Il Libro di Krishna

 

CAPITOLO 87

 

La liberazione di Siva

 

 

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Grande devoto di Krishna, il re Pariksit aveva già raggiunto la liberazione, ma per chiarire alcuni argomenti rivolse varie domande a Sukadeva Gosvami. Nel capitolo precedente il re aveva chiesto qual è lo scopo ultimo dei Veda, e Sukadeva Gosvami aveva dato spiegazioni autorevoli ricevute dalla successione di maestri spirituali, che cominciando da Sanandana continuava con Narayana Rsi, Narada, Vyasadeva, e giungeva a Sukadeva stesso. La conclusione fu che il servizio devozionale, la bhakti, è lo scopo ultimo dei Veda. Il bhakta neofita potrebbe chiedersi: "Se lo scopo finale dell'esistenza, o la conclusione dei Veda, consiste nell'elevarsi al servizio di devozione, perché il devoto di Visnu non possiede di solito grandi ricchezze materiali, mentre il devoto di Siva è sempre molto ricco?" Per chiarire questo argomento, Pariksit Maharaja disse: "Caro Sukadeva Gosvami, succede di solito che le persone impegnate nell'adorazione di Siva -siano essi uomini o deva- godano di una grande opulenza materiale, benché Siva viva in povertà. D'altra parte, i devoti di Visnu, che è il Signore della dea della fortuna, non sembrano molto prosperi, anzi talvolta non possiedono alcuna ricchezza materiale. Siva vive sotto un albero o tra le nevi dell'Himalaya, e non si costruisce nemmeno una casa, eppure coloro che gli rendono culto sono molto ricchi. Krishna, o Visnu, invece, vive sempre in una grande opulenza, sia a Vaikuntha sia nel mondo materiale, ma i Suoi devoti sembrano vittime della povertà. Perché succede questo?"

La domanda di Pariksit Maharaja è molto intelligente. Queste due categorie di bhakta, i devoti di Siva e quelli di Visnu, sono sempre in disaccordo; ancora oggi si criticano a vicenda, e specialmente nell'India del Sud, i seguaci di Ramanujacarya e quelli di Sankaracarya tengono incontri occasionali per discutere la conclusione dei Veda. Di solito, i seguaci di Ramanujacarya escono vittoriosi da questi incontri. Pariksit Maharaja, con la sua domanda a Sukadeva Gosvami, voleva chiarire una situazione che appare strana e contraddittoria a ogni persona di buon senso: perché Siva vive in povertà sebbene i suoi devoti nuotino nel lusso, mentre Krishna o Visnu, che vive sempre nell'opulenza, lascia che i Suoi devoti vivano in povertà?

Sukadeva Gosvami spiegò al re Pariksit che Siva è il maestro dell'energia materiale. Quest'energia è rappresentata dalla dea Durga, che è la sposa di Siva. Poiché la dea Durga è completamente soggetta a Siva, è sottinteso che Siva ha il controllo sull'energia materiale. Quest'ultima si manifesta sotto tre aspetti, o guna. Sebbene egli sia a contatto con i tre guna per il beneficio delle anime condizionate, Siva ne rimane il maestro, e non cade mai sotto il loro influsso, a differenza delle anime condizionate.

Dagli insegnamenti di Sukadeva Gosvami possiamo capire che il risultato del culto offerto ai deva non è uguale a quello che si ottiene dall'adorazione di Sri Visnu, come pensano le persone di minore intelligenza. Sukadeva Gosvami afferma chiaramente che adorando Siva si ottiene un risultato, e adorando Visnu se ne ottiene un altro. La Bhagavad-gita lo conferma: coloro che offrono culto ai deva otterranno quei risultati che i deva sono in grado di concedere, coloro che votano la loro adorazione alla natura materiale otterranno una ricompensa adeguata, e così sarà per coloro che venerano i pita. Ma le persone che s'impegnano nel servizio di devozione e adorano il Signore Supremo, Visnu o Krishna, vanno sui pianeti Vaikuntha o su Krishnaloka. Nessuno può avvicinare il regno spirituale, il paravyoma, rendendo culto a Siva, a Brahma o a qualche altro deva.

Poiché il mondo materiale è un prodotto dei tre guna, tutte le sue varie manifestazioni, comprese le macchine e le comodità che la scienza materialistica ha fornito alla società moderna, derivano dall'interazione dei tre guna. I devoti di Siva possono acquisire molti beni materiali , ma non bisogna dimenticare che stanno solo raccogliendo i prodotti fabbricati dai tre guna. I tre guna si suddividono in sedici parti, che sono una loro estensione: i dieci organi di senso (cinque d'azione e cinque di percezione), la mente e i cinque elementi grossolani (terra, acqua, fuoco, aria, etere). Questi sedici elementi sono estensioni dei guna. La felicità o la ricchezza materiale consiste nel godimento dei sensi, in particolare dei genitali, della lingua e della mente. Facendo lavorare la mente possiamo creare molte cose piacevoli per il godimento dei genitali e della lingua. L'opulenza di una persona nel mondo materiale si misura secondo l'esercizio dei genitali e della lingua, o in altre parole secondo l'abilità con cui riesce ad usare la sua capacità sessuale o a soddisfare i capricci della lingua con le migliori ghiottonerie. Il progresso materiale della società rende necessaria la creazione di oggetti di piacere attraverso l'elaborazione mentale per offrire una felicità basata sul piacere dei genitali e della lingua. Questa fu la risposta di Sukadeva Gosvami a Pariksit Maharaja, che voleva sapere perché gli adoratori di Siva sono pieni di ricchezze.

