Il Libro di Krishna

 

CAPITOLO 79

 

L'incontro di Sri Krishna e del brahmana Sudama

 

 

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Il re Pariksit ascoltava da Sukadeva Gosvami il racconto dei divertimenti di Sri Krishna e Sri Balarama. Queste narrazioni procurano un piacere sublime a chiunque le ascolti, perciò Maharaja Pariksit si rivolse così a Sukadeva Gosvami: "Il mio amato Signore, Dio, la Persona Suprema, che è Sri Krishna, concede agli esseri simultaneamente la liberazione e l'amore per Dio. Chiunque diventi un devoto del Signore ottiene la liberazione, senza compiere sforzi separati a questo fine. Il Signore è illimitato, come lo sono anche i Suoi divertimenti e i Suoi atti, legati alla creazione, al mantenimento e alla distruzione dell'intera manifestazione cosmica. Desidero dunque ascoltare il racconto di altri Suoi divertimenti, quelli di cui non hai ancora parlato. O maestro, in questo mondo tutti gli esseri condizionati sono frustrati nella loro ricerca della felicità attraverso la soddisfazione dei sensi. Il desiderio di godimenti materiali trafigge continuamente il loro cuore, ma oggi riesco a capire come l'ascolto dei divertimenti di Krishna ha il potere di mettere fine al dominio delle influenze materiali, che spingono l'uomo a cercare il piacere dei sensi in tutte le attività. Penso che nessuna persona intelligente potrà rifiutare l'ascolto ripetuto dei divertimenti assoluti del Signore Supremo, il modo più semplice per essere sempre immersi nella felicità spirituale e per cancellare ogni attrazione verso il godimento dei sensi."

Nel suo discorso, Maharaja Pariksit ha usato due parole particolarmente importanti: visannah e visesajñah. Visannah significa "triste". I materialisti inventano mille modi per trovare la soddisfazione, ma in realtà sono sempre tristi. Alcuni obietteranno che si vedono degli spiritualisti che sono tristi, perciò Pariksit Maharaja ha usato il termine visesajñah. Ci sono due tipi di spiritualisti: gli impersonalisti e i personalisti. Visesajñah si riferisce ai personalisti, che sono interessati alla varietà spirituale. I bhakta si riempiono di gioia ascoltando la descrizione delle attività personali del Signore Supremo; mentre gli impersonalisti, più attratti dall'aspetto impersonale del Signore, hanno solo un interesse superficiale per le Sue attività personali. Così, anche se vengono a contatto con i divertimenti di Krishna, gli impersonalisti, che non capiscono tutto il beneficio che deriva dal loro ascolto, rimangono tristi, proprio come i materialisti presi dai loro atti interessati.

Il re Pariksit proseguì: "La facoltà della parola può essere resa perfetta solo descrivendo gli attributi trascendentali del Signore; la capacità di servirsi delle mani è utile quando la si usa al servizio del Signore, e così la mente, che può essere placata solo quando la si riempie di pensieri su Krishna, in piena coscienza della Sua Persona. Non si tratta di diventare grandi pensatori, ma di capire che Krishna, la Verità Assoluta, è presente ovunque nel Suo aspetto "localizzato" di Paramatma. Perché le funzioni della mente -pensare, sentire e volere- diventino perfette, è sufficiente riflettere sull'onnipresenza di Krishna, che come Paramatma è perfino nel cuore dell'atomo. Il perfetto devoto del Signore non vede l'universo di materia come apparirebbe a colui che ha occhi materiali, ma dovunque percepisce la presenza del Suo adorato Signore nella forma del Paramatma."

Maharaja Pariksit disse inoltre che la funzione dell'orecchio raggiunge la perfezione quando la s'impegna nell'ascolto degli atti sublimi del Signore, e che la testa trova la sua piena utilità quando s'inchina davanti al Signore e al Suo rappresentante. In realtà, il Signore è rappresentato nel cuore di ciascuno, perciò il brahmana elevato, considerando ogni corpo come un tempio del Signore, offre il suo rispetto a ogni essere vivente. Ma non tutti possono, fin dall'inizio, acquisire tale visione, propria del bhakta di prim'ordine. Il bhakta di second'ordine, invece, può considerare gli altri vaisnava, o devoti del Signore, come rappresentanti di Krishna; e il neofita, il bhakta di terz'ordine, alle soglie della realizzazione spirituale, può solo prosternarsi davanti alle murti nel tempio e davanti al maestro spirituale, che è una manifestazione diretta del Signore Supremo. Ma in tutt'e tre i livelli -neofita, intermedio e perfetto- si può fare della testa l'uso migliore chinandola davanti al Signore e al Suo rappresentante. E altrettanto degli occhi, guardando il Signore e il Suo rappresentante. Così, ognuno può elevare la funzione delle differenti parti del proprio corpo fino alla più alta perfezione semplicemente impegnandole al servizio di Dio e del Suo rappresentante. Anche se non si è capaci di fare altro, si avrà ogni vantaggio a prosternarsi davanti a loro e a bere il caranamrta, l'acqua che ha bagnato i piedi di loto del Signore o del Suo devoto.

