Il Libro di Krishna

 

CAPITOLO 46

 

Uddhava porta il messaggio di Krishna alle gopi

 

 

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Come videro Uddhava, le gopi notarono subito la sua straordinaria somiglianza con Krishna, e capirono così che si trattava di un grande bhakta. Con i suoi abiti gialli, con la ghirlanda di fiori di loto intorno al collo e le lunghe braccia e le mani come petali di loto che s'armonizzavano con la bellezza radiosa del suo volto, Uddhava sembrava proprio Krishna. Egli aveva ottenuto la liberazione sarupya, che conferisce la stessa fisionomia del Signore. Sapendo che da quando Krishna era partito, madre Yasoda e Nanda Maharaja erano sempre immersi in una profonda tristezza, le gopi come loro primo dovere andavano ogni mattina di buon'ora a trovarli e a offrire un omaggio rispettoso ai loro anziani, le personalità più elevate di Vrindavana. Vedendo le amiche di Krishna, Nanda e Yasoda si ricordavano di Lui e ritrovavano la felicità; e anche per le gopi questo era un momento di gioia.

Quando le gopi videro che Uddhava rappresentava Krishna perfino nell'aspetto fisico, pensarono che doveva essere un'anima totalmente abbandonata al Signore Supremo e rimasero là a contemplarlo: "Chi sarà questo ragazzo che assomiglia tanto a Krishna? Ha gli stessi occhi di loto, lo stesso naso leggermente all'insù, lo stesso viso meraviglioso, lo stesso sorriso. A dire il vero, si direbbe proprio Krishna, Syamasundara, il bel ragazzo dalla carnagione scura. Ed è anche vestito come Lui. Da dove verrà? Chi sarà quella ragazza che ha la fortuna di averlo come sposo?" Così parlavano di Uddhava e, impazienti di saperne di più, ragazze di villaggio semplici com'erano, gli si fecero tutte attorno.

Che felicità quando seppero che Uddhava portava un messaggio di Krishna! Lo invitarono subito a sedersi in un luogo appartato, dove potessero parlargli liberamente, senza sentirsi imbarazzate per la presenza di estranei. Ma dapprima la loro accoglienza fu tutta sottomissione e rispetto: "Sappiamo che tu sei un compagno intimo di Krishna, e Lui ti ha mandato a Vrindavana per consolare Suo padre e Sua madre. Sappiamo quant'é forte l'affetto familiare. Perfino grandi saggi votati alla rinuncia sono incapaci di troncare del tutto i legami con la famiglia. Così Krishna ti ha mandato da Suo padre e da Sua madre; altrimenti, se non fosse per loro, Vrindavana non esisterebbe più per Lui. Ora che abita in città, che bisogno ha di sapere quello che succede al villaggio e nei pascoli di Vrindavana? Queste cose nons sono più importanti per Lui, ora che è un uomo di città.

"Certamente non ha più niente a che fare con persone che non sono della Sua famiglia. Perché dovrebbe preoccuparSi di estranei, soprattutto se si tratta delle spose di altri? Krishna poteva essere interessato a loro finché cercava il piacere, come fanno i calabroni con i fiori finché vogliono succhiarne il nettare. Una prostituta abbandona l'amante quando è squattrinato. I cittadini lasciano il loro Paese quando il governo non è più in grado di assicurare loro piena protezione. Lo studente, terminati gli studi, tronca ogni legame con l'insegnante e la scuola. Colui che venera un uomo ricco per sottrargli qualche favore gli volta le spalle appena ottenuto quello che vuole. Passata la stagione dei frutti, gli uccelli non sono più attratti dagli alberi da frutta. Quando, alla tavola del ricco, l'invitato ha finito il pasto dice addio al suo ospite. Dopo un incendio, quando manca l'erba, i cervi e gli altri animali lasciano la foresta. Così l'uomo che ha goduto dell'amica poi l'abbandona." Con tutti questi esempi, indirettamente le gopi accusavano Krishna.

Uddhava osservava le gopi di Vrindavana: erano così assorte nel ricordo di Krishna e dei Suoi divertimenti d'infanzia che parlando di Lui avevano completamente dimenticato i loro doveri domestici; e come il loro interesse si fece più vivo si dimenticarono anche di sé stesse. Una di loro, Srimati Radhariani, era così assorta nel pensiero di Krishna per il contatto diretto che aveva avuto con Lui, che si mise a parlare a un calabrone che ronzava lì intorno e cercava di toccare i suoi piedi di loto. Mentre un'altra gopi parlava con Uddhava, il messaggero di Krishna, Srimati Radharani si rivolse al calabrone come se fosse anche lui un messaggero di Krishna: "Tu, calabrone, succhi il nettare dei fiori, per questo hai scelto di essere il messaggero di Krishna, che ha la tua stessa indole. Ho visto sui tuoi baffi la polvere rossa di kunkuma che ha imporporato la ghirlanda di Krishna mentre stringeva a Sé il seno di qualche mia rivale. E tu, fiero di aver toccato quei fiori che ti hanno tinto di rosso i baffi, sei venuto qui a portarmi un messaggio. Tu sei ansioso di toccare i miei piedi, ma ti avverto, calabrone-non mi toccare! Non voglio nessun messaggio da un maestro indegno di fiducia.

Tu sei il servitore sleale di un maestro sleale." Srimati Radharani si rivolgeva al calabrone, ma in realtà il suo sarcasmo sembrava diretto a Uddhava, il vero messaggero di Krishna. Indirettamente, Srimati Radharani vedeva in lui non solo una grande somiglianza con Krishna, ma addirittura lo vedeva uguale a Krishna, dunque era altrettanto indegno di fiducia. E volendo spiegare le ragioni specifiche della sua insoddisfazione nei confronti di Krishna, ella continuò, sempre rivolta al calabrone: "Tu e il tuo maestro Krishna avete la stessa indole. Tu ti posi su un fiore e ne succhi il nettare, poi voli subito su un altro fiore. Così fa il tuo maestro Krishna. Ci ha fatto gustare il tocco delle Sue labbra e poi Se n'é andato, senza tante formalità. So che Laksmi, la dea della fortuna, che abita nel cuore del fiore di loto, è sempre intenta a servire Krishna, ma non riesco a capire che cosa ci sia in Lui che l'attiri tanto. Come può, conoscendo la Sua vera natura, rimanerGli vicina? Noi però siamo più intelligenti! Mai più ci lasceremo ingannare da Krishna o dai Suoi messaggeri."

