Il Libro di Krishna

 

CAPITOLO 29

 

L'uccisione del mostro Aghasura

 

 

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Fu nella notte di luna piena della stagione di sarat che ebbe luogo la danza rasa, precisa lo Srimad-Bhagavatam. I capitoli precedenti indicavano che la festa del Govardhana-puja si svolse dopo la notte di luna nuova del mese di karttika e fu seguita dalla cerimonia di bhratri-dvitiya; poi si era scatenata la collera di Indra sotto forma di pioggia torrenziale e grandine, e Sri Krishna aveva sollevato la collina Govardhana per sette giorni, fino al nono giorno della luna crescente. Il decimo giorno gli abitanti di Vrindavana avevano discusso della meravigliosa natura di Krishna, e il giorno successivo Nanda Maharaja aveva osservato l'ekadasi. Seguì il dvadasi, il giorno in cui Nanda Maharaja fu arrestato dagli uomini di Varuna per essersi bagnato nel Gange e fu liberato da Sri Krishna. Fu allora che a Nanda Maharaja e ai pastori fu rivelato il mondo spirituale.

Era trascorsa così la sarad-purnima, la notte di luna piena del mese di asvina, nella stagione di sarat. Secondo lo Srimad-Bhagavatam, Krishna dovette attendere un anno intero, il tempo che ritornasse questa sarad-purnima, prima d'impegnarSi nella danza rasa con le gopi. Se Egli sollevò la collina Govardhana all'età di sette anni, doveva averne otto quando la danza rasa ebbe luogo.

Col termine di danza rasa le Scritture vediche designano la danza di un attore nel mezzo di numerose danzatrici. Quando Krishna vide scendere la notte di luna piena della stagione di sarat, Si decorò con vari fiori di stagione, soprattutto i mallika, dal profumo intenso, e ricordando le preghiere delle gopi alla dea Katyayani per avere Krishna come sposo, pensò che quella notte era il momento migliore per la danza e per soddisfare così il desiderio delle gopi.

A questo proposito lo Srimad-Bhagavatam usa le parole bhagavan api per sottolineare che la danza di Krishna con le gopi non ha nulla in comune con la danza dei ragazzi e delle ragazze nel mondo materiale. Krishna, Dio, la Persona Suprema, non ha alcun desiderio da soddisfare perché gode a ogni istante delle sei perfezioni nella loro totalità. Tuttavia desiderò stare in compagnia delle gopi. Con le specifiche parole yoga-mayam upasritah, lo Srimad-Bhagavatam indica che la danza rasa si situa sul piano della yoga-maya, e non della maha-maya, dell'energia esterna, a cui appartiene invece la danza dei ragazzi e delle ragazze in questo mondo. Il Caitanya-caritamrita paragona la differenza tra la yoga-maya alla differenza tra l'oro e il ferro: entrambi sono metalli, ma la qualità è ben diversa. Così, sebbene la danza rasa di Krishna con le gopi possa apparire come l'unione di ragazzi e ragazze in questo mondo, ne differisce completamente in qualità. E i grandi vaisnava riescono a vedere questa differenza perché capiscono perfettamente ciò che distingue l'amore per Krishna dalla cupidigia.

Nel dominio della maha-maya, la danza si fonda sul piacere sensuale, mentre è col desiderio spirituale di soddisfare Krishna che le gopi accorsero sul luogo della danza rasa al richiamo del Suo flauto. L'autore del Caitanya-caritamrita, Krishnadasa Kaviraja Gosvami, spiega che cupidigia e amore mirano entrambi a soddisfare i sensi, ma l'amore mira a soddisfare i sensi di Krishna. In altre parole, gli atti compiuti per trovare una soddisfazione personale sono materiali, mentre gli atti destinati alla soddisfazione di Krishna sono spirituali. A qualsiasi livello si agisca, l'azione sarà sempre diretta alla ricerca del piacere dei sensi: sul piano spirituale per il piacere del Signore Supremo, Sri Krishna, e sul piano materiale per il piacere del suo autore. Perciò, nel mondo materiale, il servitore, servendo il suo datore di lavoro, non cerca di soddisfare i sensi del padrone bensì i propri e non continuerebbe il suo servizio se il padrone smettesse di pagarlo. Invece, sul piano spirituale, il servitore di Sri Krishna non riceve alcun salario, tuttavia continua il suo servizio in qualsiasi circostanza. Tale è l'abisso che separa la coscienza di Krishna dalla coscienza materiale.

Aveva otto anni quando danzò con le gopi, e molte di loro erano già sposate a quel tempo. infatti in India le ragazze si maritavano molto presto e non era raro che una donna mettesse al mondo un figlio all'età di dodici anni. Ma anche se le gopi che desideravano avere Krishna come marito erano già sposate, ciò non diminuiva affatto l'intensità del loro desiderio. Essendo il loro amore verso Krishna come quello di una donna per il suo amante, le loro relazioni d'amore con Krishna sono dette parakiya-rasa, che è il sentimento che prova un uomo o una donna sposati che desiderano un'altra donna o un altro uomo.