A queste parole di Maharaja Pariksit, che rivelavano una profonda comprensione della filosofia vaisnava, Sukadeva Gosvami fu invaso dall'estasi devozionale. Stava già descrivendo le attività del Signore quando Maharaja Pariksit lo pregò di proseguire la narrazione, perciò con grande piacere accettò di continuare il racconto dello Srimad-Bhagavatam.

Krishna aveva un ottimo amico, che da perfetto brahmana godeva di un elevato sapere spirituale e non provava alcun'attrazione per i piaceri di questo mondo. Poiché aveva raggiunto il perfetto controllo dei sensi e viveva nella serenità più perfetta, era un perfetto bhakta. Infatti, senza essere situati nella devozione assoluta nessuno può accedere al più alto livello del sapere, dove, secondo la Bhagavad-gita, ci si abbandona a Dio, la Persona Suprema. In altre parole, chi si è abbandonato al servizio del Signore è arrivato al piano del sapere perfetto, il cui frutto risiede nel distacco dall'esistenza materialistica. Questo distacco implica il completo controllo dei sensi, che sempre si volgono verso i piaceri materiali. Così, i sensi del bhakta sono purificati e impegnati al servizio dl Signore. Ciò copre tutto il campo del servizio devozionale.

Sebbene l'amico brahmana di Sri Krishna fosse un grhastha, non era occupato ad accumulare beni per procurarsi un'esistenza agiata; era soddisfatto di ciò che gli veniva naturalmente secondo il suo destino. E' il segno, questo, del perfetto sapere. L'uomo che ha raggiunto la conoscenza sa che nessuno può più felicità di quella che gli è assegnata. In questo mondo, a ognuno è destinata una certa quantità di sofferenza e di gioia. La somma delle gioie e dei dolori è già stabilita in anticipo, e nessuno può aumentare o diminuire i piaceri e le sofferenze legati all'esistenza materiale. Perciò il brahmana non si dava da fare per cercare una maggiore felicità materiale, ma impiegava il suo tempo per progredire nella coscienza di Krishna. Apparentemente viveva nella povertà, senza dare a sé stesso né alla propria sposa dei vestiti rispettabili e neanche un cibo sufficiente, tanto che entrambi erano molto magri. La donna non dava molta importanza alle proprie comodità personali, ma si preoccupava per lo sposo, un brahmana così pio, e tramava a causa della sua fragile salute. Benché non le piacesse dare ordini al marito, gli rivolse queste parole:

"Mio caro signore, so che Sri Krishna, lo sposo della dea della fortuna, è tuo intimo amico. Inoltre, tu sei un Suo devoto, e Lui è sempre pronto ad aiutare il Suo fedele servitore. Anche se tu pensi di non offrire in realtà alcun servizio devozionale al Signore, Gli sei comunque sottomesso, e Lui protegge sempre le anime sottomesse. Inoltre, so che Sri Krishna rappresenta il modello personificato della civiltà vedica; è sempre favorevole alla cultura brahminica e molto benevolo verso i brahmana qualificati. Tu sei l'uomo più fortunato, perché hai come amico il Signore Sovrano. Sri Krishna è il solo rifugio per tutti coloro che come te si sono completamente abbandonati a Lui. Tu sei un santo, un erudito, padrone dei tuoi sensi; perciò Sri Krishna è il tuo unico rifugio. Va' dunque da Lui, ti prego. Sono sicura che capirà subito lo stato di povertà in cui ti trovi. Non dimenticare che sei anche un capofamiglia, senza risorse finanziarie la tua condizione è miserevole. Appena il Signore vedrà la tua condizione, ti offrirà certamente ricchezze sufficienti per vivere una vita agiata.

Sri Krishna regna ora sulle dinastie Bhoja, Vrishni e Andhaka, e ho sentito dire che non lascia mai la Sua capitale, Dvaraka, poiché nessuna delle Sue occupazioni Lo chiama altrove. E' così buono e generoso che dà tutto, perfino Sé stesso, a chiunque si abbandoni a Lui. E se è così pronto a darSi personalmente al Suo devoto, Gli sarà facile concedere qualche ricchezza materiale! Naturalmente Egli non dà grandi ricchezze al Suo devoto se questi non è ancora ben situato sulla via devozionale; ma credo che sapendo con quale fermezza tu pratichi il servizio di devozione Egli non esiterà a concederti qualche beneficio materiale perché tu possa far fronte alle necessità della vita."