Secondo opinioni autorevoli, Laksmi, la dea della fortuna, è un'emanazioe secondaria di Srimati Radharani. Come da Krishna emanano innumerevoli Visnu-murti, così da Radharani, la Sua potenza di piacere, emanano innumerevoli dee della fortuna. Per questo Laksmi, la dea della fortuna, desidera sempre ardentemente essere elevata al livello delle gopi.

"Sciocco calabrone, continuò Srimati Radharani, tu vuoi farmi contenta e vuoi guadagnarti qualche ricompensa cantando le glorie di Krishna, ma è inutile. Ormai noi non abbiamo più niente. Viviamo fuori dalle nostre case e dalle nostre famiglie. Noi conosciamo benissimo Krishna, anche meglio di te; perciò qualunque cosa tu possa inventare su di Lui, saranno vecchie storie per noi. Ormai Krishna abita in città dove è conosciuto da tutti come l'amico di Arjuna. Molte amanti vanno da Lui e godono della Sua compagnia, e dopo che Krishna ha calmato il fuoco dei loro seni ardenti di desiderio, si sentono felici. Vai a glorificare Krishna davanti a loro, forse saranno liete di ricompensarti. Tu vuoi tranquillizzarmi con le tue lusinghe e per questo poni la testa sotto i miei piedi; ma io non conosco il trucco! So che tu sei il messaggero di un grande furbo. Vattene, dunque, ti prego.

"Si direbbe che tu sia un bravo negoziatore di pace, ma sappi che io non ripongo più alcuna fiducia in te, e tantomeno nel tuo padrone, Krishna. Per Lui soltanto abbiamo lasciato la famiglia, il marito, i figli e i parenti. E forse che Lui Si è sentito in dovere verso di noi? No, ci ha semplicemente abbandonate. Credi che possiamo ancora aver fiducia in Lui? Lo sappiamo bene che Krishna non può stare a lungo lontano dalla compagnia femminile. E' fatto così; e a Mathura avrà senz'altro delle difficoltà, perché non è più in un villaggio, in mezzo a delle gopi innocenti. Le aristocratiche signorine sono ben più difficili da avvicinare! Non sei forse venuto qui per sollecitarci ancora qualche favore o per condurci laggiù? Ma che cosa andiamo a fare noi in città? Krishna ha tutte le qualità per sedurre non solo le ragazze di Vrindavana o di Mathura, ma di tutto l'universo. Il Suo meraviglioso sorriso è così affascinante, e così attraente è il movimento delle Sue sopracciglia che può chiamare a Sé qualsiasi donna, dai pianeti celesti, intermedi o inferiori. Maha-Laksmi, la più grande tra le dee della fortuna, arde anche lei dal desiderio di offrirGli qualche servizio. Chi siamo noi in confronto a tutte queste donne?

"Krishna dice di essere magnanimo, e grandi santi lodano questa Sua qualità. Ma se vuole davvero mostrarSi magnanimo, che abbia un po' di compassione per noi, che siamo state prese in giro e trascurate da Lui. Tu, povero messaggero, non sei che un servitore un po' sciocco. Tu non lo conosci bene Krishna: tu non sai quanto sia stato ingrato e duro di cuore, non solo in questa vita ma anche in tutte quelle passate. Noi abbiamo sentito tutto questo da nostra nonna Paurnamasi. Abbiamo saputo così che Krishna era apparso un tempo in una famiglia ksatriya col nome di Ramacandra. In quella vita Si trovò ad affrontare Bali, che era ostile a un Suo amico, ma invece di ucciderlo da ksatriya, lo uccise alla maniera di un cacciatore che si nasconde in un luogo sicuro per ammazzare l'animale senza affrontarlo direttamente. Da vero ksatriya, Sri Ramacandra avrebbe dovuto combattere Bali in campo aperto, ma istigato dal Suo amico, Si nascose dietro un albero per tendergli un tranello mortale; e così deviò dai princìpi religiosi dello ksatriya.

Un'altra volta Ramacandra rimase affascinato dalla bellezza di Sita al punto da sfigurare Surpanakha, la sorella di Ravana, tagliandole il naso e gli orecchi. Ella Gli aveva fatto una proposta d'amore, e come ksatriya Lui avrebbe dovuto soddisfarla, invece il Suo egoismo era tale che, incapace di dimenticare Sita-Devi, trasformò Surpanakha in una donna orribile. Prima ancora di questa Sua vita come ksatriya, Krishna era apparso nella forma di un giovane brahmana di nome Vamanadeva, e aveva implorato la carità di Bali Maharaja. Questo sovrano fu così generoso che Gli offrì tutte le sue proprietà, e in cambio Krishna -Vamanadeva-, nella Sua ingratitudine, lo catturò come un corvo e lo gettò nel regno di Patala. Sì, noi la conosciamo bene l'ingratitudine di Krishna. Ma proprio qui sta la nostra sofferenza: nonostante la Sua crudeltà, il Suo cuore di pietra, non riusciamo a dimenticarLo. E non siamo le sole a non poter fare a meno di parlare di Lui, anche i grandi saggi e i santi discorrono senza fine di Lui. Noi, gopi di Vrindavana, vorremmo dimenticare questo ragazzo dalla carnagione scura, purtroppo, però, il Suo amore e i Suoi atti meravigliosi ci ossessionano."