In verità, Krishna, come beneficiario supremo, è lo sposo di tutti gli esseri. Le gopi desideravano avere Krishna come marito, ma Lui, nel Suo ruolo di uomo comune, non avrebbe potuto sposarle tutte. Comunque, poiché interiormente esse accettarono Krishna come loro sposo supremo, la relazione che le univa al Signore è detta parakiya-rasa ed esiste eternamente a Goloka Vrindavana, nel mondo spirituale, dove è libera dall'ebbrezza che la caratterizza quando è scambiata tra anime condizionate. Se a livello materiale il parakiya-rasa è abominevole, nel mondo spirituale diventa la qualità propria della sublime relazione che unisce Krishnaalle gopi. Molte sono le relazioni che uniscono le anime pure a Krishna, quella di servitore verso il suo maestro, di amico verso l'amico, di genitore verso il figlio e di due amanti tra di loro, ma fra tutte il parakiya-rasa è il più elevato.

L'universo materiale, riflesso distorto del mondo spirituale, è come il riflesso di un albero nell'acqua: la parte più alta dell'albero diventa la più bassa nel suo riflesso. Così, quaggiù il riflesso distorto del parakiya-rasa si situa al livello più basso, più abominevole; e quando certe persone pretendono coi loro legami adulteri d'imitare la danza rasa di Krishna con le gopi non fanno altro che godere del riflesso distorto e odioso del parakiya-rasa spirituale e assoluto, sconosciuto in questo mondo. Nessuno deve imitare il parakia-rasa delle gopi con Krishna, avverte lo Srimad-Bhagavatam, nemmeno in sogno o con l'immaginazione, altrimenti si berrà il più mortale dei veleni.

Quando Krishna, il beneficiario supremo, manifestò il desiderio godere della compagnia delle gopi in quella notte di luna piena della stagione di sarat, la luna, signora degli astri notturni, splendette nel cielo in tutto il suo fulgore. Questa notte di luna piena della stagione di sarat è la più bella dell'anno ed è ancora oggi celebrata per il suo fascino. Infatti, la notte della sarad-purnima attira molti visitatori al celebre Taj Mahal, immensa tomba che si erge in India, ad Agra, nell'Uttar Pradesh, dove la gente si reca per contemplare i meravigliosi riflessi della luna sul magnifico marmo di cui è costruito il Taj Mahal.

La luna che nasceva a oriente tinse ogni cosa di un riflesso rossastro. Sembrava che con l'atteso sorgere della luna nella stagione di sarat l'immenso cielo orientale fosse stato spruzzato di rosso kunkuma, come il volto della sposa è ornato di kunkuma dall'uomo che torna a casa dopo una lunga separazione dall'amata.

Il sorgere della luna non fece che accrescere ancor più in Krishna il desiderio di danzare con le gopi; e mentre le foreste traboccavano di fiori profumati e ovunque regnava un'atmosfera riposante e un aria di festa, Krishna soffiò nel Suo flauto. Allora le gopi, in tutta Vrindavana, si sentirono prese da un incantesimo. Quella luna piena, quell'orizzonte infuocato, quell'atmosfera fresca e riposante e un'aria di festa, Krishna soffiò nel Suo flauto. Allora le gopi, in tutta Vrindavana, si sentirono prese da un incantesimo. Quella luna piena, quell'orizzonte infuocato, quell'atmosfera fresca e riposante, quei fiori sbocciati, tutto rendeva il richiamo del flauto mille volte più irresistibile; e le gopi, già conquistate dalla bellezza di Krishna, all'udire quel suono diventarono sempre più desiderose di soddisfare i Suoi sensi.

Come si fecero sentire le prime note, le gopi abbandonarono tutti i loro doveri e si precipitarono verso Vamsivata, dove Si trovava Krishna, e correndo i loro orecchini tintinnavano. Alcune erano state sorprese dal suono del flauto mentre stavano mungendo le mucche, ma di colpo smisero; e una che aveva finito di mungere e aveva messo il latte sul fuoco, al suono del flauto corse verso Krishna, incurante del latte che si gonfiava e si spandeva. C'era chi allattava i figli o serviva il pasto alla famiglia, ma il suono del flauto abbandonarono subito ogni dovere e si precipitarono verso quei suoni melodiosi. Altre stavano mangiando o servendo i loro sposi, ma del tutto indifferenti per ciò che non riguardava Krishna, lasciarono subito la casa. Alcune, prima di andare da Krishna, avrebbero voluto abbellirsi il viso e vestirsi graziosamente, ma l'impazienza glielo impedì. Truccate di fretta, qualcuna perfino col sari a rovescio, presero correndo il cammino verso Krishna.

Stupiti di fronte a tanta fretta, gli sposi, i fratelli e i padri vollero sapere dove andassero; ma le gopi, che erano ciascuna sotto la protezione del marito, del fratello maggiore o del padre, non si fermarono quando essi proibirono loro di andare da Krishna. Colui che subisce il fascino di Krishna e diventa completamente assorto nella coscienza di Krishna non si preoccupa più de propri doveri materiali, anche se di estrema urgenza. La coscienza di Krishna è così potente che ci libera da ogni obbligo materiale. Meraviglioso questo verso in cui Srila Rupa Gosvami riporta le parole di una gopi a un'altra: "Cara amica, se desideri godere della società materiale, e dell'amore in questo mondo, allora non guardare Govinda, quel ragazzo sorridente che Se ne sta sulle sponde della Yamuna suonando il flauto, con le labbra che risplendono sotto i raggi della luna piena." Srila Rupa Gosvami ci lascia capire come colui che è attratto dal meraviglioso viso sorridente di Krishna perde subito ogni attrazione per i piaceri materiali. E la prova del nostro progresso nella coscienza di Krishna è la perdita d ogni interesse per gli atti materiali e per il nostro piacere.

