Il Libro di Krishna

 

CAPITOLO 73

 

La liberazione di Sisupala

 

 

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Dopo aver ascoltato i particolari della morte di Jarasandha, il re Yudhisthira si sentì molto felice e disse: "Mio caro Krishna, o forma eterna di felicità e di sapere, tutti gli illustri responsabili di questo mondo, tra cui Brahma, Siva e Indra, sono sempre impazienti di ricevere i Tuoi ordini e di eseguirli, ogni volta che hanno la fortuna di riceverli, subito li prendono e li racchiudono nei loro cuori. O Krishna, Tu sei l'illimitato, e benché ci capiti talvolta di pensarci re e signori del mondo e di vantarci delle nostre meschine posizioni, il nostro cuore rimane sempre povero. In realtà, noi meritiamo di essere puniti da Te, ma la cosa meravigliosa è che invece di punirci Tu accetti i nostri ordini con tanta bontà e misericordia e li esegui con ogni cura. Alcuni si stupiranno di vedere Tua Grazia che interpreta la parte di un uomo comune, ma noi possiamo capire che Tu accetti queste attività come un attore di teatro. La Tua vera posizione rimane sempre elevata come quella del sole, che ha sempre la stessa temperatura sia quando sorge sia quando tramonta. Anche se noi sentiamo una differenza di temperatura tra l'alba e il crepuscolo, il sole non cambia mai temperatura. O Essere Supremo, Tu rimani sempre trascendentale, eguale in ogni circostanza, e mai nessuna condizione materiale Ti può appagare o turbare. Tu sei il Brahman Supremo, Dio, la Persona Sovrana, e per Te non esistono relatività. Caro Madhava, mai nessuno può vincerTi. Le distinzioni materiali fondate sui concetti di 'io e mio' -sono io', 'sei tu', 'è mio', 'è tuo'-spiccano poiché sono assenti nella Tua Persona. Queste ingannevoli distinzioni si notano in tutti gli esseri, anche negli animali, ma coloro che si votano a Te con devozione pura ne sono liberi. E se tali distinzioni mancano nei Tuoi devoti, come potrebbero essere presenti in Te?"

Dopo aver soddisfatto Krishna con queste parole, il re Yudhisthira preparò la celebrazione del sacrificio rajasuya. Invitò tutti i brahmana qualificati e i saggi a prendervi parte, e assegnò loro differenti responsabilità di officiante nell'arena del sacrificio. Furono invitati i brahmana e i saggi più esperti, che erano Krishna-dvaipayana Vyasadeva, Bharadvaja, Sumantu, Gautama, Asita, Vasistha, Cyavana, Kanva, Maitreya, Kavasa, Trita, Visvamitra, Vamadeva, Sumati, Jaimini, Kratu, Paila, Parasara, Garga, Vaisampayana, Atharva, Kasyapa, Dhaumya, Parasurama, Sukracarya, Asuri, Vitihotra, Madhuccandha, Virasena e Akrtavrana. Oltre a questi brahmana e saggi, egli invitò anziani rispettabili, come Dronacarya, Bhisma -l'antenato dei Kuru-, Krpacarya e Dritarastra. Invitò anche tutti i figli di Dritarastra con Duryodhana a capo e l'illustre bhakta Vidura. Invitati ad assistere al grande sacrificio furono anche i sovrani di varie parti del mondo, insieme ai loro ministri e segretari. E anche i cittadini -brahmana eruditi, ksatriya valorosi, facoltosi vaisya e fedeli sudra-, tutti vennero a vedere la cerimonia.

I brahmana officianti e i saggi responsabili della cerimonia del sacrificio costruirono l'arena secondo l'uso, servendosi di una piccozza d'oro, e in accordo ai riti vedici iniziarono il re Yudhisthira come autore del grande sacrificio. Tutti gli utensili necessari al yajña erano fatti d'oro, come in un sacrificio simile che il deva Varuna aveva compiuto molti anni prima.

