e i Miei amici si dissetino senza pericolo!" Il Signore volle poi che l'ordine che aveva appena dato al serpente Kaliya venisse ripetuto e ascoltato da tutti, affinché più nessuno temesse il mostro.

Chiunque ascolti il racconto del serpente Kaliya e del suo castigo non avrà più da temere i movimenti invidiosi dei serpenti. Il Signore dichiarò inoltre: "Chiunque si bagnerà nel lago di Kaliya, dove i Miei amici e Io ci siamo bagnati, chiunque, dopo aver osservato il digiuno per un giorno, offrirà in oblazione agli antenati l'acqua di questo lago, sarà liberato da tutte le conseguenze dei suoi atti peccaminosi." Il Signore rassicurò poi Kaliya: "Tu sei venuto in questo lago per paura di Garuda che voleva divorarti sulla terra meravigliosa ai bordi dell'oceano; sappi che d'ora in poi, vedendo sulle tue teste il marchio dei Miei piedi di loto, Garuda non ti disturberà più."

Il Signore era soddisfatto di Kaliya e delle sue spose, le Nagapatni, che subito dopo aver sentito l'ordine del Signore Lo adorano offrendoGli in abbondanza bei vestiti fiori tra cui il loto, ghirlande, gioielli, ornamenti, polpa di sandalo e frutti deliziosi, soddisfacendo così il maestro di Garuda, l'aquila tanto temuta. Poi, obbedendo alle istruzioni di Sri Krishna, Kaliya, le sue spose e la loro prole lasciarono il lago della Yamuna.

 

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul sedicesimo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "Vittoria su Kaliya".

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