Poiché Krishna è assoluto, i Suoi atti di apparente malvagità sono tanto piacevoli quanto i Suoi atti di bontà; i santi e i grandi bhakta come le gopi in nessuna circostanza riescono a separarsi da Lui. Sri Caitanya pregava: "Krishna, sei libero e indipendente in tutto. Puoi abbracciarmi o schiacciarmi sotto i Tuoi piedi, a Tuo piacere, o puoi spezzarmi il cuore sottraendoTi ai miei occhi per tutta la vita, ma rimarrai sempre il mio solo oggetto d'amore."

"Secondo me, proseguì Srimati Radharani, non bisognerebbe mai sentir parlare di Krishna, perché appena una goccia del nettare dei Suoi atti sublimi entra nell'orecchio, subito l'uomo trascende la dualità dell'attrazione e dell'avversione e, libero dall'interesse per le cose materiali, tronca ogni legame col mondo, con la famiglia, la casa, la sposa, i figli e con tutto ciò che ciascuno ama nella vita materiale. Privandosi così di ogni bene materiale, l'uomo è causa della propria infelicità e di quella dei suoi cari, e vaga poi alla ricerca di Krishna, nella forma umana o in qualche altra specie, anche in quella di uccello. Com'è difficile capire veramente Krishna, il Suo nome, i Suoi attributi, la Sua forma, i Suoi divertimenti e tutto ciò che Lo circonda!"

Rivolgendosi sempre al messaggero di Krishna, Srimati Radharani continuò: "Ti scongiuro, non parlare più di Krishna. Meglio cambiare argomento. Come quelle cerbiatte dal manto picchiettato di nero che restano incantate dalla dolce musica del cacciatore nella foresta, la nostra condanna è già segnata. Siamo state incantate dalle dolci parole di Krishna e pensiamo giorno e notte al fulgore delle unghie dei Suoi piedi. E intanto si fa più febbrile in noi il desiderio della Sua compagnia; ecco perché te lo chiedo, non parlare più di Krishna."

Queste parole di Radharani al calabrone messaggero, le accuse rivolte a Krishna e, insieme, l'incapacità di trattenersi dal parlare di Lui, sono sintomi di maha-bhava, la più alta estasi spirituale. Questa manifestazione estatica di maha-bhava si riscontra solo in Srimati Radharani e nelle sue compagne. Grandi acarya come Srila Rupa Gosvami e Visvanatha Cakravarti µhakura, analizzando le parole di Radharani, ne hanno tratto vari tipi di sentimenti, come udghurna, o smarrimento, e jalpapratijalpa, o diversità di toni. In Radharani si trovano anche i sintomi dell'ujjala, il gioiello più brillante dell'amore per Dio.

Mentre Radharani continuava a parlare, il calabrone, girando qua e là, tutt'a un tratto scomparve. Il dolore della separazione da Krishna non le impediva di provare l'estasi parlando al calabrone, ma quando questo scomparve, Radharani diventò quasi pazza all'idea che senz'altro sarebbe volato da Krishna per riferirGli tutti quei suoi discorsi contro di Lui: "Krishna sarà molto dispiaciuto", pensò. E una nuova forma di estasi la invase.

Intanto il calabrone, volando qua e là, riapparve, e lei pensò: "Krishna è sempre molto buono con me. Nonostante il messaggio di separazione che ha ricevuto, Egli mi ha fatto la grazia di mandare di nuovo il calabrone perché mi riportasse a Lui." Questa volta Srimati Radharani fu molto attenta a non dire niente contro Krishna: "Amico mio, sii il benvenuto. Krishna è così buono che ti ha mandato di nuovo qui; il Suo affetto e la Sua bontà verso di me Gli hanno fatto dimenticare le parole ostili che Gli hai riferito. Caro amico, chiedimi pure tutto quello che vuoi in cambio della tua cortesia. Tu sei venuto per portarmi da Krishna, perché Lui non può venire fin qui da Mathura, dove una folla di nuove amiche Gli sta intorno. Ma tu sei una creatura così fragile! Come potrai condurmi fin laggiù? Come potrai farmi incontrare Krishna, che Si riposa a Mathura in compagnia della dea della fortuna, tenendola stretta a Sé? Ma non importa, non preoccupiamoci del viaggio che ci porterà a Mathura. Parlami piuttosto di Lui, dimmi come Si trova in città. Si ricorda ancora di Nanda Maharaja, il Suo padre adottivo, di Yasoda, la Sua affettuosa madre, dei Suoi amici pastori e di noi, povere gopi? Sono sicura che qualche volta canta ancora in nostra memoria, noi, che L'abbiamo servito come umili servitrici, senza ricevere mai alcun compenso. Ritornerà un giorno e ci stringerà ancora tra le Sue braccia, che profumano sempre dell'aroma dell'aguru? Ti prego, fai sapere a Krishna tutti questi nostri interrogativi."

Non lontano da lei, Uddhava sentiva Radharani che parlava in questo modo come se fosse impazzita per Krishna, e si meravigliò nel vedere come le gopi fossero sempre pervase dal pensiero di Krishna e immerse nella più alta estasi di maha-bhava. Uddhava portava con sé un messaggio scritto da Krishna e desiderava leggerlo alle gopi per consolarle. "Care gopi, disse, voi avete portato a termine la missione dell'esistenza umana. Meravigliose devote del Signore Supremo, voi siete degne dell'adorazione universale. Tutti i tre mondi vi devono venerazione e rispetto perché la vostra mente è sempre assorta, meravigliosamente, nel pensiero di Vasudeva, Krishna. Egli è il fine ultimo degli atti virtuosi e dei riti, come fare la carità, osservare rigidamente i voti di austerità, praticare severe ascesi e accendere il fuoco del sacrificio. Krishna è il fine a cui mira il canto dei mantra, lo studio dei Veda, il controllo dei sensi e la concentrazione meditativa, che sono alcuni dei numerosi metodi di realizzazione spirituale e vie verso la perfezione dell'esistenza.