I devoti di Siva sono ricchi solo a livello materiale. In realtà, tale presunto progresso della società non è altro che la causa di un ulteriore imprigionamento nell'esistenza materiale, perciò non si può definire progresso bensì degradazione. In conclusione, poiché Siva è il maestro dei tre guna, i suoi devoti ricevono, per il piacere dei loro sensi, i prodotti dell'interazione dei tre guna. Nella Bhagavad-gita, invece, Sri Krishna insegna che bisogna trascendere l'esistenza soggetta ai guna. Naistragunya bhavarjuna: la missione della vita umana è quella di elevarsi al di là dei tre guna. Se non si diventa naistragunya è impossibile liberarsi dalle catene della materia, perciò i favori che Siva concede non sono veri benefici per l'anima condizionata, anche se sembra che portino l'opulenza.

Sukadeva Gosvami continuò: "Dio la Persona Suprema, Sri Hari, trascende i tre guna della natura materiale." Chiunque si abbandoni a Lui -afferma la Bhagavad-gita- si sottrae al controllo dei guna; e se i devoti di Hari non sono soggetti ai tre guna; e se i devoti di Hari non sono soggetti ai tre guna, sicuramente anche Hari sarà libero dal loro influsso. Lo Srimad-Bhagavatam afferma dunque che Hari, o Krishna, è la Persona Suprema e originale. Esistono due tipi di prakrti o energie, quella interna e quella esterna, e Krishna è il maestro di entrambe. Egli è sarva-drk, o Colui che controlla tutti i movimenti dell'energia interna e di quella esterna, ed è upadrasta, il consigliere supremo. Come consigliere supremo Egli è superiore a tutti i deva, che si limitano a seguire le Sue direttive. Così, chi segue direttamente le istruzioni del Signore Supremo, contenute nella Bhagavad-gita e nello Srimad-Bhagavatam, diventa a poco poco nirguna, cioè si eleva al di sopra dell'azione dei tre guna. Essere nirguna significa essere privi di opulenze materiali perché, come abbiamo spiegato, l'opulenza materiale implica un aumento delle azioni dei guna delle loro conseguenze. Adorando Dio, invece, non diventiamo orgogliosi delle nostre opulenze, ma ci arricchiamo di progresso spirituale nella coscienza di Krishna. Diventare nirguna significa raggiungere la pace perfetta, la mancanza di paura, la pietà, il sapere e la rinuncia, tutte caratteristiche, queste, di colui che si è liberato dalla contaminazione dei tre guna.

Nel rispondere alla domanda di Maharaja Pariksit, Sukadeva Gosvami citò anche un esempio storico, quello del re Yudhisthira, il nonno di Maharaja Pariksit. Egli rivelò che al termine dell'asvameda-yajña, nella grande arena del sacrificio, in presenza di grandi autorità in campo spirituale, il re Yudhisthira s'informò sullo stesso argomento: come si spiega che i devoti di Siva sono molto ricchi mentre i devoti di Visnu non lo sono? Sukadeva Gosvami parlò a Maharaja Pariksit del re Yudhisthira come di suo sonno affinché il re si sentisse incoraggiato al pensiero della sua relazione con Krishna e dell'intimo legame che univa i suoi nonni a Dio, la Persona Suprema.

Sebbene Krishna sia sempre molto soddisfatto per natura, fu ancora più soddisfatto quando udì la domanda di Maharaja Yudhisthira, perché queste domande e le loro risposte contengono un grande significato per tutte le persone coscienti di Krishna. Ogni volta che Sri Krishna parla a un Suo devoto, le parole non sono dirette solo a quel devoto, ma a tuta l'umanità. Gli insegnamenti di Dio, la Persona Suprema, sono importanti perfino per i deva, con Brahma e Siva a capo, e colui che non trae vantaggio dalle istruzioni del Signore, che discende in questo mondo per il bene di tutti gli esseri viventi, è certamente molto sfortunato.

Sri Krishna rispose così a Maharaja Yudhisthira: "Quando voglio mostrare il Mio favore a un devoto e voglio prenderMi particolarmente cura di lui, per prima cosa gli tolgo le sue ricchezze." Quando il bhakta diventa un povero squattrinato, o è messo in una situazione di relativa povertà, i parenti e i familiari non s'interessano più a lui, e il più delle volte rompono ogni legame con lui. Il bhakta diventa allora doppiamente infelice: prima perché tutti i suoi beni gli sono stati tolti, e poi perché i suoi parenti l'hanno abbandonato c causa della sua povertà. Si deve notare, però, che la condizione di povertà del devoto non è dovuta ai suoi atti peccaminosi passati, detti karma-phala, ma è creata da Dio stesso, la Persona Suprema. Questo vale anche per un bhakta che diventa ricco: la sua condizione non è il frutto dei suoi atti pii. In un caso come nell'altro, la ricchezza o la povertà del bhakta sono volute da Dio, la Persona Suprema, che desidera aiutarlo a dipendere completamente da Lui e a liberarsi da ogni obbligo materiale.