Tutti i grandi deva, come Brahma, Siva e Indra -il re dei pianeti celesti-, scortati dai loro seguiti, e anche i deva maestri dei sistemi planetari superiori, come Gandharvaloka, Siddhaloka, Janaloka, Tapaloka, Nakaloka, Yaksaloka, Raksaloka, Paksiloka e Caranaloka, e gli illustri re e le loro regine, tutti risposero all'invito del re Yudhisthira nel desiderio di partecipare al grande sacrificio. E tutti i rispettabili saggi, i sovrani e i deva riuniti sul luogo del sacrificio riconobbero all'umanità che il re Yudhisthira possedeva tutte le qualità necessarie al compimento del rajasuya-yajña. La posizione del re era nota a tutti: grande devoto di Sri Krishna, nessuna impresa era straordinaria per lui. Il sacrificio, sotto l'attenta cura dei brahmana eruditi e dei sacerdoti, doveva svolgersi esattamente come si era svolto nei tempi antichi quello di Varuna. L'usanza vedica vuole che durante ogni sacrificio venga distribuito ai partecipanti il succo della pianta soma, che è una specie d'elisir di lunga vita. Il giorno in cui fu estratto il succo del soma, il re Yudhisthira ricevette con grande rispetto il sacerdote incaricato di scoprire eventuali errori nelle procedure del sacrificio. Infatti i mantra vedici devono essere pronunciati alla perfezione e cantati col giusto accento; se i sacerdoti impegnati in questo canto commettono qualche errore, "l'arbitro" rettifica subito la procedura in modo che i riti siano compiuti perfettamente. Infatti, in mancanza di tale perfezione un sacrificio non può portare i frutti desiderati. Nell'età di Kali non esistono brahmana così eruditi, perciò ogni sacrificio vedico è proibito. L'unico sacrificio permesso e raccomandato dagli sastra è il canto del mantra Hare Krishna.

Un'altra importante procedura consiste nell'onorare in primo luogo il personaggio più elevato dell'assemblea. Così, quando tutti i preparativi del sacrificio furono completati, ci si cominciò a chiedere chi doveva essere onorato per primo. Questa particolare cerimonia si chiama agrapuja. Agra significa "primo" e puja "adorazione". Questo agrapuja era paragonabile all'elezione di un presidente. Tutti i componenti dell'assemblea erano molto rispettabili; perciò alcuni proposero di eleggere come il più degno di ricevere i primi onori un personaggio, mentre altri erano più favorevoli a eleggerne un altro, o un altro ancora.

Poiché nessuna decisione sembrava emergere, Sahadeva prese la parola in favore di Sri Krishna ed esclamò: "Sri Krishna, il migliore dei discendenti della dinastia Yadu e il protettore dei Suoi devoti, è la persona più elevata in tutta quest'assemblea. Penso dunque che non ci saranno obiezioni se accordiamo a Lui l'onore delle prime offerte. Sebbene siano presenti deva come Brahma, Siva e Indra -il re dei pianeti celesti- e numerosi altri notevoli personaggi nessuno può superare Krishna, o anche solo eguagliarLo in termini di tempo, spazio, ricchezza, potenza, reputazione, saggezza e rinuncia, o secondo qualsiasi altra considerazione. Ogni perfezione è in origine presente in Krishna. Come anima individuale è il principio essenziale della crescita dl corpo materiale, così Sri Krishna è l'Anima Suprema dell'intera manifestazione cosmica. Tutte le pratiche rituali prescritte nei Veda -l'esecuzione di sacrifici, l'offerta di oblazioni nel fuoco, il canto degli inni vedici e lo yoga mistico- hanno il solo scopo di realizzare Krishna. Che si segua la via degli atti interessati o quella della speculazione filosofica, il fine ultimo rimane sempre Krishna; in breve, ogni metodo autentico di realizzazione spirituale deve far conoscere Krishna. O nobili personaggi, sarebbe superfluo dilungarsi qui sulle glorie di Krishna, perché voi tutti conoscete già il Brahman Supremo, Sri Krishna, per il Quale non esistono distinzioni materiali tra il corpo e l'anima, tra l'energia e la sua fonte, o tra una parte del corpo e un'altra. Poiché tutti gli esseri fanno parte integrante di Krishna, tra Lui e loro non esiste alcuna differenza qualitativa. Ogni cosa, materiale e spirituale, proviene dalle energie di Krishna. Queste energie sono paragonate alla luce e al calore del fuoco: non sarebbe possibile separare queste proprietà di luce e calore dal fuoco stesso.