In realtà, unico scopo di questi metodi è portarci a realizzare Krishna insegnandoci a dedicare noi stessi al sublime servizio d'amore al Signore Supremo. E questo è l'insegnamento finale della Bhagavad-gita: benché questo Testo sacro descriva differenti vie realizzazione spirituale, l'insegnamento ultimo di Krishna è di rifiutare tutto ciò che non sia il semplice abbandono a Lui. Tutte le altre vie mirano a indirizzarci sul camino ultimo: l'abbandono ai piedi di loto di Krishna. La Bhagavad-gita aggiunge inoltre quest'abbandono al Signore trova la sua perfezione nell'uomo sincero che si è sottoposto, nel corso di numerose esistenze, ai diversi metodi di realizzazione spirituale con saggezza e austerità."

Le gopi, nella loro esistenza, rivelavano pienamente la perfezione dell'austerità, e Uddhava, vedendo il livello spirituale che avevano raggiunto, si sentì completamente soddisfatto.

"Care gopi, continuò, incredibilmente difficile è raggiungere lo stato di mente che voi avete sviluppato in rapporto a Krishna, difficile anche per i grandi saggi e i santi. Voi siete giunte alla perfezione più alta dell'esistenza. Non c'è benedizione più grande per voi che avete fissato la vostra mente in Krishna e aver rifiutato tutto per Lui, aver abbandonato per amor Suo la famiglia, la casa, i parenti, lo sposo e i figli, perché ora che la vostra mente è tutta assorta in Krishna, l'Anima Suprema, l'amore universale è sbocciato spontaneamente in voi. Mi ritengo molto fortunato per aver ottenuto da voi la grazia di vedervi situate a questo alto livello."

Ma Uddhava aveva annunciato un messaggio di Krishna che interessava le gopi molto di più che sentire glorificare la loro alta posizione; le lodi non le interessavano molto, erano impazienti piuttosto di conoscere il messaggio. E Uddhava allora disse: "Care gopi, sono stato specialmente incaricato di trasmettere questo messaggio a voi, grandi e nobili bhakta. E Krishna mi ha scelto per questa missione perché sono il Suo servitore più intimo."

Uddhava lesse personalmente alle gopi il messaggio di Krishna. Aveva un tono grave, quel messaggio, affinché non solo le gopi, ma anche i filosofi empirici potessero capire come il puro amore per Dio sia strettamente legato alle Sue differenti energie -gli Scritti vedici insegnano che il Signore Supremo possiede molteplici energie: parasya saktir vividhaiva sruyate. D'altra parte, le gopi erano legate a Krishna così intimamente che Krishna dalla contaminazione non riuscì a scrivere con mano ferma il messaggio che inviava loro. Allora Uddhava, discepolo di Brihaspati, che era di un'intelligenza molto acuta, invece di dare alle gopi il testo del messaggio, pensò fosse meglio leggerlo e spiegarlo lui stesso.

"Queste sono le parole del Signore Supremo, disse, 'Amate gopi, care amiche, desidero che voi sappiate che in nessun luogo e in nessuna circostanza, mai, noi possiamo essere separati, perché Io sono presente ovunque.'"

La Bhagavad-gita, al settimo e al nono capitolo, spiega l'onnipresenza di Krishna, che Si manifesta nel Suo aspetto impersonale; tutte le cose riposano in Lui, ma Lui non è personalmente presente in ogni cosa. Sempre nel settimo capitolo, troviamo che i cinque elementi grossolani, terra acqua fuoco aria ed etere, così come i tre elementi sottili, mente intelligenza e falso ego, costituiscono le energie inferiori del Signore. Ma esiste un'altra energia, superiore, e sono gli esseri viventi. Anche gli esseri sono frammenti di Krishna, che è dunque la fonte dell'energia materiale e di quella spirituale. Egli è anche intimamente legato a tutte le cose in quanto causa ed effetto. Non solo le gopi, ma anche tutti gli esseri sono sempre e inseparabilmente legati a Krishna in qualunque circostanza. La differenza è che le gopi, nella loro relazione con Krishna, cooperano con Lui in un'intesa perfetta, mentre gli esseri viventi dimenticano Krishna sotto l'illusione di maya e si credono indipendenti, senza alcun legame con Lui.

L'amore per Krishna, o coscienza di Krishna, è la perfezione del sapere, dove ogni cosa è vista nella sua vera luce. La mente non può mai essere vuota, ma è sempre occupata da pensieri il cui oggetto non può esistere fuori degli otto elementi che costituiscono l'energia di Krishna. Colui che conosce questa natura del pensiero è un vero saggio e si sottomette a Krishna. Le gopi sono l'esempio perfetto di esseri che hanno realizzato la perfezione del sapere; la loro mente è sempre fissa in Krishna senza l'ombra di alcuna speculazione intellettuale. La mente non è altro che un'energia di Krishna, perciò chiunque abbia la facoltà di pensare, sentire, agire e volere non può essere separato da Krishna. Lo stadio in cui riscopriamo la nostra eterna relazione con Krishna si chiama coscienza di Krishna, per contrasto alla condizione morbosa che c'impedisce di vedere questa relazione con Krishna e che si chiama maya, lo stato di contaminazione materiale.

Le gopi sono situate sul piano del sapere assoluto, perciò la loro mente è sempre assorta nella coscienza di Krishna. Non si può, per esempio, separare il fuoco dall'aria, così tra Krishna e gli esseri viventi non esiste separazione; ma quando gli esseri viventi dimenticano Krishna, allora perdono la loro condizione naturale. Le gopi, invece, poiché pensano sempre a Krishna, hanno raggiunto il piano della perfezione assoluta del sapere. I filosofi empirici sostengono talvolta che la via della devozione è fatta per le persone meno intelligenti, ma essi non sanno che senza elevarsi al livello del bhakta, il cosiddetto uomo di conoscenza non possiede che un sapere impuro e incompleto. In realtà la perfezione del rapporto eterno che ci unisce a Krishna è l'amore per il Signore in un sentimento di separazione; però la separazione è solo illusoria, perché il legame che ci unisce al Signore non può mai essere spezzato. Così le gopi non furono mai separate da Krishna, neppure dal punto di vista teorico.