Alcune gopi, nell'impossibilità di correre da Krishna perché trattenute a forza dai loro sposi e relegate nelle loro camere, chiusero gli occhi e cominciarono a meditare sulla Sua forma sublime, che era già nella loro mente, dimostrando così di essere le più grandi yogi. Infatti, colui che pensa costantemente a Krishna nel suo cuore, con fede e amore, è considerato il più elevato degli yogi, spiega la Bhagavad-gita. L'adepto del vero yoga concentra la mente sulla forma di Sri Visnu. E Sri Krishna è la forma originale di tutti i Visnu-tattva. Nell'incapacità di correre personalmente verso Krishna, le gopi, yogi perfette, meditarono sulla Sua Persona.

Allo stato condizionato, gli esseri gustano i frutti dei loro atti interessati in due modi: con la sofferenza -coloro che commettono continuamente atti peccaminosi- e con la soddisfazione materiale -coloro che s'impegnano in atti virtuosi. Ma peccatore o virtuoso, l'essere che agisce a livello materiale resta condizionato dalla natura materiale.

Le gopi, compagne di Krishna, che Lo seguono nelle Sue apparizioni, appartengono a diversi gruppi, ma per la maggior parte sono Sue compagne eterne. Come insegna la Brahma-samhita: ananda-cinmaya-rasa-pratibhavitabhih, nel mondo spirituale gli esseri che circondano Krishna, le gopi in particolare, che emanano da Srimati Radharani, sono manifestazioni della potenza di piacere del Signore. Ma quando Krishna rivela i Suoi divertimenti sublimi in qualche universo materiale, non sono soltanto i Suoi compagni eterni ad accompagnarLo, ma anche coloro che sono stati liberati dall'esistenza materiale ed elevati a questo stadio. Le gopi che partecipano ai divertimenti di Krishna sulla Terra appartenevano a quest'ultimo gruppo. Se prima avevano conosciuto la schiavitù degli atti interessati, ora, grazie alla meditazione costante su Krishna, erano totalmente libere dal loro karma. Il grande dolore che provarono per non poter raggiungere Krishna le liberò dalle conseguenze di tutti i loro atti peccaminosi, e l'estasi d'amore assoluto per Krishna che sentirono in Sua assenza superò di gran lunga le gioie risultanti dagli atti materiali che avevano compiuto nel passato. L'anima condizionata, con i suoi atti virtuosi e peccaminosi, diventa soggetta alla morte e alla rinascita; ma le gopi che meditarono su Krishna trascesero nascita e morte, furono purificate ed elevate al piano di quelle gopi manifestate dalla potenza di piacere del Signore. Tutte le gopi che concentrarono la loro mente su Krishna in un sentimento amoroso si liberarono completamente dalla contaminazione dei loro atti interessati e alcune lasciarono subito il corpo materiale, acquisito sotto l'influsso dei tre guna.

Maharaja Pariksit ascoltava con rapita attenzione le spiegazioni di Sukadeva Gosvami sulla condizione delle gopi che erano con Krishna nella danza rasa, ma quando sentì che alcune furono liberate da ogni contaminazione materiale, dalla nascita e dalla morte, semplicemente per essersi concentrate su Krishna come loro amante, domandò: "Come fu possibile e per le gopi, che ignoravano la vera identità di Krishna, la Persona Suprema, e Lo vedevano soltanto come il loro bel fidanzato, essere liberate dalla contaminazione materiale semplicemente pensando a Lui come amante?" Ricordiamo che Krishna e gli esseri viventi che sono frammenti infinitesimali di Krishna, partecipano della stessa natura; sono entrambi brahman, ma Krishna è il Brahman Supremo, il Param Brahman. In altre parole, Maharaja Pariksit si chiedeva perché il bhakta può essere purificato dalla contaminazione materiale semplicemente pensando a Krishna, mentre gli altri non otterranno lo stesso risultato pensando a una persona qualsiasi. Se si pensa interamente al marito o al figlio, o a un qualsiasi altro essere, essendo tutti brahman, perché non si è liberati dalla contaminazione della natura materiale? Domanda pertinente, poiché all'ateo piace sempre imitare Krishna. Ai giorni nostri, nel kali-yuga, quanti imbroglioni si credono grandi come Krishna e ingannano la gente facendole credere che meditare su Sri Krishna! Pariksit Maharaja, preoccupato per la condizione dei discepoli ciechi di questi imitatori demoniaci, formulò questa domanda, che lo Srimad-Bhagavatam riporta per il bene di tutti, per mettere in guardia la gente innocente, perché non creda che pensare a un essere qualsiasi e pensare a Krishna sia la stessa cosa. In realtà, neppure l'atto di pensare ai deva è paragonabile a quello di pensare a Krishna. Il Vaisnava Tantra ci avverte che chiunque ponga Visnu, Narayana, o Krishna, allo stesso livello dei deva merita l'appellativo di pasandi, "offensore".