"Inoltre, Krishna può compiere tutte le azioni che desidera con qualunque parte del Suo corpo. Noi possiamo fare un'azione solo con una specifica parte del nostro corpo, ma Egli ha il potere di soddisfare ogni Suo minimo desiderio con qualsiasi parte del Suo corpo. E poiché il Suo corpo trascendentale trabocca eternamente di conoscenza e felicità, Egli non subisce le sei trasformazioni della materia -nascita, crescita, stabilizzazione, prosperità, declino e morte. Nessuna energia esterna agisce su di Lui; Egli rappresenta la causa suprema della creazione, del mantenimento e della dissoluzione di tutto ciò che esiste. Per la grazia di Krishna soltanto, ognuno è impegnato nella religione, nell'acquisizione di ricchezze, nella soddisfazione dei sensi e infine nella ricerca della liberazione dalla materia. Questi quattro princìpi di un'esistenza progressiva possono essere osservati solo per la misericordia di Krishna. E' a Lui dunque che dobbiamo offrire i primi onori di questo grande sacrificio, e tutti dovrebbero essere d'accordo. Come annaffiando la radice di un albero si nutrono insieme i rami, le foglie e i fiori, e come fornendo cibo allo stomaco il beneficio dell'assimilazione di questi alimenti giova a tutte le altre parti del corpo, così se offriamo la nostra adorazione a Krishna, tutte le persone qui riunite, e anche i grandi deva, si sentiranno soddisfatti. Chiunque sia incline alla carità avrà ogni interesse nell'offrire doni solo a Krishna, che è l'Anima Suprema in tutti gli esseri, qualunque corpo o personalità abbiamo. Come Anima Suprema, Krishna è presente nel cuore di ogni essere e se noi riusciamo a soddisfarLo, tutti saranno soddisfatti."

Sahadeva aveva la fortuna di conoscere le glorie di Krishna, e dopo averle brevemente descritte, tacque. Allora i componenti di quella grande assemblea applaudirono e confermarono le sue parole esclamando ripetutamente: "Tutto ciò che hai affermato è perfetto." Quindi, dopo aver ottenuto l'approvazione dei presenti, in particolare dei brahmana e dei saggi eruditi, il re Yudhisthira adorò Sri Krishna secondo le regole prescritte nei Veda. Dapprima, con i fratelli, le spose, i figli, i parenti e i ministri, il re lavò i piedi di loto del Signore e con quell'acqua spruzzò le loro teste; poi furono offerti a Krishna diversi abiti di seta gialla e una montagna di gioielli e ornamenti per uso personale.

Mentre onorava Krishna, l'unico oggetto del suo amore, il re Yudhistira provava un'estasi così forte che gli occhi gli si riempivano di lacrime impedendogli di vedere bene il Signore. Così Krishna fu adorato dal re Yudhisthira. In quel momento tutti i presenti si alzarono in piedi e a mani giunte cominciarono a cantare: "Jaya! Jaya! Namah! Namah! E mentre tutti insieme offrivano il loro rispettoso omaggio a Krishna, dal cielo caddero piogge di fiori.

In quell'assemblea si trovava anche il re Sisupala, nemico giurato di Krishna per molti motivi, specialmente perché la sua promessa sposa, Rukmini, gli era stata sottratta dal Signore il giorno stesso della cerimonia nuziale che doveva consacrare la loro unione. Sisupala non poteva dunque sopportare di vedere tanti onori offerti a Krishna e sentire tante lodi dirette ai Suoi attributi; invece di essere felice, ne fu molto irritato. Quando tutti si alzarono per offrire i loro omaggi a Krishna, Sisupala rimase comodamente seduto al suo posto; poi, improvvisamente, spinto dalla collera, balzò in piedi e con le braccia in aria prese a inveire contro il Signore, pronunciando bene ogni parola in modo che Krishna potesse udire distintamente.

"Venerabile assemblea, posso apprezzare oggi l'insegnamento dei Veda secondo cui il tempo rappresenta il fattore predominante per eccellenza. Nonostante ogni sforzo contrario, il tempo continua senza ostacoli a mettere in atto il suo piano. Si può tentare di tutto, ad esempio, per prolungare la nostra esistenza, ma quando viene l'ora della morte non possiamo far niente per opporci. Posso vedere che sono presenti nell'assemblea numerosi personaggi di rilievo, eppure il tempo esercita un'azione tale che tutti questi personaggi si sono lasciati sviare dalle parole di un ragazzo che ha scioccamente parlato di Krishna. Numerosi sono i saggi presenti e gli anziani, eppure anche loro hanno accettato le parole di questo giovane insensato. Ecco la prova che sotto l'azione del tempo perfino l'intelligenza di persone così rispettabili può venir meno. Sono d'accordo che questi illustri personaggi sono abbastanza competenti da scegliere la persona degna di essere onorata per prima, ma come aderire alle affermazioni di un giovane come Sahadeva, che glorifica Krishna con parole così elevate e propone di riservare a Lui i primi onori del sacrificio? Posso vedere che quest'assemblea riunisce numerose autorità, persone di vasta erudizione, che si sono sottoposte a molte penitenze, e sono abituate a severe austerità; la loro saggezza e i loro insegnamenti possono certamente liberare molte vittime dell'esistenza materiale. Sono presenti anche grandi rsi dal sapere illimitato, e molti brahmana e anime realizzate. Penso che chiunque di loro avrebbe potuto essere scelto per ricevere per primo la nostra venerazione, essi infatti sono degni perfino dell'adorazione di grandi deva, re e imperatori. Non riesco a capire perché avete scelto questo giovane pastore Krishna, trascurando tutti questi grandi personaggi. Per me, Krishna non è meglio di un corvo. Come potrebbe meritare i primi onori di questo grande sacrificio? Non siamo neppure in grado di stabilire a quale varna appartenga questo Krishna, né quale sia esattamente il Suo dovere!"