Il bhakta potrà allora concentrare tutte le sue energie, il suo corpo e la sua mente -tutto- nel servizio al Signore, ed è questo il puro servizio di devozione. Il Narada-pañcaratra spiega dunque che il bhakta èsarvopadhi-vinirmuktam, cioè "libero da ogni designazione." Tutte le attività che l'uomo svolge per la famiglia, la società, la comunità, la nazione o l'umanità, sono soggette a designazioni: "appartengo a questa società", "appartengo a questa comunità", "appartengo a questa nazione", "appartengo a questa specie vivente". Queste identità sono semplici etichette, e quando il bhakta se ne libera per la grazia del Signore, il suo servizio diventa veramente naiskarma. I jñani sono molto attratti dalla condizione di naiskarma, in cui le azioni non portano più conseguenze materiali. Quando le azioni del bhakta sono libere dalle conseguenze non rientrano più nella categoria delle attività interessate, o karma-phala. Come spiegavano i Veda personificati, la felicità e il dolore del bhakta sono prodotti da Dio, la Persona Suprema, per il beneficio del Suo devoto, perciò il bhakta non si preoccupa molto della condizione di felicità o di sofferenza in cui si trova, ma continua a compiere il suo dovere nel servizio di devozione. Sebbene il suo comportamento sembri soggetto agli atti interessati e alle loro conseguenze, in realtà il bhakta ne è libero.

Ma perché Dio, la Persona Suprema, mette il Suo devoto in queste difficoltà? Si può dire che questo atto del Signore è un po' come quello di un padre che talvolta si mostra duro con i figli. Il bhakta è un'anima sottomessa al Signore, che Si prende cura di lui, perciò quando si trova in una condizione di felicità o di sofferenza, è sottinteso che dietro questa situazione c'è il grande piano di Dio, la Persona Suprema. I Pandava, per esempio, furono mesi da Krishna in condizioni così penose che neppure l'anziano Bhisma riusciva a capirne la causa. Bhisma si rammaricava del fatto che la sua famiglia dei Pandava dovesse subire tante disgrazie sebbene fosse guidata da Yudhisthira, il re più virtuoso, e fosse protetta da due grandi guerrieri come Bhima e Arjuna, e soprattutto fosse unita a Krishna da intimi legami di amicizia e di parentela. In seguito, però, si vide che si trattava di un piano di Dio, la Persona Suprema, nella Sua grande missione di annientare i miscredenti e proteggere i bhakta.

A questo punto può sorgere un'altra domanda: se il bhakta si trova in condizioni felici o penose per volontà di Dio, la Persona Suprema, e l'uomo comune si trova in condizioni simili a causa dei suoi atti passati, qual è la differenza tra i due? La risposta è che il karmi o l'uomo comune, e il bhakta non sono allo stesso livello. In qualunque situazione si trovi, il karmi continua a rimanere nel ciclo di morti e rinascite perché il seme del karma, dell'attività interessata, è sempre presente in lui e fruttifica non appena se ne presenta l'occasione. Per la legge del karma, l'uomo comune è sempre prigioniero del ciclo di morti e rinascite, mentre per il bhakta la sofferenza e la felicità non sono causa d'incatenamento al mondo materiale perché non dipendono dalle leggi del karma; esse fanno parte di una situazionetransitoria voluta dal Signore per uno scopo che è temporaneo. Se un karmi compie atti virtuosi sarà elevato ai pianeti celesti, e se agisce in modo empio sarà gettato in una condizione infernale; il bhakta, invece, anche se sembra agire in modo virtuoso o empio, non viene elevato né degradato, ma è trasferito nel regno spirituale.

Perciò la felicità e la sofferenza del bhakta e quella del karmi non sono sullo stesso piano. Lo conferma anche un discorso di Yamaraja ai suoi servitori a proposito della liberazione di Ajamila. Yamaraja avvertì le sue guardie di avvicinarsi solo a coloro che non avevano mai pronunciato il santo nome del Signore, e non avevano mai ricordato la Sua forma, i Suoi attributi e i Suoi divertimenti. Li avvertì anche di non avvicinarsi mai ai bhakta, ma di offrire loro rispettosi omaggi ogniqualvolta li avessero incontrati. Non c'è possibilità dunque, che un bhakta sia elevato o degradato nell'ambito di questo mondo materiale. Come c'é un'enorme differenza tra la punizione della madre e quella del nemico, così la sofferenza del bhakta non è mai della stessa natura di quella di un uomo comune.