Sukadeva Gosvami fece notare a Maharaja Pariksit che la sua domanda aveva già trovato risposta prima ancora del racconto della danza rasa, e vedendo che il re chiedeva una spiegazione sullo stesso argomento, molto intelligentemente gli rispose: "Perché porre domande su un tema che è già stato spiegato? Come mai questa dimenticanza?" Questo conferma che il maestro spirituale occupa sempre una posizione di superiorità rispetto al discepolo e ha quindi il diritto di rimproverarlo. Sukadeva Gosvami sapeva che Maharaja Pariksit non aveva rivolto questa domanda per beneficio personale, ma per mettere in guardia le anime innocenti delle generazioni future, che potrebbero essere indotte a credere che gli esseri comuni sono uguali a Krishna.

Sukadeva Gosvami ricordò allora a Pariksit Maharaja la liberazione di Sisupala, il quale non aveva mai smesso d'invidiare Krishna e che per questa sua invidia fu da Lui ucciso. Ma poiché Krishna è Dio, la Persona Suprema, Sisupala ottenne la liberazione soltanto per averLo visto. E se un invidioso può ottenere la liberazione semplicemente fissando la mente su Krishna, che dire delle gopi, così care a Lui e sempre amorevolmente assorte in Lui? Ci deve pur essere qualche differenza tra amico e nemico. Se i nemici di Krishna sono stati liberati dalla contaminazione materiale e sono diventati Uno con l'Essere Supremo, non c'è dubbio che le gopi, infinitamente care a Krishna, siano perfettamente liberate e godano della Sua compagnia eterna.

Più volte la Bhagavad-gita si riferisce a Krishna chiamandolo Hrisikesa e Sukadeva Gosvami lo ricorda: Krishna è Hrisikesa, l'Anima Suprema, mentre l'uomo comune è un'anima individuale condizionata, avvolta in un corpo materiale. Poiché Krishna è Hrisikesa, nulla distingue il Suo corpo dalla Sua Persona e chi vede qualche differenza non è che uno sciocco. Krishna è Hrisikesa e Adhoksaja, due nomi che furono usati da Pariksit Maharaja: Hrisikesa significa l'Anima Suprema e Adhoksaja indica Dio, la Persona, situato al di là della natura materiale. Con la Sua grazia incondizionata Krishna appare in questo mondo così com'é, per mostrare il Suo favore agli esseri condizionati. Purtroppo gli sciocchi cadono nell'errore di considerarLo un uomo come gli altri, e si aprono così la strada verso l'inferno. Ancora una volta Sukadeva Gosvami conferma che Krishna è Dio, la Persona Suprema, imperitura, immensurabile e libera da ogni contaminazione materiale.

Sukadeva Gosvami continuò a spiegare a Maharaja Pariksit che Krishna non è una persona comune ma è Dio, la Persona Suprema, che gode di tutte le qualità spirituali. Egli discende in questo mondo grazie alla Sua misericordia incondizionata e Si presenta sempre così com'è, senza alcuna differenza da Sé stesso. Lo conferma anche la Bhagavad-gita, in cui il Signore afferma di manifestarSi in questo mondo attraverso la Sua potenza spirituale, e non sotto l'influsso dell'energia materiale, che rimane sempre sotto il Suo dominio. Quest'energia agisce sotto l'ordine di Krishna, spiega la Bhagavad-gita, e la Brahma-samhita precisa che l'energia materiale, Durga, agisce come un'ombra, che segue i movimenti dell'oggetto che la proietta. Non è difficile concludere che legandosi in qualche modo a Krishna o sentendo il fascino della Sua Persona, grazie alla Sua bellezza, ricchezza, potenza, fama, saggezza o rinuncia, o anche attraverso la cupidigia, la collera o la paura, oppure l'affetto o l'amicizia, si diventerà sicuramente liberi da ogni contaminazione materiale.

Nel diciottesimo capitolo della Bhagavad-gita, il Signore dichiara inoltre che la persona che dedica la propria esistenza alla diffusione della coscienza di Krishna Gli è molto cara. Non sono poche, infatti, le difficoltà che un predicatore della coscienza di Krishna deve affrontare nel corso della sua missione. Il suo corpo potrà subire delle ingiurie ed egli potrà anche incontrare la morte nello svolgimento della sua opera; tutte austerità, queste, compiute per amore di Krishna e che lo rendono infinitamente caro a Lui. Se perfino i nemici di Krishna possono aspettarsi la liberazione se fissano la mente sulla Sua Persona, che dire di coloro che Gli sono cari? Certamente la liberazione delle persone che in questo mondo s'impegnano nella propagazione della coscienza di Krishna è assicurata in ogni circostanza, e senza che se ne preoccupino, perché chiunque sia impegnato nella coscienza di Krishna, nel servizio di devozione, è già liberto. Così, le parole di Sukadeva Gosvami convinsero il re Pariksit che l'essere attratto da Krishna ottiene la liberazione dalla schiavitù della materia perché Krishna è il maestro assoluto di tutti i poteri sovrannaturali.