Neanche la manifestazione cosmica ha esistenza separata da Krishna, come conferma la Bhagavad-gita: "Niente è separato da Me; l'intera manifestazione cosmica riposa in Me e non è mai separata dalla Mia Persona. Io esistevo già prima della creazione." E le Scritture vediche confermano che prima della creazione c'era solo Narayana. Nessuno Lo assisteva, né Brahma né Siva. La manifestazione cosmica è manipolata dai tre guna, di cui Brahma incarna la passione. Considerato il creatore dell'universo, Brahma svolge solo in un secondo tempo la sua opera di creazione: il creatore originale è Narayana. Lo conferma anche Sankaracarya: narayanah paro 'vyaktat, "Narayana è assoluto, al di là dell'universo materiale".

Nella forma di molteplici avatara, Krishna crea, mantiene e distrugge l'intera manifestazione cosmica. Tutto è Krishna, e tutto dipende da Lui, ma non si può percepire Krishna nell'energia materiale, detta maya, o illusione, al contrario dell'energia spirituale, dove si avverte la presenza di Krishna sempre e in ogni luogo. Questa percezione perfetta si osserva nelle gopi. Benché l'universo materiale dipenda completamente da Krishna, Egli non ne è mai contaminato, e così anche l'essere vivente, che si situa al di là dell'esistenza materiale condizionata. Il corpo di materia si sviluppa sulla base dell'esistenza spirituale dell'essere. Nella Bhagavad-gita la manifestazione cosmica è considerata la madre di tutti gli esseri, di cui Krishna è il padre. Come il padre feconda la madre introducendo nel suo grembo l'essere vivente, così Krishna introduce tutti gli esseri nel grembo della natura materiale, dove otterranno differenti corpi secondo le attività interessate della loro vita precedente: ma l'essere in sé rimane immune dalle condizioni dell'esistenza materiale, in qualsiasi circostanza.

Se esaminiamo il nostro corpo, ci sarà facile capire come all'interno del corpo materiale l'essere vivente rimanga esente dall'influenza della materia. Ogni atto del corpo si compie perl'interazione dei tre guna e ad ogni istante si possono osservare nel corpo sempre nuove trasformazioni, ma l'anima spirituale non è soggetta a questi cambiamenti. Nessuno ha in sé il potere di creare, distruggere o modificare i movimenti della natura materiale, perciò l'essere vivente si trova prigioniero del corpo materiale ed è condizionato in tutt'e e tre gli stati d'esistenza, cioè la veglia, il sonno e l'incoscienza totale. In queste tre condizioni la mente continua ad agire, ma in modi differenti; quando dorme o sogna, per esempio, l'essere vivente considera reale ciò che da sveglio reputa irreale. La sua nozione della realtà varia dunque secondo le circostanze. Questo fenomeno costituisce l'oggetto di studio dei filosofi empirici, o sankhya yogi, che per giungere a una conclusione esatta si sottopongono a severe austerità praticando il controllo dei sensi e la rinucia.

Tutte queste differenti vie per definire il fine ultimo dell'esistenza sono paragonate a tanti fiumi, e Krishna è l'oceano. Come i fiumi scorrono verso l'oceano, così ogni tentativo di raggiungere il sapere scorre verso Krishna. E solo dopo molte vite impegnate in questo tentativo, quando infine si giunge a Krishna, allora si ottiene la perfezione. Spiega Krishna nella Bhagavad-gita: kleso 'dhikataras tesam, tutti cercano di realizzarMi, ma per coloro che intraprendono sentieri senza bhakti il progresso sarà molto difficile. Nessuno può conoscere Krishna se non è giunto alla bhakti.

La Bhagavad-gita distingue tre vie: il karma-yoga, il jñana-yoga e il bhakti-yoga. A coloro che sono molto legati alle attività interessate si consiglia di praticare il karma-yoga per trasformare queste attività e orientarle verso la bhakti, e altrettanto si consiglia a coloro che preferiscono la filosofia empirica, da cui derivano frustrazioni soltanto. A questi ultimi si raccomanda la bhakti attraverso la pratica del jñana come il karma-yoga differisce dal karma ordinario. Ma in ultimo, come afferma la Bhagavad-gita -bhaktya mam abhijanati-, il Signore potrà essere conosciuto solo attraverso il servizio di devozione. Le gopi raggiunsero la perfezione di questo servizio perché non si preoccupavano di conoscere nient'altro che Krishna. E chi conosce Krishna ottiene subito il sapere universale, affermano i Veda: yasmin eva vijñate sarvam eva vijñatam bhavanti.

Il messaggio di Krishna alle gopi continuava: "A voi la conoscenza spirituale dell'Assoluto non è più necessaria, perché voi Mi avete amato fin dal primo istante della vostra esistenza." La conoscenza della Verità Assoluta è necessaria in particolare a coloro che desiderano essere liberati dall'esistenza materiale, ma chi ha raggiunto l'amore per Krishna è già liberato. Chiunque sia impegnato nel puro servizio di devozione, spiega la Bhagavad-gita, dev'essere considerato già sul piano assoluto, dove l'essere è liberato. Le gopi, infatti, non conoscevano le miserie dell'esistenza materiale, ma soffrivano per essere separate da Krishna. Il messaggio del Signore continuava: "Care gopi. Mi sono allontanato da voi di proposito per accrescere ancora di più il vostro amore più che meraviglioso per Me. Questa separazione l'ho voluta perché voi rimaniate in costante meditazione su di Me."