Potrebbe sorgere qui un'altra domanda ancora: se Dio è onnipotente, perché dovrebbe cercare di istruire il Suo devoto mettendolo in situazioni difficili? La risposta è che quando Dio, la Persona Suprema, mette il Suo devoto in difficoltà, non è senza una ragione. Talvolta la ragione è che la sofferenza aumenta nel bhakta l'attaccamento per Krishna. Per esempio, quando Krishna stava per lasciare la capitale dei Pandava e chiese il permesso di partire per tornare a Dvaraka, Kuntidevi disse: "Mio caro Krishna, Tu sei sempre vicino a noi nella sofferenza, ma ora che siamo elevati alla posizione regale, ci lasci. Preferirei dunque vivere sempre nella sofferenza piuttosto che perderTi."Quando il bhakta si trova in una situazione difficile, le sue attività devozionali aumentano; perciò, per mostrare un favore speciale al Suo devoto, il Signore lo pone talvolta in situazioni difficili. Inoltre si dice che la dolcezza della felicità sia più soave ancora per chi ha assaggiato l'amarezza. Il Signore Supremo scende nel mondo materiale proprio per proteggere i suoi devoti che si trovano in difficoltà; in altre parole, Egli non scenderebbe se i devoti non fossero in difficoltà, perché la distruzione degli asura o miscredenti può essere facilmente compiuta dalle Sue diverse energie (per esempio, molti asura sono uccisi dalla Sua energia esterna, la dea Durga). Il Signore non ha bisogno di venire personalmente per uccidere questi asura, ma è per Lui un dovere venire quando il Suo devoto è in pericolo. Sri Nrsimhadeva apparve in questo mondo non per uccidere Hiranyakasipu, ma per vedere Prahlada e coprirlo di benedizioni. Poiché Prahhlada Maharaja era stato messo in grandi difficoltà, il Signore apparve.

Dopo una notte di dense tenebre il sorgere del sole è molto gradito. Quando si abbatte un caldo torrido l'acqua fresca è un piacere. E quando d'inverno il freddo si fa pungente l'acqua calda è un grande conforto. Similmente, quando il bhakta, dopo aver conosciuto la condizione del mondo materiale, gusta la felicità spirituale ricevuta dal Signore, la sua situazione diventa ancora più piacevole e attraente.

Il Signore continuò: "Quando il Mio devoto è privato di tutti i beni materiali, quando la famiglia, i parenti e gli amici lo abbandonano, e nessuno più si prende cura di lui, allora si rifugia completamente ai piedi di loto del Signore." A questo proposito Srila Narottama Dasa Thakura prega: "Caro Sri Krishna, figlio di Nanda Maharaja, ora sei qui davanti a me, insieme a Srimati Radharani, la figlia del re Vrsabhanu. Mi abbandono a Te. Ti prego, accettami. Non respingermi. Non ho altro rifugio che Te."

Quando il bhakta si trova così in condizioni apparentemente miserabili, senza beni e senza famiglia, cerca di riguadagnare la sua ricchezza materiale, ma nonostante i suoi ripetuti sforzi, Krishna continua a portargli via tutte le sue risorse. Alla fine rimane deluso dalle attività materiali, e in questo stato di frustrazione può abbandonarsi completamente a Dio, la Persona Suprema. Il Signore, dall'interno, gli consiglia allora di ricercare la compagnia dei bhakta, perché insieme a loro può sviluppare la sua tendenza a servire Dio, la Persona Suprema, che gli prodiga subito ogni facilitazione per avanzare nella coscienza di Krishna. Gli abhakta, invece, stanno molto attenti a mantenere le loro condizioni materiali di vita; perciò di solito non sono interessati ad adorare Dio, la Persona Suprema; preferiscono offrire il loro culto a Siva o ad altri deva per ottenere un beneficio materiale immediato. La Bhagavad-gita afferma: kanksantah karmanam siddhim yajanta iha devatah, i karmi rendono culto ai deva per ottenere il successo in questo mondo materiale. Sri Krishna aggiunge che coloro che adorano i deva non hanno un'intelligenza matura, perciò i bhakta, grazie al loro forte attaccamento al Signore, non commettono la sciocchezza di rivolgersi ai deva.

Sri Krishna disse al re Yudhisthira: "Il Mio devoto non si lascia scoraggiare dalle avversità della vita, ma rimane sempre fisso e costante nel suo sforzo, perciò Io dò a lui affinché possa raggiungere il più grande successo della vita." La misericordia che la Persona Suprema fa scendere sul bhakta che è colpito dalla sventura è definita brahman, perché la sua grandezza può essere paragonata solo alla grandezza che pervade ogni cosa. Il brahman è la grandezza senza limite che cresce e si espande all'infinito. Questa misericordia è definita anche parama, perché non ha paragoni in questo mondo, e suksmam, cioè "molto fine". Infatti, la misericordia del Signore sul bhakta che è in difficoltà non solo è grande e senza limiti, ma rappresenta anche una della qualità più fini dell'amore spirituale che il devoto e il Signore si scambiano tra loro. Questa misericordia è descritta anche col termine cinmatram, cioè "completamente spirituale". L'uso del termine matram indica una spiritualità assoluta, libera da ogni traccia dei guna. Questa misericordia è anche sat, e cioè eterna, e anantakam, "illimitata". Beneficiario di un simile vantaggio spirituale, perché il devoto del Signore andrebbe a offrire la sua adorazione ai deva? Il devoto di Krishna non adora né Siva né Brahma né qualche altro deva inferiore, ma si dedica completamente al servizio d'amore a Dio, la Persona Suprema.