Quando Krishna vide tutte le gopi riunite intorno a Lui, prese la parola per rivolgere loro espressioni di benvenuto; poi, con un discorso sottile cominciò a scoraggiarle. Krishna, l'oratore supremo - fu Lui che enunciò la Bhagavad-gita-, eccelle nei soggetti più elevati, nei campi più svariati: filosofia, politica, economia, e tanti altri ancora. Con tuta la Sua arte Si rivolse dunque alle gopi, che Gli erano così care, col proposito d'incantarle con giochi di parole: "O Signore di Vrindavana, voi siete infinitamente fortunate e Mi siete tutte molto care. Che felicità per Me vedervi qui! Spero che a Vrindavana tutto vada bene. Ma adesso, diteMi, che cosa posso fare per voi? Perché siete venute qui nel cuore della notte? Sedetevi accanto a Me e diteMi come posso servirvi."

Corse da Krishna per godere della Sua compagnia, per danzare con Lui, per abbracciarLo e baciarLo, le gopi rimasero stupefatte nel sentirsi ricevere con un tono così ufficiale, con tanto protocollo! Krishna le trattava proprio come delle signore dell'alta società! Allora si scambiarono sorrisi d'intesa e si misero ad ascoltare ancora più avidamente le parole di Krishna che, di fronte ai loro sorrisi, riprese: "Amiche Mie, siamo nel cuore della notte e la foresta si fa pericolosa a quest'ora: tutte le bestie feroci della giungla, tigri, orsi, sciacalli e lupi stanno vagando in cerca di prede. E' pericoloso per voi! Nessun luogo è sicuro a quest'ora; ovunque potreste incontrare tutte queste bestie in cerca della loro vittima. Credo che abbiate arrischiato un po' troppo venendo in questi luoghi di notte fonda. Prendete subito il cammino di ritorno, e senza attardarvi." Poi, visto che continuavano a sorridere, soggiunse: "Apprezzo molto la vostra bellezza. Com'é sottile e graziosa la vostra vita!" Le gopi, infatti, risplendevano tutte di una bellezza squisita, e lo Srimad-Bhagavatam le descrive col termine sumadhyama, cioè dalla vita sottile, attributo che conferisce a una donna la vera bellezza.

Krishna voleva convincere le gopi che erano troppo giovani per prendersi cura di sé stesse e che avevano bisogno di essere protette; non era stato dunque molto prudente raggiugnerLo nel cuore della notte: Krishna sottolineò inoltre che Lui era giovane e loro anche: "Non Mi sembra molto opportuno che delle ragazze rimangano in compagnia di un ragazzo nel cuore della notte." Ma vedendo che a quelle parole i loro volti si velavano di tristezza, riprese con un altro tono: "Mie care amiche, avete lasciato le vostre case senza alcun permesso, e ora le vostre madri, padri, fratelli maggiori e anche i vostri figli e soprattutto i vostri mariti, preoccupati per la vostra assenza, vi staranno cercando affannosamente dappertutto. Non attardatevi dunque in questi luoghi. Rientrate a casa e restituite loro la pace e la tranquillità."

Turbate e un po' rattristate per i gratuiti consigli di Krishna, le gopi si abbandonarono a contemplare le bellezze della foresta: lo splendore della luna la illuminava tutta, e nel gran silenzio una dolce brezza scivolava sui fiori sbocciati muovendo appena le foglie degli alberi. Krishna approfittò del momento in cui le gopi erano immerse in quella contemplazione per suggerire: "Sicuramente siete uscite ad ammirare la bellezza della foresta di Vrindavana in questa notte meravigliosa, ma ora che il vostro desiderio è soddisfatto, tornate a casa senza più esitare. So che siete tutte donne molto caste; vi prego, ora che vi siete immerse nell'incantevole atmosfera della foresta di Vrindavana, tornate alle vostre dimore e continuate a servire fedelmente i vostri sposi. Siete tutte molto giovani, ma qualcuna ha sicuramente dei figli che ha trascurato per venire qui, e ora staranno piangendo, perciò, vi prego, tornate da loro e nutriteli col latte del vostro seno. So che avete per Me un vivo affetto, e quest'affetto intensificato dal suono del Mio flauto, vi ha spinte a venire qui. Io sono Dio, la Persona Suprema, ed giusto che voi nutriate amore e affetto per Me. Tutti gli esseri sono frammenti della Mia Persona; l'affetto che sentono per Me è naturale e Io lo accolgo con grande gioia. Per questo siete degne della mia lode. Ma ora tornate alle vostre case perché devo dirvi che per una donna casta servire lo sposo senza ipocrisia è il miglior principio religioso. Non solo una donna dev'essere casta e fedele al marito, ma anche affettuosa verso gli amici e i giovani fratelli dello sposo e obbediente verso il padre e la madre; e soprattutto deve prendersi cura dei figli."

Così Krishna spiegò il dovere della donna, indicando l'importanza del servizio al marito: "Se desidera essere elevata ai sistemi planetari superiori dopo aver lasciato questo corpo, una donna non deve mai separarsi dallo sposo, qualunque sia la sua condizione, il suo carattere, la sua posizione economica, o anche se è vecchio, invalido o colpito da malattie croniche. Una donna infedele, che cerca un altro uomo, è un fatto abominevole nella società. Il suo atteggiamento le impedirà di essere elevata ai pianeti celesti e la costringerà a subire conseguenze degradanti. La donna sposata che cerca un amante va contro i princìpi vedici. Ma voi credete che l'attaccamento per Me sia più forte, forse desiderate ardentemente la Mia compagnia; se è così, non vi consiglio di cercare di godere direttamente della mia compagnia. E' meglio che torniate a casa vostra, dove potrete discorrere di Me e fissare in Me i vostri pensieri; così, ricordandoMi costantemente e cantando i Miei nomi, sarete certamente elevate al piano spirituale. Non è necessario che rimaniate vicino a Me; vi prego, tornate a casa."