Le gopi sono sul piano della meditazione perfetta. Gli yogi separano la meditazione, a cui danno la preferenza, dalla pratica del servizio devozionale senza sapere che la perfezione devozionale è anche la perfezione dello yoga. E la Bhagavad-gita lo conferma: la meditazione costante su Krishna, come quella delle gopi, è veramente la più alta forma di yoga. Krishna conosceva benissimo la natura femminile: quando l'amante è lontano la donna pensa sempre a lui in una specie di meditazione che lo rende presente davanti a lei. Attraverso il comportamento delle gopi, Krishna voleva insegnare a tutti che colui che è situato, come le gopi, in un continuo samadhi raggiunge senz'altro i Suoi piedi di loto.

Sri Caitanya insegnò a tutti come offrire il proprio servizio a Dio, la Persona Suprema, in un sentimento di separazione, o vipralambha; e i sei Gosvami continuarono questo Suo insegnamento, di cui le gopi sono il modello perfetto. Le preghiere di Srinivasa Acarya in glorificazione dei Gosvami descrivono come essi fossero sempre immersi nell'oceano dei sentimenti sublimi delle gopi e quando vivevano a Vrindavana non si stancassero mai di cercare Krishna, gridando: "Dov'è Krishna? Dove sono le gopi? Dove sei, Srimati Radharani?" Ma non dissero mai: "Ora abbiamo visto Radha e Krishna e la nostra missione è conclusa." Per loro, infatti, la loro missione rimase sempre incompiuta, perché non incontrarono mai Radha e Krishna. Ritornando al tempo della rasa-lila, si ricorderà che le gopi che non avevano potuto raggiungere Krishna ed entrare nel cerchio della danza, lasciarono il corpo meditando su di Lui; prova questa, che il metodo più rapido per raggiungere i piedi di loto del Signore è quello d'immergersi nella coscienza di Krishna attraverso un sentimento di separazione. Le parole stesse di Krishna convinsero le gopi della potenza del sentimento di separazione. Esse sperimentavano la più alta forma di adorazione del Signore, completamente al di là delle condizioni materiali, e comprenderlo le rendeva felici.

Le gopi dissero: "Abbiamo sentito dire che il re Kamsa, che fu sempre fonte di sventure per la dinastia Yadu, è morto. Una gran bella notizia! Ci auguriamo che adesso gli Yadu siano felici in compagnia di Krishna, Lui che può soddisfare tutti i desideri dei Suoi devoti. Caro Uddhava, sii gentile, dicci se Krishna pensa qualche volta a noi adesso che è a Mathura e vive tra le brillanti fanciulle dell'alta società. Sappiamo bene che quelle fanciulle non sono delle ragazze di villaggio come noi: con la loro cultura e la loro bellezza, con i loro sguardi timidi, i loro sorrisi e tutto il loro fascino devono piacere molto a Krishna. Sappiamo che Lui è sempre stato molto attratto dalla bellezza femminile, e si direbbe che questa volta le donne di Mathura Lo abbiano proprio intrappolato. Caro Uddhava, saresti così gentile da dirci se Krishna Si ricorda qualche volta di noi ora che vive tra tutte queste nuove amiche?"

Un'altra gopi chiese: "Si ricorda Krishna di quella notte sotto i raggi della luna e con i fiori kumadini, quando Vrindavana si era fatta incredibilmente bella? Krishna danzava con noi e l'aria era piena del tintinnìo dei campanellini delle nostre caviglie. Là, in atmosfera, ci scambiammo parole così dolci... Si ricorda di quella notte? Noi non l'abbiamo dimenticata e sentiamo una profonda nostalgia. La lontananza da Krishna ci agita e ci consuma come se ci fosse un fuoco dentro di noi. Ma Krishna ci ha promesso che sarebbe tornato a Vrindavana per spegnere questo fuoco, come la nuvola che apparendo nel cielo estingue con la sua pioggia l'incendio della foresta."

Un'altra gopi disse: "Krishna ha ucciso il Suo nemico e con la Sua vittoria ha ottenuto il regno di Kamsa. Forse ora ho già sposato la figlia di un re e vive felice tra gli amici e i parenti. Perché dovrebbe tornare al villaggio di Vrindavana?"

E un'altra: "Krishna è Dio, la Persona Suprema, lo sposo della dea della fortuna, e trova in Sé stesso la felicità. Perché dovrebbe interessarSi a noi, ragazze della foresta di Vrindavana, o alle signorine di Mathura? Egli è l'Anima Suprema, illimitata: non ha bisogno di nessuna donna, né a Vrindavana né a Mathura."

E un'altra gopi ancora: "E' assurdo sperare ancora di rivedere Krishna a Vrindavana. Dovremmo piuttosto sforzarci di essere felici lo stesso nella delusione. Anche Pingala, la grande prostituta, disse che nella delusione risiede il piacere più alto. Noi sappiamo tutte queste cose, eppure ci è difficile rinunciare a quest'ultima speranza. Chi può dimenticare un incontro a tu per tu con Krishna, sul cui petto sta sempre la dea della fortuna benché, soddisfatto in Sé stesso, Krishna non abbia bisogno di lei? Caro Uddhava, Vrindavana è la terra dei fiumi, delle foreste e delle mucche. Qui riecheggiava il suono del flauto, e Krishna, insieme a Suo fratello maggiore, Sri Balarama, gioì di quest'atmosfera in nostra compagnia. Ecco perché il paesaggio di Vrindavana fa di continuo rivivere in noi il ricordo di Krishna e Balarama. Le impronte dei Suoi piedi sono ancora impresse sulla terra di Vrindavana, dimora della dea della fortuna, ma adesso non ci guidano più verso di Lui."

Le gopi aggiunsero che Vrindavana godeva ancora di ogni prosperità e ogni fortuna; non c'era scarsità e nessun bisogno materiale si faceva sentire, eppure quest'abbondanza non riusciva a distoglierle dal ricordo di Krishna e Balarama.