Sukadeva Gosvami continuò: "I deva, che sono diretti da Brahma e Siva, e comprendono Indra, Candra, Varuna e molti altri ancora, hanno la tendenza a diventare subito soddisfatti, ma anche subito irritati, dal comportamento buono o cattivo dei loro devoti. Ma non è questo il caso della Persona Suprema, Sri Visnu." Ciò significa che ogni essere che vive nel mondo materiale, compresi i deva, è guidato dai tre guna, e soprattutto dalla passione e dall'ignoranza, che predominano in questo mondo. Le persone che cercano l'adorazione dei deva sono anch'esse contaminate dai guna, specialmente dalla passione e dall'ignoranza. Sri Krishna ha dunque affermato nella Bhagavad-gita che accettare le benedizioni dei deva è il sintomo di un'intelligenza inferiore, perché esse portano solo frutti effimeri. E' facile ottenere beni materiali adorando i deva, ma talvolta i risultati si rivelano disastrosi. Perciò le benedizioni dei deva sono apprezzate soltanto dagli uomini meno intelligenti. Le persone che ottengono queste benedizioni diventano sempre più orgogliose della loro opulenza materiale e si dimenticano dei loro stessi benefattori.

Sukadeva Gosvami si rivolse al re Pariksit con queste parole: "Caro re, Brahma, Visnu e Siva, i tre grandi della creazione materiale, hanno il potere di benedire o maledire chiunque. In particolare, Brahma e Siva sono molto facilmente soddisfatti, ma altrettanto facilmente irritabili. E se nel primo caso distribuiscono le loro benedizioni in modo sconsiderato, nel secondo caso sono pronti a maledire con altrettante sconsideratezza. Sri Visnu, invece, è molto riflessivo. Ogni volta che un bhakta desidera ottenere qualcosa da Lui, considera prima di tutto se tale benedizione si risolverà in bene per il suo devoto. Egli non concede mai una benedizione che potrà rivelarsi dannosa per il bhakta. La Sua natura trascendentaleLo porta a essere sempre misericordioso, perciò, prima di offrire qualsiasi benedizione, Visnu Si assicura che essa vada veramente a beneficio del bhakta. Poiché Dio, la Persona Suprema, mostra sempre la Sua misericordia, tutti i Suoi atti sono di buon augurio, anche quando si tratta dell'uccisione di un asura o della collera mostrata a un bhakta. Il Signore Supremo è conosciuto dunque come il bene supremo. Qualsiasi cosa faccia è per il bene di tutti.

Ecco un episodio storico che raccontano i grandi saggi e che illustra bene la natura delle benedizioni concesse dai deva, tra cui Siva. Una volta, Siva, dopo aver dato una benedizione al demoniaco Vrkasura, figlio di Sakuni, venne a trovarsi in una situazione molto pericolosa. Vrkasura voleva una benedizione e cercava di decidere se dovesse rivolgersi a Brahma, a Visnu o a Siva per ottenerla. Proprio allora gli capitò di incontrare Narada Muni. e si consultò con lui per sapere chi dovesse avvicinare per ottenere rapidamente i frutti della sua austerità. Egli chiese: "Tra Brahma, Visnu e Siva , chi è più facilmente soddisfatto?" Narada capì il piano dell'asura e lo consigliò così: "E' meglio se offri il tuo culto a Siva, così sarai subito ricompensato. E' molto facile soddisfare Siva, ma anche molto facile irritarlo. Cerca dunque di soddisfare lui." Narada citò gli esempi di Ravana e di Banasura, che avevano ottenuto grandi opulenze solo per aver soddisfatto Siva con le loro preghiere. Conoscendo il carattere di Vrkasura, il grande saggio Narada non gli consigliò di avvicinare Visnu o Brahma. Le persone come Vrkasura, immerse nell'ignoranza, non possono dedicarsi con costanza all'adorazione di Visnu.

Ricevute le istruzioni di Narada, Vrkasura andò a Kedaranatha, luogo di pellegrinaggio che esiste ancora oggi, vicino al Kasmhir. Questo luogo è quasi sempre coperto dalla neve, ma durante il mese di luglio è possibile vedervi la murti di Siva e i fedeli si recano là per offrirle i loro omaggi. Kedaranatha è un luogo riservato ai devoti di Siva. Secondo i princìpi vedici, quando si vuole offrire del cibo a una murti, si deve offrirlo nel fuoco, perciò un sacrificio del fuoco è necessario per tutti i tipi di cerimonie. Gli sastra vedici affermano in modo specifico che bisogna offrire il cibo ai deva attraverso il fuoco.

Giunto a Kedaranatha, Vrkasura accese un fuoco sacrificale in onore di Siva e cominciò a offrire in esso la propria carne, tagliandola dal proprio corpo, per soddisfare Siva. Ecco un esempio di adorazione nell'ignoranza. La Bhagavad-gita menziona diversi tipi di sacrifici, alcuni sotto l'influsso della virtù, altri della passione e altri ancora dell'ignoranza. Esistono varie forme di tapasya, di austerità e di adorazione, perché esistono vari tipi di persone nel mondo, ma il tapasya ultimo, la coscienza di Krishna, costituisce lo yoga più sublime e il sacrificio più elevato. Come conferma la Bhagavad-gita, lo yoga supremo è pensare sempre a Krishna nel proprio cuore, e il sacrificio supremo è compiere il sankirtana-yajña.