Non c'è nulla d'ironico nei consigli e nelle istruzioni del Signore alle gopi, e ogni donna onesta dovrebbe prenderli sul serio. Il Signore Supremo mise in rilievo l'importanza della castità, principio che ogni donna seria e desiderosa di essere elevata a un piano superiore d'esistenza deve rispettare. Krishna è il centro dell'affetto per tutti gli esseri, e colui che sviluppa affetto per Krishna trascende tutte le regole vediche. E' questo il caso delle gopi, che vedono Krishna direttamente, ma non vale per le donne ancora condizionate dalla materia. Purtroppo non è raro che qualche impostore voglia imitare Krishna nel Suo comportamento con le gopì e pretenda di usurpare la posizione di Krishna avvalendosi della teoria monistica; quindi, col pretesto di compiere come Lui la rasa-lila, seduce donne innocenti, deviandole in nome della realizzazione spirituale. Per metterci in guardia contro questi delinquenti, Sri Krishna ci lascia intendere, in questo preludio alla rasa-lila, che le gopi hanno dei privilegi esclusivi rispetto alle donne comuni. Una donna può certamente elevarsi nella coscienza di Krishna, ma deve stare attenta a non lasciarsi ingannare da qualche impostore che pretende d'essere Krishna. Deve convergere piuttosto le sue attività devozionali intorno al canto e alla meditazione su Krishna, come Egli stesso consigliò alle gopi, e deve evitare di seguire i cosiddetti sahajiya, gli pseudo-bhakta che prendono tutto alla leggera.

Talmente disarmanti erano state le parole di Krishna che le gopi videro il loro desiderio di godere della danza rasa in compagnia di Krishna definitivamente frustrato. Allora un senso di tristezza e di angoscia le invase, e in quella profonda malinconia il loro respiro si fece affannoso. Non guardavano più Krishna, ma a testa bassa fissavano il suolo, dove con la punta dei piedi si misero a disegnare delle linee curve. Le grosse lacrime che rigavano le loro guance, sciogliendo il trucco e mischiandosi alla kunkuma dei loro petti, cadevano a terra, mentre loro, incapaci di rivolgere una sola parola a Krishna, rimanevano là, in silenzio, in un silenzio che esprimeva la profonda ferita dei loro cuori.

Le gopi non sono donne comuni. In un certo senso si trovano su un piano di eguaglianza con Krishna, di cui sono le compagne eterne. Come conferma la Brahma-samhita, le gopi sono tutte emanazioni della potenza di felicità di Krishna, e come tali non sono differenti dal Signore. Pur sentendosi ferite dalle parole di Krishna, le gopi non vollero risponderGli aspramente perché Lui rimaneva per loro l'essere più caro al mondo, la loro anima, la loro vita stessa. Tutte anime interamente sottomesse e devote a Lui, le gopi non avevano che Krishna nel cuore, perciò quando sentirono da Lui parole così ingiuste cercarono di rispondere, e invece scoppiarono in un pianto dirotto, finché tra le lacrime riuscirono ad articolare qualche parola: "O Krishna, come sei crudele! Ti sembra giusto parlare così delle anime completamente sottomesse a Te? Per favore, accattaci e non ferirci più con parole così spietate! Naturalmente Tu sei Dio, la Persona Suprema, e puoi agire come vuoi, ma non è degno di Te trattarci così crudelmente. Siamo venute da Te lasciando ogni cosa dietro di noi, soltanto per prendere rifugio ai Tuoi piedi di loto. Sappiamo che non c'é nulla che Ti leghi e Tu puoi agire come desideri, ma T'imploriamo, non lasciarci. Dovresti accettarci vicino a Te, noi che siamo Tue devote, come Narayana accoglie i Suoi devoti. Molti devoti di Narayana Lo adorano per ottenere la liberazione ed Egli la concede a tutti. Perché rifiutare noi, allora, che non abbiamo altro rifugio che i Tuoi piedi di loto?

"Caro Krishna, le gopi continuarono, Tu sei certamente il precettore supremo e i Tuoi insegnamenti alle donne -essere fedeli allo sposo, mostrare compassione ai figli, prendersi cura della casa e obbedire agli anziani della famiglia- sono conformi ai princìpi degli sastra, e quindi giusti. Ma noi sappiamo che metterci sotto la protezione dei Tuoi piedi di loto è come osservare perfettamente tutti i princìpi degli sastra. I nostri sposi, amici, parenti e figli ci sono cari r amiamo la loro compagnia, ma solo perché Tu sei presente, Tu che vivi in tutti gli esseri come Anima Suprema. Senza di Te nessuno ha valore. Appena Tu lo abbandoni, il corpo perisce, e secondo le regole degli sastra deve subito essere gettato in un fiume o ridotto in cenere. Tu sei dunque la Persona più cara al mondo. Se poniamo in Te la nostra fede e il nostro amore, dov'è il rischio di perdere lo sposo, gli amici, i figli o le figlie? Infatti, se una donna Ti accetta come lo sposo sovrano, non rimarrà mai vedova come accade invece per le donne che mantengono un'idea materiale dell'esistenza. Se diventi nostro sposo non ci sarà mai separazione, divorzio o vedovanza. Tu sei lo sposo eterno, il figlio eterno, l'amico eterno e il maestro eterno: reciprocare un rasa con Te significa vivere eternamente nella felicità. Poiché Tu sei Colui che dà agli esseri tutti i princìpi religiosi, i Tuoi piedi di loto devono rappresentare il primo oggetto di adorazione. Gli sastra lo confermano: acarya-upasana, l'adorazione dei Tuoi piedi di loto è il primo principio della spiritualità. Inoltre, come insegna la Bhagavad-gita, Tu sei l'unico beneficiario, l'unico proprietario di tutto ciò che esiste e l'unico amico. Così, siamo venute da Te abbandonando ogni altra amicizia, ogni altra compagnia, ogni altro amore, del resto ingannevoli; ora soltanto Tu godrai della nostra compagnia. Lasciaci essere per sempre l'oggetto del Tuo piacere. Sii il nostro maestro, fa che Ti apparteniamo, e sii anche il nostro amico supremo perché questa è la Tua posizione naturale. Lascia che Ti abbracciamo come l'amante supremo."