In realtà, Krishna non appartiene a nessun varna e non ha nessun dovere da compiere. I Veda spiegano che il Signore Supremo non deve sottostare ad alcun obbligo. Le Sue energie si occupano di tutto a nome Suo.

Sisupala proseguì: "Krishna non appartiene nemmeno a una famiglia nobile. E' così indipendente che nessuno conosce i Suoi princìpi religiosi. Sembra, anzi, che li ignori tutti. Agisce sempre di testa Sua, senza prestare la minima attenzione alle ingiunzioni vediche o ai princìpi regolatori dell'esistenza. Perciò è sprovvisto di ogni qualità." Sisupala elogiava indirettamente, affermando che Egli non è soggetto a nessuna legge vedica. E' vero , perché Egli è Dio, la Persona Suprema. Dire che non possiede qualità significa che Egli non ha qualità materiali. Infine, essendo Dio, la Persona Suprema, Egli agisce in modo del tutto indipendente, senza preoccuparsSi delle convenzioni o dei princìpi sociali o religiosi che siano.

Sisupala aggiunse: "Stando così le cose, come può Krishna meritare i primi onori? La Sua pazzìa gli ha fatto lasciare Mathura, città di persone degne, rispettabili e fedeli alla cultura vedica, per rifugiarSi nell'oceano, dove non si parla mai dei Veda! Invece di vivere alla luce del sole, Si è costruito una fortezza in mezzo alle acque e vive in un'atmosfera dove manca qualsiasi discussione sul sapere vedico! E quando lascia la sua cittadella è solo per opprimere la gente, come farebbe un fuorilegge, un ladro o un bandito."

Sisupala era letteralmente impazzito per il fatto che Krishna era stato eletto come la persona più rispettabile di tutta l'assemblea, la più degna di ricevere i primi onori. Le sue parole rivelavano tutta la sua stupidità: era evidente che la fortuna l'aveva abbandonato. Sotto i colpi della sfortuna, Sisupala continuò a insultare Krishna, e il Signore lo ascoltò pazientemente, senza protestare. L'urlo di un branco di sciacalli non riesce a importunare il leone, così Sri Krishna non sentendoSi per nulla provocato rimase silenzioso; non rispose nemmeno a una sola delle accuse di Sisupala. Ma tutti i componenti dell'assemblea, tranne qualcuno che parteggiava per Sisupala, si sentirono molto agitati, perché è dovere di ogni uomo rispettabile non tollerare alcun oltraggio fatto a Dio o al Suo devoto. Alcuni, pensando di non poter prendere le misure necessarie per punire Sisupala, si allontanarono in segno di protesta tappandosi gli orecchi per non sentire altre bestemmie, e condannarono l'atteggiamento di Sisupala. I Veda affermano che bisogna lasciare subito ogni luogo dove si bestemmia Dio, la Persona Suprema. Chi manca a questo dovere perde il merito dei suoi atti virtuosi e sprofonda in condizioni inferiori d'esistenza.

Tutti i re, appartenenti alle dinastie Kuru, Matsya, Kekaya e Srñjaya, furono presi da una grande collera e afferrarono subito le spade e gli scudi per uccidere Sisupala. Ma costui era così sciocco che non si spaventò neppure, non considerò i pro e i contro delle sue stolte parole e quando vide tutti i re pronti a ucciderlo, invece di tacere, afferrò anche lui la spada e lo scudo per respingerli.