Nella Bhagavad-gita è affermato che gli adoratori dei deva hanno perso la loro intelligenza. Come sarà rivelato in seguito in questo capitolo, Vrkasura voleva soddisfare Siva per uno scopo materialistico di infimo ordine, effimero e privo di un vero beneficio. Gli asura e gli uomini avvolti dall'ignoranza sono sempre pronti ad accettare simili benedizioni dai deva. Al contrario di questo sacrificio compiuto nell'ignoranza, il metodo dell'arcana-viddhi per adorare SriVisnu, o Krishna, è molto semplice. Krishna dice nella Bhagavad-gita che accetta dal Suo devoto anche un piccolo frutto, un fiore, un po' d'acqua, tutte cose che chiunque, povero o ricco che sia, può procurarsi. Naturalmente le persone ricche non devono limitarsi a offrire al Signore solo un po' d'acqua, un piccolo frutto o una fogliolina. Un ricco deve offrire secondo la sua condizione, ma se il bhakta è molto povero il Signore accetterà da lui anche l'offerta più modesta. L'adorazione di Visnu o Krishna è molto semplice e può essere compiuta da chiunque in questo mondo, mentre l'adorazione che è sotto l'influsso dell'ignoranza, come quella di Vrkasura, non solo è molto difficile e dolorosa, ma è anche una perdita di tempo. Perciò la Bhagavad-gita afferma che gli adoratori dei deva sono privi d'intelligenza; il loro metodo è molto difficile e i frutti ottenuti sono incerti ed effimeri.

Vrkasura continuò il suo sacrificio per sei giorni, ma non riuscì a raggiungere il suo scopo, che era quello di vedere Siva in persona per chiedergli una benedizione. Ecco un'altra differenza tra il bhakta e l'asura: il primo ha fiducia che l'offerta presentata alla murti in uno spirito devozionale sia accettata dal Signore, mentre l'asura vuole vedere a tu per tu il deva a cui offre il suo culto per poter ricevere direttamente la benedizione voluta. Il bhakta, inoltre, non adora Visnu o Krishna per ottenere qualcosa in cambio, perciò è chiamato akama, libero da ogni desiderio; l'abhakta, invece, è detto sarvakama, pieno di ogni desiderio.

Il settimo giorno, Vrkasura decise di tagliarsi la testa e offrirla in sacrificio per soddisfare Siva. Andò quindi a fare il bagno in un lago vicino, e senza asciugarsi il corpo e i capelli si preparò a tagliarsi la testa. Secondo il sistema vedico, un animale destinato a essere offerto in sacrificio deve prima essere immerso nell'acqua, poi sacrificato mentre è ancora bagnato. Vedendo l'asura che stava per sacrificare la propria testa, Siva si sentì invadere da una grande compassione. La compassione è un sintomo della virtù. Siva è chiamato trilinga, perciò questa manifestazione della sua natura compassionevole è un segno della sua virtù. Questa compassione nacque in lui quando vide che l'asura offriva la propria carne nel fuoco del sacrificio; questa è una compassione naturale, che si trova in ogni essere. Anche un uomo comune si sentirà in dovere di salvare una persona che sta per togliersi la vita, e lo farà spontaneamente, senza che ci sia bisogno di lanciargli un appello. Perciò il fatto che Siva fosse apparso da fuoco per impedire all'asura di uccidersi non è il segno di un particolare favore nei suoi confronti.

L'asura fu salvato dal tocco di Siva; le sue ferite guarirono immediatamente, e il suo corpo tornò a essere come prima. Quindi Siva si rivolse a lui con queste parole: "Caro Vrkasura, non c'è bisogno che ti tagli la testa. Puoi chiedermi tutte le benedizioni che desideri e io te le concederò. Non capisco perché volevi tagliarti la testa per soddisfarmi quando mi basta l'offerta di un po' d'acqua." In realtà, secondo il sistema vedico, il Siva-linga e la murti di Siva nel tempio sono adorati con la semplice offerta di un po' d'acqua del Gange, perché si dice che Siva sia molto soddisfatto quando l'acqua del Gange viene versata sul suo corpo. Di solito, i suoi devoti gli offrono acqua del Gange, foglie dell'albero bilva e i frutti di questo stesso albero, cose particolarmente adatte all'adorazione di Siva e della dea Durga. Siva assicurò Vrkasura di essere soddisfatto di un'adorazione molto semplice; perché dunque tentare di tagliarsi la testa e sottoporsi a tante sofferenze facendo a pezzi il proprio corpo per offrirlo poi nel fuoco? Non c'è alcun bisogno di simili austerità. Comunque, per compassione e simpatia, Siva era pronto a concedergli qualunque benedizione desiderasse.