Le gopi dissero ancora a Krishna, il Signore dagli occhi di loto: "Ti preghiamo, non scoraggiare il nostro desiderio, da così lungo tempo nutrito, di averTi come sposo. Ogni uomo intelligente, preoccupato del proprio interesse, dirigerà soltanto su di Te la sua tendenza ad amare. Solo chi è sviato dall'energia esterna e desidera la soddisfazione attraverso concetti artificiali cercherà di trovare piacere fuori di Te. In questo mondo, i cosiddetti sposi, amici, figli, figlie, padri e madri non sono che fonti di sofferenza, e nessuno può conoscere la felicità grazie a loro. Il padre e la madre dovrebbero proteggere i figli, ma quanti bambini soffrono per mancanza di cibo o di rifugio? Numerosi sono i medici esperti, ma quando un paziente muore chi può riportarlo in vita? Ci sono tanti sistemi di protezione, ma quando un essere è condannato niente può aiutarlo; e senza la Tua protezione, tutti questi sistemi diventano fonti di perpetua sofferenza. Perciò ci rivolgiamo a Te, Signore dei signori, non uccidere questo desiderio, da tanto tempo nutrito nel nostro cuore, di averTi come supremo sposo.

"Caro Krishna, come donne, il nostro cuore è soddisfatto quando siamo impegnate nei doveri familiari, ma questi cuori Tu li hai già rapiti: come potremo ormai impegnarli altrove? Più volte ci hai invitate a tornare a casa, saggio consiglio, questo; ma, pietrificate dallo stupore e con le gambe paralizzate, siamo incapaci di allontanarci anche solo di un passo dai Tuoi piedi di loto. Ma anche se obbediamo alla Tua richiesta e torniamo a casa nostra, che cosa potremo fare la? Lontano da Te, saremo incapaci di compiere anche il minimo atto. Invece di dare il nostro cuore ai doveri familiari come ogni donna, è nata in noi una cupidigia nuova che brucia senza sosta nei nostri cuori. T'imploriamo, caro Krishna, spegni questo fuoco col Tuo meraviglioso sorriso e con la sublime vibrazione che emana dalle Tue labbra. Se ci neghi questo favore arderemo inesorabilmente nel fuoco della separazione. Non faremo altro che pensare a Te, al Tuo aspetto meraviglioso, e in quello istante lasceremo il corpo, sicure che nella nostra vita futura potremo rimanere accanto ai tuoi piedi di loto. Caro Krishna, Tu puoi anche sostenere che se torniamo a casa i nostri sposi sapranno soddisfare la fiamma avida dei nostri desideri, ma noi sappiamo bene che è cosa impossibile ormai. Tu ci hai dato l'occasione di diventare, in questa foresta, l'oggetto del Tuo piacere; e già una volta, in passato, hai toccato il nostro petto, gesto che noi abbiamo considerato come una benedizione, come fecero le dee della fortuna, che Ti allietano con la loro compagnia nei Vaikunthaloka. Così da quando abbiamo gustato questa gioia sublime, i nostri desideri non possono più essere soddisfatti da nessuno oltre a Te. O Krishna, sebbene i piedi di loto della dea della fortuna siano adorati dai deva, ella rimane sempre sul Tuo petto. Ma per poter prendere rifugio ai Tuoi piedi di loto, sempre coperti di foglie di tulasi, ella si sottopose alle più grandi austerità; così la dea della fortuna lascia il Tuo petto per scendere ad adorare i Tuoi piedi, che costituiscono il rifugio dei Tuoi servitori. Ora noi ci siamo messe sotto la polvere di quei piedi e Ti supplichiamo, non mandarci via perché siamo anime sottomesse a Te.