Lo implorò a lungo con molta umiltà e sottomissione di andare a trovare Krishna. Il brahmana non pensava di chiedere a Krishna qualche beneficio materiale, ma spinto dalle ripetute sollecitazioni della sposa, cominciò a riflettere: "Se vado laggiù, potrò vedere il Signore in persona. Sarà una grande fortuna, anche se non Gli chiedo niente." Quando si fu deciso, chiese a sua moglie se avesse qualcosa in casa da offrire al Signore, suo amico, e subito la sposa del brahmana racimolò dalle donne del vicinato quattro manciate di cidha (¹) e le mise in un quadratino di stoffa, una specie di fazzoletto, chiudendo con un nodo. Senza più attendere, il brahmana prese il regalo e si diresse verso Dvaraka per vedere il suo Signore. Lungo tutto il cammino rimase assorto nel pensiero che presto avrebbe potuto contemplare Sri Krishna, e nient'altro trovava posto nel suo cuore.

Naturalmente era difficile entrare nei palazzi dei re della dinastia Yadu, ma i brahmana di Sri Krishna dovette attraversare, insieme ad altri brahmana, tre campi militari, ciascuno protetto da grandi portali. Si trovò quindi davanti a sedicimila grandi palazzi, i quartieri residenziali delle regine di Sri Krishna. S'introdusse in uno di questi grandi palazzi, che era incredibilmente sontuoso, e subito si sentì immergere nel sublime oceano della felicità spirituale. In quest'oceano di felicità il brahmana si tuffava e riemergeva senza interruzione.

In quel momento Krishna è seduto sul letto della regina Rukmini. Anche se una considerevole distanza li separa ancora, il Signore vede da lontano il brahmana e riconosce in lui il Suo intimo amico. Subito Si alza e gli va incontro per riceverlo, e come gli è vicino lo stringe tra le braccia. Sri Krishna è il ricettacolo di tutti i piaceri spirituali, eppure in quel momento sente una profonda soddisfazione nell'abbracciare il povero brahmana, il Suo carissimo amico. Sri Krishna lo fa sedere sul Suo divano e gli porta personalmente ogni tipo di frutta e bevande, com'è d'obbligo quando si riceve un ospite rispettabile. Sri Krishna è infinitamente puro, ma poiché interpretava la parte di un uomo comune, senza esitare lavò i piedi del brahmana e con quell'acqua Si spruzzò la testa per la propria purificazione. Quindi spalmò il corpo del brahmana con diversi tipi di polpe profumate come il sandalo, l'aguru e lo zafferano; fece bruciare vari incensi aromatici e com'è d'uso offrì al brahmana l'aratrika con delle lampade accese. Dopo questa degna accoglienza e dopo che l'ospite ebbe fatto onore al cibo e alle bevande, Krishna disse: "Mio caro amico, che fortuna averti qui!"

A causa della sua povertà il brahmana non era ben vestito, i suoi abiti erano logori e sporchi, ed era molto magro. Non sembrava neppure molto pulito, e poiché era di costituzione gracile gli si vedevano le ossa. La dea della fortuna, Rukminidevi, prese a sventagliarlo personalmente con un camara; male altre donne del palazzo rimasero sbalordite al vedere con quanto zelo il Signore accoglieva questo particolare visitatore, e si domandavano quale motivo avesse indotto Sri Krishna a ricevere personalmente un brahmana così povero, mal vestito e nemmeno molto pulito. Capivano, però, che non doveva essere un uomo qualsiasi; sicuramente quel brahmana aveva dovuto compiere in passato gloriosi atti di virtù, altrimenti perché Sri Krishna, lo sposo della dea della fortuna, Si prendeva tanta cura di lui? Le donne del palazzo furono ancora più sbalordite quando videro il brahmana seduto sul divano del Signore, e ancora di più quando videro Krishna che lo abbracciava come fa con Suo fratello maggiore, Balaramaji, Lui che non abbracciava mai nessuno se non Rukmini e Balarama.