Quando Sri Krishna vide che una vera e propria battaglia stava per scoppiare nell'arena del propizio rajasuya-yajña, tranquilizzò personalmente tutti i re e nella Sua infinita misericordia decise di uccidere Lui stesso Sisupala. Così, mentre Sisupala sfidava i re che lo attaccavano, Sri Krishna afferrò il Suo disco tagliente come un rasoio, e in un attimo gli separò la testa dal resto del corpo. Alla sua morte un'ovazione si levò dalla folla. Approfittando di quel momento, i pochi re che avevano sostenuto Sisupala si affrettarono a lasciare l'assemblea temendo per la propria vita. Nonostante tutto, l'anima fortunata di Sisupala si fuse subito nel corpo di Sri Krishna, davanti agli occhi di tutti, come una meteorite incandescente che cade sulla superficie del globo. Questo ci fa ricordare la storia di Jaya e Vijaya, che dai pianeti Vaikuntha caddero nell'universo materiale per la maledizione dei quattro Kumara. Era stato stabilito che prima di tornare a Vaikuntha, Jaya e Vijaya avrebbero dovuto nascere per tre volte consecutive come mortali nemici del Signore; solo allora avrebbero potuto tornare nel mondo spirituale e servire ancora il Signore come Suoi compagni.

Benché Sisupala avesse agito come nemico di Krishna, non smetteva mai di pensare a Lui. Aveva sempre coscienza di Krishna, e questo gli valse prima la liberazione sayujya-mukti che consiste nel fondersi nell'esistenza del Supremo, e poi gli permise di ritrovare la sua condizione originale di servitore personale del Signore. La Bhagavad-gita: chi al momento della morte è assorto nel pensiero del Signore Supremo, raggiunge il regno di Dio subito dopo aver lasciato il corpo materiale. Dopo la liberazione di Sisupala, il re Yudhisthira ricompensò tutti i componenti l'assemblea e premiò abbondantemente i sacerdoti e i saggi eruditi per aver degnamente esercitato i loro incarichi; quindi, terminati questi doveri abituali, fece le sue abluzioni, che sono chiamate avabhrtha quando, come queste, concludono un sacrificio.

Sri Krishna permise dunque la riuscita del rajasuya-yajña organizzato da Maharaja Yudhisthira, e su richiesta dei Suoi cugini e parenti Si trattenne ad Hastinapura ancora qualche mese. Il re Yudhisthira e i suoi fratelli avrebbero voluto che Sri Krishna rimanesse sempre nella loro città, ma il Signore riuscì ugualmente a ottenere dal re il permesso di tornare a Dvaraka. Così, accompagnato dalle Sue regine e dai ministri, riprese la strada verso la Sua capitale.

Il racconto della caduta di Jaya e Vijaya nell'universo materiale, direttamente legato alla morte di Sisupala, si trova nel settimo Canto dello Srimad-Bhagavatam. Ma l'insegnamento più importante che si può trarre da questo episodio è che dal Suo livello assoluto il Signore Supremo può concedere la liberazione a chiunque, agisca da nemico o da amico nei Suoi confronti. Dire dunque che il Signore abbia sentimenti amichevoli verso alcuni e verso altri sentimenti d'inimicizia, e certamente un errore. Amico o nemico, le relazioni di Krishna con gli esseri sono sempre sul piano assoluto. Nessuna distinzione materiale separa in Lui questi due atteggiamenti.

Dopo il bagno, circondato dai saggi e dai brahmana eruditi, il re Yudhisthira ricompensò generosamente tutti i deva che avevano partecipato al yajña, ed essi, molto soddisfatti, si congedarono dal re lodando le sue attività e glorificando Sri Krishna.

Quando Sukadeva Gosvami raccontò l'uccisione di Sisupala per mano di Krishna e riferì il successo del sacrificio rajasuya, sottolineò che alla fine del yajña una persona sola era rimasta insoddisfatta, Duryodhana. Costui, a causa della sua vita peccaminosa, aveva una natura estremamente invidiosa; era nato nella dinastia Kuru come la personificazione di una malattia cronica, destinata a distruggere l'intera famiglia.

Sukadeva Gosvami assicurò Maharaja Pariksit che i divertimenti del Signore -come l'uccisione di Sisupala e di Jarasandha e la liberazione dei re prigionieri- appartengono tutti al piano trascendentale, e chiunque li ascolti da persone autorizzate sarà subito liberato dalle conseguenze dei suoi atti colpevoli.

 

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul settantatreesimo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "La liberazione di Sisupala".

 

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