"E' sempre vivo in noi il ricordo del Suo aspetto affascinante, il Suo modo di camminare, il Suo sorriso, le Sue parole scherzose. Ci siamo perdutamente innamorate del Suo modo di fare e ora ci è impossibile dimenticarLo. E non passa istante che non Gli rivolgiamo delle preghiere: 'O Signore, o sposo della dea della fortuna, o sovrano di Vrindavana e liberatore dei bhakta infelici! Siamo cadute in un oceano di disperazione che sta per inghiottirci tutte. Ritorna dunque a Vrindavana, Ti supplichiamo, e liberaci da questa condizione pietosa!'"

Uddhava studiò attentamente la condizione spirituale insolita in cui si trovano le gopi per questa separazione da Krishna, e pensò che la miglior cosa fosse riprendere ancora il racconto dei divertimenti di Sri Krishna. I materialisti vivono sempre con una sensazione di bruciore causata dal fuoco delle sofferenze materiali. Anche le gopi bruciavano, ma nel fuoco spirituale della separazione da Krishna. Un abisso separa dunque i due tipi di fuoco. Le gopi bruciavano per ottenere la compagnia di Krishna, mentre i materialisti bruciano per i beni e i piaceri materiali.

Visvanatha Cakravarti Thakura spiega che Krishna salvò i pastori dall'incendio della foresta nello spazio di un secondo, mentre avevano gli occhi chiusi. Uddhava fece sapere alle gopi che anche loro avrebbero potuto salvarsi dal fuoco della separazione meditando, con gli occhi chiusi, sulle attività di Krishna, che esse avevano potuto osservare fin dai giorni trascorsi in compagnia. Dall'esterno, le gopi vedevano i divertimenti di Krishna attraverso le descrizioni di Uddhava, e dall'interno attraverso il ricordo. L'insegnamento di Uddhava fece capire alle gopi che Krishna non era affatto separato da loro. Infatti, come le gopi a Vrindavana pensavano sempre a Lui, così Lui a Mathura pensava sempre a loro.

I messaggi e gli insegnamenti di Uddhava salvarono le gopi da una morte imminente e in cambio esse lo adorarono come avrebbero fatto con Krishna stesso, riconoscendo che Uddhava le aveva benedette ed era diventato per loro come un precettore e un maestro spirituale. Le Scritture autentiche raccomandano di adorare il maestro spirituale come Dio stesso, perché egli Ne è il servitore più intimo; d'altra parte le autorità in materia riconoscono nel maestro spirituale la manifestazione esterna di Krishna. Realizzando la presenza di Krishna, le gopì si sentirono alleviate dal bruciore della separazione. Krishna era presente nel loro cuore attraverso il ricordo dei momenti trascorsi con Lui e, all'esterno, attraverso Uddhava che con le sue istruzioni le aiutava a percepirLo.

Le Scritture descrivono Dio, la Persona Suprema, come adhoksaja, al di là della percezione dei sensi materiali; ma pur rimanendo adhoksaja, Egli è presente nel cuore di tutti gli esseri, e allo stesso tempo è in ogni luogo nell'aspetto del Brahman. I tre aspetti della Verità Assoluta -Bhagavan (la Persona Suprema), il Paramatma (l'Anima Suprema "localizzata") e il Brahman onnipresente- si possono realizzare semplicemente studiando la condizione delle gopi durante il loro incontro con Uddhava così come lo descrive lo Srimad-Bhagavatam.

I sei Gosvami, come ci riferisce Srinivasa Acarya, erano sempre assorti nel ricordo delle attività delle gopi. Anche Sri Caitanya Mahaprabhu ha consigliato il metodo delle gopi per l'adorazione del Signore Supremo, metodo che Lui ha definito di una perfezione più che rara. Srila Sukadeva Gosvami, d'altra parte, ha dichiarato che chiunque ascolti da fonte autentica il racconto della relazione tra Krishna e le gopi e pratichi gli insegnamenti delle Scritture, sarà elevato al piano più alto del servizio di devozione e perderà ogni attrazione per i piaceri materiali.

Consolate dagli insegnamenti di Uddhava, le gopi gli chiesero di trattenersi ancora qualche giorno a Vrindavana, ed egli acconsentì; anzi rimase con loro alcuni mesi, ispirandole continuamente a ricordare il sublime messaggio di Krishna e i Suoi divertimenti, tanto che alle gopi sembrò di nuovo di stare in compagnia di Krishna. A Vrindavana tutti gli abitanti gioirono della presenza di Udhava proprio come avevano goduto della compagnia di Krishna un tempo, e i giorni volarono nel ricordo dei divertimenti di Krishna che ascoltavano dalle labbra di Uddhava; l'atmosfera naturale di Vrindavana, il fiume Yamuna, i ricchi frutteti, la collina Govardhana, le grotte e i fiori appena sbocciati erano tutte fonti d'ispirazione per il suo racconto.

Uddhava era attratto dall'atteggiamento delle gopi, da quel loro attaccamento totale a Krishna, e si sentiva ispirato da quell'ansietà che provavano per Krishna. Desiderando offrire alle gopi il suo omaggio colmo di rispetto, compose dei canti che glorificavano le loro sublimi qualità: "Fra tutti gli esseri che hanno ricevuto la forma umana, le gopi sono riuscite meravigliosamente nella loro missione. La loro mente è profondamente assorta in Krishna, nei Suoi piedi di loto. Anche i grandi saggi e i santi cercano d'immergersi nella meditazione sui piedi di loto di Krishna, che è Mukunda stesso, Colui che dà la liberazione. Ma per le gopi, che amorevolmente hanno accolto nel loro cuore la persona Suprema, questa meditazione è del tutto naturale, come un'abitudine, e per questo non devono sottoporsi alla pratica di qualche yoga. In conclusione, l'essere che ha raggiunto il livello delle gopi non ha da rinascere nella posizione di Brahma o in una famiglia di brahmana, e non ha neppure bisogno di ricevere l'iniziazione brahminica."