Dopo aver degnamente ricevuto il brahmana e averlo fatto sedere sul Suo divano, ornato di morbidi cuscini, Sri Krishna gli disse: "Mio caro amico, tu sei dotato di una grande intelligenza e conosci molto bene i princìpi della vita spirituale. Immagino che alla fine dei tuoi studi all'asrama, dopo avere sufficientemente ricompensato il nostro maestro tu sia tornato casa per prendere una sposa degna di te. So bene che non sei mai stato attaccato a una vita materialistica, e nemmeno aspiravi alla ricchezza tanto che oggi ti trovi nel bisogno. Rari sono, in questo mondo, coloro che non provano attrazione per l'opulenza materiale. Essi non manifestano il minimo desiderio di arricchirsi e prosperare nel piacere dei sensi, e se a volte accumulano denaro lo fanno solo per vivere da perfetti grhastha e mostrare, con la giusta distribuzione delle loro ricchezze, come si può diventare un capofamiglia modello e un grande bhakta. Tutti devono sapere che questi grhastha esemplari stanno seguendo le Mie orme.

"Caro amico, spero ti ricordi di quei giorni della nostra vita da studenti, quando tu ed Io vivevamo insieme nell'asrama del nostro maestro. Tutto il sapere che abbiamo ricevuto nella nostra vita, in realtà ci fu dato nel periodo degli studi.

"Se durante gli studi si riceve un'educazione adeguata sotto la guida di un maestro qualificato, la vita sarà coronata dal successo. Si potrà facilmente attraversare l'oceano dell'ignoranza e sfuggire al dominio dell'energia illusoria. Mio caro amico, ognuno deve considerare il padre come il maestro, perché per la misericordia del padre si ottiene questo corpo. Il padre è dunque il precettore naturale. La guida successiva è il maestro spirituale, che ci inizia al sapere assoluto, ed egli dev'essere adorato come Me. Il maestro spirituale può essere più di uno. Il precettore che istruisce il discepolo si chiama siksa-guru Tutt'e due Mi rappresentano. Molti maestri spirituali possono istruire uno stesso discepolo, ma uno solo deve iniziarlo. Chi sa avvantaggiarsi di queste guide e supera l'oceano dell'esistenza materiale dopo aver ricevuto da loro un'adeguata conoscenza, ha fatto buon uso della forma umana; capisce veramente che l'interesse finale dell'esistenza, raggiungibile soltanto nella forma umana, consiste nell'arrivare alla perfezione spirituale e così essere elevati al regno di Dio, alla nostra dimora originale.

"Caro amico, Io sono il Paramatma, l'Anima Suprema nel cuore di ciascuno, ed è Mia esplicita volontà che gli uomini osservino i princìpi del varnasrama-dharma. Come ho insegnato nella Bhagavad-gita, la società dev'essere divisa in quattro varna, secondo gli attributi e le attività di ciascuno. Similmente, ogni uomo deve dividere la propria vita in quattro fasi: la prima sarà dedicata agli studi, e in questa fase dovrà qualificarsi assimilando un'adeguata conoscenza, rispettando il voto di brahmacarya, votandosi completamente al servizio del maestro spirituale e rinunciando al piacere dei sensi, il brahmacari cioè deve condurre una vita di austerità e penitenza; la seconda fase è quella di grhastha, vita coniugale, che consente di godere in modo limitato dei piaceri di questo mondo; nessuno, però, deve passare all'interno della famiglia la terza fase in cui bisogna riprendere le austerità praticate nel brahmacarya e troncare gli attaccamenti alla vita familiare; poi, una volta liberi da questi legami materiali, si deve entrare nella quarta fase dell'esistenza, e accettare il sannyasa.

"Come Anima Suprema situata nel cuore di tutti gli esseri, Io osservo i loro atti in ogni fase della vita. In qualunque asrama si trovi, chi compie con sincerità e serietà i doveri assegnati dal maestro spirituale e dedica la vita a servire il suo maestro Mi diventa infinitamente caro. Quanto al brahmacarya, è un'ottima cosa se si può rimanere fedeli ad esso sotto la guida del maestro spirituale; ma se il brahmacari sente l'impulso sessuale deve congedarsi dal guru, dopo averlo soddisfatto esaudendo i suoi nobili desideri. Il costume vedico vuole che si offra al maestro spirituale un dono, il guru-daksina. In seguito, il discepolo accetterà la vita di famiglia, e prenderà una sposa secondo i riti religiosi."

Queste istruzioni date da Krishna durante la Sua conversazione col Suo amico, il brahmana erudito, sono preziose per l'umanità. Ogni società che non promuove l'istituzione dei varna e degli asrama è solo una società animale, per quanto sofisticata sia. L'appagamento dei desideri sessuali per un uomo e una donna non sposati non è accettabile nella società umana. Perciò l'uomo, o aderisce rigorosamente ai princìpi del brahmacarya, oppure, col permesso del maestro spirituale, si sposa. Il celibato che si macchia di rapporti sessuali non è altro che vita di animali, perché tra gli animali non esiste l'istituzione del matrimonio.