Messo di fronte a questa possibilità, l'asura scelse una benedizione spaventosa e abominevole: chiese a Siva il potere di far esplodere la testa di qualunque persona appena l'avesse toccata con la mano, provocando così la sua morte. Vrkasura era un grande peccatore, e tali persone ignorano quale benedizione chiedere alla murti. Gli esseri demoniaci sono descritti nella Bhagavad-gita come duskrtina, "miscredenti". La parola krti significa "molto meritevole", ma quando è unita al prefisso dus, prende il significato di "abominevole". Invece di sottomettersi a Dio, la Persona Suprema, i duskrtina adorano vari deva per ottenere abominevoli poteri materiali. Talvolta questi asura, scienziati materialisti, scoprono armi letali; così, invece di mostrare le loro capacità scoprendo qualcosa che salvi l'uomo dalla morte, inventano armi che affrettano il processo della morte. Poiché Siva è così potente da poter concedere qualunque benedizione, l'asura avrebbe potuto chiedergli qualcosa di benefico per l'umanità, invece per interesse personale chiese il potere di uccidere qualunque persona toccandole la testa.

Siva capì le intenzioni dell'asura, e si dispiacque molto di avergli promesso una benedizione di sua scelta. Non poteva ritirare la sua promessa, ma in cuor suo si sentiva molto triste di dover offrire una benedizione così pericolosa per l'umanità. Gli esseri demoniaci sono detti duskrtina, "miscredenti", perché usano le capacità e l'intelligenza di cui sono dotati in attività abominevoli. Talvolta, per esempio, gli asura scoprono armi letali. La ricerca scientifica che conduce a tali scoperte richiede certamente un grande cervello; ma invece di usare questo cervello per produrre qualcosa di benefico per la società umana, gli asura inventano nuovi metodi per accelerare la morte, che è già sicura per tutti. Così fece Vrkasura, che invece di implorare Siva per un potere benefico alla società umana gli chiese una benedizione molto pericolosa, e Siva ne fu molto rattristato. I devoti del Signore, la persona Suprema non chiedono mai benedizioni a Visnu o a Krishna; e anche se Gli chiedono qualcosa, non è mai niente di pericoloso per la società umana. Questa è la differenza tra gli asura e i bhakta, tra gli adoratori di Siva e gli adoratori di Visnu.

Mentre raccontava la storia di Vrkasura, Sukadeva Gosvami chiamò Maharaja Pariksit col nome di Bharata, alludendo alla sua nascita in una famiglia di bhakta. Maharaja Pariksit era stato salvato da Krishna mentre si trovava ancora nel grembo materno, perciò avrebbe potuto chiedere al Signore di salvarlo anche dalla maledizione del Brahmana, eppure non lo fece. Vrkasura, invece, voleva diventare immortale uccidendo tutti col tocco della sua mano. Siva capiva le intenzioni dell'asura, ma poiché era legato dalla sua promessa, dovette concedergli la benedizione richiesta.

L'asura, tuttavia, corrotto com'era, decise subito di usare questa benedizione per uccidere Siva e rapire Gauri(¹) allo scopo di godere di lei. Decise dunque di mettere la mano sulla testa di Siva. Questi si trovò così in una situazione molto pericolosa a causa di quella benedizione che lui stesso aveva accordato all'asura. Ecco un altro esempio di come il materialista abusa del potere che riceve dai deva.

Senza pensarci due volte, Vrkasura si avvicina a Siva per toccargli la testa. Siva è atterrito; tremando per lo spavento, si dà alla fuga, e dalla terra scappa nel cielo, dal cielo scappa su altri pianeti e così via, finché raggiunge i confini dell'universo, oltre i sistemi planetari superiori. Siva scappa da un luogo all'altro, ma Vrkasura lo segue sempre. I deva-maestri dei vari pianeti, come Brahma, Indra e Candra, non sanno trovare il modo di sottrarre Siva al pericolo che lo minaccia. Ovunque passi Siva, tutti rimangono silenziosi.

Alla fine, Siva andò da Sri Visnu, che abita in questo universo sul pianeta chiamato Svetadvipa è un pianeta Vaikuntha situato nell'universo materiale, ma non è soggetto all'influsso dell'energia esterna. Sri Visnu nel Suo aspetto onnipresente è in ogni luogo, ma là dove Si trova in persona regna l'atmosfera Vaikuntha. La Bhagavad-gita afferma che il Signore è situato nel cuore di ogni essere; Egli Si trova dunque nel cuore di molti esseri di bassa nascita, ma ciò non significa che Egli sia di bassa nascita. Ovunque il Signore Si trovi, quel luogo si trasforma in Vaikuntha. Anche il pianeta Svetadvipa, situato nell'universo materiale, è un pianeta Vaikuntha. Gli sastra affermano che vivere nella foresta è proprio della virtù; vivere in grandi città, paesi e villaggi è proprio della passione; e vivere in un luogo dove predominano i quattro princìpi della vita peccaminosa -sesso illecito, intossicanti, consumo di carne e speculazione- è proprio dell'ignoranza. Ma la vita in un tempio di Visnu, il Signore Supremo, appartiene a Vaikuntha. Non importa dove il tempio è situato; il tempio stesso, ovunque si trovi, è Vaikuntha. Anche il pianeta Svetadvipa, sebbene si trovi nell'universo materiale, appartiene a Vaikuntha.