"Caro Krishna, Tu sei chiamato Hari perché porti via le sofferenze di tutti gli esseri, e in particolare di coloro che hanno spezzato gli attaccamenti verso la casa e la famiglia per abbandonarsi completamente a Te. Noi abbiamo lasciato le nostre dimore nella speranza di dedicare tutta la nostra esistenza al Tuo servizio, così ora chiediamo umilmente di essere impegnate come Tue servitrici. Non pretendiamo di essere accettate come spose, prendici soltanto come Tue servitrici. Tu sei Dio, la Persona Suprema, e poiché Ti piace godere del parakiya-rasa e sei famoso come sublime cacciatore di donne, noi siamo venute per soddisfare i Tuoi desideri spirituali e assoluti. Ma è anche la nostra soddisfazione che cerchiamo, perché è bastato uno sguardo posato sul tuo volto sorridente per riempirci di cupidigia. Siamo venute da Te con gli ornamenti e i vestiti più belli, ma senza il Tuo abbraccio, i nostri abiti e l nostra bellezza rimarranno incompleti. O Persona Suprema, Tu che sei il purusa-bhusana, l'ornamento maschile, completa la nostra ricerca di eleganza; allora tutti i nostri desideri, tutti i nostri disegni di bellezza saranno completati.

"Caro Krishna, il Tuo tilaka, i Tuoi orecchini e, tra i capelli sciolti il Tuo bel volto con quel meraviglioso sorriso ci hanno conquistato. E come ci attraggono le Tue braccia, che infondono sicurezza alle anime sottomesse! Ci affascina anche il Tuo petto, sempre stretto nell'abbraccio della dea della fortuna; ma non c'è in noi il desiderio di prendere il suo posto, perché saremo felici se potremo rimanere le Tue servitrici. Ci accuserai forse di prostituzione? Ma dov'è in tutti e tre mondi quella donna che non è conquistata dalla Tua bellezza e dai canti ritmati del Tuo flauto sublime? Visti in relazione a Te, non esiste distinzione tra uomo e donna nei tre mondi, perché tutti appartengono alla Tua potenza marginale, o prakriti. Tu solo sei il Purusa, il beneficiario, il maschio; tutti gli altri sono l'oggetto del Tuo piacere. Così sublime è la Tua bellezza che non solo incanta gli uomini e le donne, ma anche le mucche, gli uccelli, le bestie e persino gli alberi, i frutti e i fiori -ogni essere e ogni cosa-; e che dire di noi? Nessuna donna, nei tre mondi, dopo aver subito il fascino della Tua Persona, potrebbe rimanere fedele al suo voto di castità. Come Sri Visnu, che protegge sempre i deva dagli attacchi degli asura, così non c'è dubbio che Tu sei apparso a Vrindavana per proteggere da ogni sofferenza tutti gli abitanti di questo villaggio. O amico degli infelici, abbi la bontà di posare la Tua mano sui nostri petti brucianti e sulle nostre teste, perché come Tue servitrici eterne, noi abbiamo abbandonato a Te ogni cosa. E se pensi che le Tue palme di loto possano ridursi in cenere a contatto coi nostri petti ardenti, rassicuraTi, perché proveranno piacere invece che dolore, come il fiore di loto, dolce e delicato, prova piacere nell'ardore del sole."

Dopo aver ascoltato le loro trepidanti parole, Dio, la Persona Suprema, sorrise, e nella Sua grande compassione per le gopi, Lui, che trova in Sé l'appagamento dei Suoi desideri, le abbracciò e le baciò come loro desideravano. E quando, sorridendo, posò il Suo sguardo su di loro, i volti delle gopi risplendettero di una bellezza cento volte più intensa, mentre Lui, felice di trovarSi in mezzo a loro, sembrava la luna piena attorniata da milioni di stelle scintillanti. Così la Persona Suprema, circondata da centinaia di gopi e ornata di una ghirlanda variopinta, passeggiò nella foresta di Vrindavana, cantando ora da solo ora insieme con le gopi. Giunsero infine sulle sponde sabbiose e fresche della Yamuna, ricche di gigli e fiori di loto; e là, in quell'atmosfera sublime, tutta spirituale, Krishna e le gopi provarono la gioia di essere insieme. Costeggiando il fiume, di tanto in tanto Krishna circondava con le braccia ora il capo ora il petto o la vita di una gopi, e pizzicandosi, ridendo, scambiando parole scherzose, contemplandosi l'Un l'altra, Krishna e le gopi provarono un grande piacere. Quando Krishna toccava il loro corpo, le gopi sentivano crescere il desiderio di abbracciarLo. Quanto grande fu la gioia di quei divertimenti! Fu così che le gopi ricevettero la completa misericordia del Signore Supremo e godettero della Sua compagnia senza che il loro godimento fosse oscurato dalla minima ombra di vita sessuale materiale.

Ben presto le gopi cominciarono a sentirsi sempre più orgogliose: favorite dalla compagnia di Krishna, si consideravano le donne più fortunate dell'universo. Ma Sri Krishna, detto anche Kesava, Si accorse subito del loro orgoglio, nato dalla fortuna di godere della Sua personale compagnia, e nel desiderio di benedirle ancora di più con la Sua misericordia incondizionata e di distruggere il loro orgoglio, improvvisamente scomparve dalla scena, manifestando la perfezione della Sua rinuncia. Dio, la Persona Suprema, possiede sempre sei perfezioni nella loro totalità, e tra queste la rinuncia. Questa rinuncia di Krishna alla compagnia delle gopi è una conferma che non esiste alcun attaccamento in Lui. Essendo sempre sufficiente in Sé stesso, Egli mantiene una perfetta indipendenza. Questo è il piano su cui si svolgono i sublimi divertimenti del Signore.

 

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul ventinovesimo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "Introduzione alla danza rasa".

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