La società moderna non favorisce di certo il compimento della missione umana, che consiste nel tornare a Dio, la nostra dimora eterna. Per portare a termine questa missione dobbiamo attenerci con coscienza e rigore ai princìpi del varnasrama-dharma. Quando invece gli uomini modellano indirettamente la loro vita su questa istituzione, senza lasciarsi guidare da un'autorità spirituale, non fanno che seminare il disordine privando la società della pace e del benessere.

Sri Krishna proseguì: "Caro amico, ti ricorderai, penso, delle attività della nostra vita di studenti. Forse ti ricordi anche del giorno in cui andammo a raccogliere della legna per ordine della sposa del nostro guru. Raccogliendo la legna secca, c'inoltrammo nel bosco e ci perdemmo. Fummo sorpresi da un turbine di polvere, poi sopraggiunsero le nubi, i lampi e i tuoni fragorosi. Il sole tramontò, e noi ci trovammo sperduti nella foresta tenebrosa. Piogge torrenziali inondarono il terreno e fummo incapaci di ritrovare la strada dell'asrama. Ti ricorderai di quella pioggia violenta -più che una pioggia era un diluvio-, degli scrosci sferzanti e delle ventate di polvere che ci fecero soffrire tanto. Da qualunque parte di dirigessimo non facevamo che smarrirci di più. Disperati, ci prendemmo per mano cercando di ritrovare il cammino, e così passammo tutta la notte.

Il mattino dopo, di buon'ora, quando gurudeva seppe della nostra assenza, ci venne a cercare in compagnia di altri suoi discepoli, e quando ci trovarono, in mezzo alla foresta, eravamo immersi in una profonda angoscia. Animato da una grande compassione, gurudeva ci disse: 'Miei cari ragazzi, è meraviglioso che voi abbiate sopportato tanti disagi per me. L'uomo comune preferisce prendersi cura prima di tutto e soprattutto del proprio corpo, ma la fede e la bontà che avete per il vostro guru sono così grandi che vi siete presi tanta pena per lui, senza badare al vostro benessere personale. Grande è la mia gioia nel vedere che veri discepoli come voi sono pronti a tollerare ogni disagio per soddisfare il loro maestro spirituale. Così un discepolo qualificato ripaga il debito che ha verso il suo guru. E' suo dovere dedicare la vita al servizio del maestro spirituale. Cari discepoli, o migliori tra i nati-due-volte, la mia felicità non ha limite davanti alle vostre azioni, e la mia benedizione è su di voi. Possano tutti i vostri desideri e ambizioni essere soddisfatti! Possa il sapere dei Veda, che avete imparato da me, restare per sempre nella vostra memoria affinché in ogni istante possiate ricordarvi questi insegnamenti e citarli senza difficoltà! In questo modo non sarete mai delusi, né in questa vita né nella prossima."'

Sri Krishna continuò: "Mio caro amico, ti ricorderai forse che accaddero molti di questi fatti mentre stavamo all'asrama del nostro guru. Entrambi possiamo capire che senza le benedizioni del maestro spirituale nessuno può conoscere la felicità; solo con la sua misericordia e le sue benedizioni si può ottenere pace e prosperità, e si può portare a termine la missione della vita umana."

A queste parole il saggio brahmana rispose: "Caro Krishna, Tu sei il Signore Supremo, il maestro spirituale di tutti. Per aver avuto l'immensa fortuna di vivere in Tua compagnia, sotto il tetto del nostro guru, penso di non dover sottostare più a nessuno dei doveri prescritti dai Veda. O Signore, gli inni vedici, le cerimonie rituali, gli atti pii e ogni altra cosa richiesta per raggiungere la perfezione umana, compresa l'acquisizione di ricchezze, la soddisfazione dei sensi e la liberazione, tutto trae origine da una stessa fonte, la Tua Persona Sovrana. Tutti i vari modi d'esistenza non hanno altro scopo che far conoscere la Tua Persona, in altre parole tutti questi modi rappresentano le diverse parti della Tua forma trascendentale. Eppure, Tu giocasti il ruolo di un brahmacari e vivesti con noi nella casa del guru. Se hai compiuto questi divertimenti, è solo per il Tuo piacere, perché niente Ti avrebbe obbligato ad accettare la condizione di un essere-umano."

 

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sul settantanovesimo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "L'incontro di Sri Krishna e del brahmana Sudama".

 

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(1) Una varietà di riso piatto.

 

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