Siva arrivò infine a Svetadvipa Vaikuntha. Là vivono i grandi santi che sono completamente liberi dall'invidia propria del mondo materiale e hanno superato i quattro princìpi che sono alla base delle attività materiali, cioè la religiosità, lo sviluppo economico, il piacere dei sensi e la liberazione. Chiunque entri in questo pianeta Vaikuntha non torna più nel mondo materiale. Quando Narayana, che è famoso per l'amore che nutre verso i Suoi devoti, capì che Siva era in grave pericolo prese la forma di un brahmacari e Si avvicinò a lui per riceverlo personalmente. Il Signore aveva l'aspetto di un vero brahmacari, con una cintura in vita, il filo sacro sulla spalla, il vestito di pelle di daino, il bastone del brahmacari e il rosario di raudra. (²) Così vestito, Narayana Si presentò davanti a Siva, e lo splendore che emanava dal Suo corpo affascinò non solo Siva ma anche Vrkasura.

Per conquistare la simpatia e l'attenzione di Vrkasura, Narayana gli offrì i Suoi omaggi, poi, per trattenerlo gli parlò così: "Caro figlio di Sakuni, sembri molto stanco, come se venissi da un luogo molto lontano. Qual è il tuo scopo? Perché sei venuto fin qui? Ti vedo allo stremo delle forze; ti prego, riposati un po'. Non dovresti affaticare il tuo corpo senza ragione; tutti tengono in grande considerazione il proprio corpo perché solo con esso si possono soddisfare i desideri della mente. Non dovremmo dunque procurare difficoltà inutili a questo corpo."

Il brahmacari Si era rivolto a Vrkasura chiamandolo figlio di Sakuni per fargli credere che suo padre, Sakuni, lo conoscesse. L'asura lo considerò dunque un conoscente della sua famiglia, e si sentì attratto dalle parole amichevoli del brahmacari. Prima ancora che l'asura potesse rispondere che non aveva tempo di riposarsi, il Signore cominciò a parlargli dell'importanza del corpo, e l'asura ne fu convinto. Tutti gli uomini, ma soprattutto gli asura, considerano il corpo come qualcosa di molto importante, così anche Vrkasura fu convinto dell'importanza del proprio corpo.

Poi, per tranquillizzare l'asura, il brahmacari gli fece questa proposta: "Mio signore, se pensi di poterMi rivelare la missione per la quale ti sei preso il disturbo di venire fin qui, forse potrò aiutarti a raggiungere facilmente il tuo scopo." Indirettamente, il Signore lo informava che essendo il Brahman Supremo, Egli avrebbe potuto rimediare alla difficile situazione creata da Siva.

Rassicurato dalle dolci parole del brahmacari, che era Narayana stesso, Vrkasura finì col rivelarGli tutto ciò che era successo a proposito della benedizione offerta da Siva. E il Signore gli rispose con queste parole: "Non posso credere che Siva ti abbia veramente concesso una similebenedizione! Per quanto ne so, Siva non è del tutto sano di mente. Ha litigato col suocero, Daksa, che lo ha condannato con una maledizione a diventare un pisaca, (³) ed è diventato così il capo dei fantasmi e degli spiriti. Non Mi fido affatto delle sue parole. Ma se tu, caro re degli asura, hai ancora fiducia nelle parole di Siva, perché non fai un esperimento toccandoti la testa con la mano? Se la benedizione è falsa, potrai uccidere subito questo impostore di Siva, così in futuro non oserà più offrire benedizioni false."

Per l'influsso delle dolci parole di Narayana e sotto l'azione della Sua energia d'illusione superiore, l'asura rimase confuso, dimenticò il potere di Siva e la sua benedizione e si fece convincere facilmente a mettere la mano sulla propria testa. Fu un attimo, la testa esplose come colpita da un fulmine, ed egli morì sul colpo. Alla morte di Vrkasura, tutti gli abitanti dei sistemi planetari superiori -i deva, i pita, i Gandharva e gli abitanti di Janaloka- presero a gettare piogge di fiori su Narayana, Dio, la Persona Suprema, glorificandolo con lodi e ringraziamenti, e offrendoGli i loro rispettosi omaggi.

Fu così che Sri Visnu nella forma di un brahmacari, liberò Siva dall'imminente pericolo e salvò la situazione. Narayana informò Siva che Vrkasura era stato ucciso come conseguenza dei suoi atti peccaminosi, specialmente della sua offesa più grave, quella di aver voluto sperimentare la propria potenza su Siva, che era il suo maestro. Quindi Narayana disse a Siva: "Caro signore, una persona che commette un'offesa nei confronti di una grande anima non può sopravvivere; è annientato dai suoi stessi peccati, come dimostra la sorte di questo essere demoniaco, che ha commesso contro di te un'offesa così grave."

Per la grazia di Dio, la Persona Suprema, Narayana, che trascende i guna, Siva scambiò a un asura che voleva ucciderlo. Chiunque ascolti questo racconto con fede e devozione sarà liberato dalle reti della matria e dalle mani dei suoi nemici.

 

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sull'ottantasettesimo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "La liberazione di Siva."

 

_______________

(1) Altro nome di Parvati, la sposa di Siva.

(2) Il rosario di raudra è differente da quello di tulasi, e viene usato dai devoti di Siva.

(3) Specie di fantasma.

 

 

 

 

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