Sri Uddhava confermava così le parole di Krishna nella Bhagavad-gita: colui che prende rifugio in Lui per il giusto fine, fosse anche un sudra o più degradato ancora, raggiungerà la perfezione dell'esistenza. Le gopi hanno stabilito la norma universale di devozione al Signore, e chiunque segua il loro esempio, e pensi sempre a Krishna, conoscerà la perfezione ultima della vita spirituale. Le gopi hanno stabilito la norma universale di devozione al Signore, e chiunque segua il loro esempio, e pensi sempre a Krishna, conoscerà la perfezione ultima della vita spirituale. Le gopi non erano nate in famiglie di alta cultura, ma erano figlie di pastori; eppure svilupparono il più alto amore per Krishna. Non occorre nascere in una famiglia nobile per riuscire nella realizzazione spirituale, la sola condizione necessaria è lo sviluppo dell'amore estatico per Dio.

Per raggiungere la perfezione della coscienza di Krishna non è richiesta alcuna qualificazione fuorché l'impegno costante nel servizio d'amore al Signore. Krishna è il nettare supremo, la fonte di ogni piacere. E la coscienza di Krishna agisce proprio come un nettare, il cui effetto, che ne siamo consapevoli o no, si farà sentire comunque. Il principio di Krishna si rivelerà attivo in ogni luogo, perché la benedizione di Krishna scenderà indistintamente su chiunque adotti la coscienza di Krishna, non c'è dubbio. Nessuno, mai, ottiene la benedizione suprema che conobbero le gopi, sebbene nate in famiglie di pastori; neppure la dea della fortuna, e tantomeno le abitanti dei pianeti celesti, benché il loro aspetto assomigli al fiore di loto. Quelle gopi, Krishna in persona durante la rasa-lila le ha strette a Sé abbracciandole; Krishna stesso la ha baciate tenendoSele vicine, guancia a guancia. Quale altra donna nei tre mondi potrebbe ricevere un simile favore?

Uddhava apprezzava la posizione elevata delle gopi; avrebbe voluto cadere a terra e cospargere il capo con la polvere dei loro piedi, ma non osò farlo per il timore di un rifiuto. Si augurava però che quel fatto accadesse ugualmente, ma a loro insaputa; e sognò di diventare un semplice filo d'erba sulla terra di Vrindavana.

Le gopi erano così attratte da Krishna che alle prime note del Suo flauto abbandonarono subito la famiglia, i figli, la reputazione e il riserbo femminile per correre là dove sapevano d'incontrarLo, senza neppure vedere dove passavano, lungo la strada o per i boschi. Così, impercettibilmente, la polvere dei loro piedi si posò come una benedizione sui fili d'erba di Vrindavana; ma non osando chiedere un simile dono per sé stesso, Uddhava desiderò rinascere come filo d'erba a Vrindavana per ricevere quella stesa polvere.

Uddhava ammirava la straordinaria fortuna delle gopi, che si liberarono da ogni contaminazione materiale ponendo sui loro bei seni superbi i piedi di loto di Krishna. Quei piedi di loto che sono adorati dalla dea della fortuna, ma anche dai grandi deva come Brahma e Siva, e su cui meditano i grandi yoji nel loro cuore. Così Uddhava espresse il desiderio di pregare sempre per avere l'onore di ricevere la polvere dei piedi di loto delle gopi, il cui canto che glorifica i divertimenti sublimi di Krishna è celebrato in tutt'e tre i mondi.

Col passare dei giorni Uddhava sentì il desiderio di tornare da Yasoda; così, dopo un incontro d'addio con le gopi a cui chiese il loro consenso, salì sul carro. Stava per partire alla volta di Mathurà quando Nanda Maharaja, madre Yasoda e tutti gli abitanti di Vrindavana gli si fecero attorno per salutarlo e offrirgli vari prodotti pregiati di Vrindavana, esprimendo, con le lacrime agli occhi, l'affetto profondo che li legava a Krishna. Tutti vollero che Uddhava li benedicesse affinché il ricordo delle gloriose attività di Krishna fosse sempre presente in loro e i Suoi piedi di loto fossero l'oggetto costante dei loro pensieri, mentre con ogni parola Lo glorificavano e col loro corpo si prosternavano nel costante ricordo di Lui. In questa preghiera degli abitanti di Vrindavana c'è tutta l'essenza della realizzazione spirituale. E semplice, basta fissare sempre la mente sui piedi di loto di Krishna, parlare sempre di Lui, e impegnare costantemente il proprio corpo al Suo servizio. Specialmente dopo avere ottenuto la forma umana, ognuno dovrebbe dedicare sé stesso, la propria vita, le ricchezze, le parole e l'intelligenza al servizio del Signore, perché soltanto così si potrà raggiungere la perfezione assoluta, come confermano tutte le autorità suprema e per i risultati dei nostri atti noi possiamo rinascere chissà dove, non importa il luogo, purché rimaniamo sempre impegnati nella coscienza di Krishna. Questa è la nostra unica preghiera." Il puro devoto di Krishna non desidera mai raggiungere i pianeti celesti, e neppure Vaikuntha o Goloka Vrindavana, perché non è interessato alla soddisfazione personale. Per lui tra inferno e paradiso non c'è differenza, perché privo della presenza di Krishna il paradiso è un inferno, e se Krishna è presente, anche l'inferno diventa un paradiso.

Dopo aver ampiamente glorificato l'adorazione dei puri devoti di Vrindavana, Uddhava prese la via del ritorno e giunto a Mathura si prosternò in segno di rispetto davanti a Sri Krishna, il suo maestro, e a Sri Balarama, e per prima cosa si mise a descrivere la meravigliosa vita devozionale degli abitanti di Vrindavana. Quindi presentò a Vasudeva, il padre di Krishna, e a Ugrasena, Suo nonno, tutti i regali inviati dagli abitanti di Vrindavana.

 

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul quarantaseiesimo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "Uddhava porta il messaggio di Krishna alle gopi".

 

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