Il Libro di Krishna

 

CAPITOLO 88

 

L'eccezionale potere di Krishna

 

 

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Molto tempo fa, sulla riva del fiume Sarasvati, si tenne un'assemblea di illustri saggi dove fu compiuto il grande sacrificio satayajna. In queste assemblee, i saggi presenti discutono per lo più sui Veda e su argomenti filosofici, e in quell'incontro fu sollevata la seguente questione: "I deva principali di questo mondo materiale, cioè Brahma, Visnu e Siva, dirigono tutte le manifestazioni di questo universo, ma chi tra loro è il Supremo? Dopo molte discussioni il grande saggio Bhrgu, figlio di Brahma, fu incaricato di mettere alla prova questi tre deva e riferire poi all'assemblea chi di loro fosse il Supremo.

Ricevuto questo incarico, il grande saggio Bhrgumuni si recò prima di tutto a Brahmaloka, la residenza di suo padre. I tre deva hanno il controllo sui tre guna -la virtù, la passione e l'ignoranza-, e il piano dei saggi era quello di inviare Bhrgu perché mettesse alla prova i tre deva e rivelasse quale dei tre fosse completamente sotto l'influsso della virtù: Perciò, quando Bhrgumuni raggiunse suo padre, Brahma, per vedere se fosse sotto l'influsso della virtù, di proposito non gli offrì i suoi omaggi, né prosternandosi davanti a lui né offrendogli delle preghiere. E' dovere del figlio e del discepolo offrire omaggi e recitare preghiere adatte nell'avvicinarsi al padre o al maestro spirituale, ma Bhrgumuni trascurò volutamente di offrire i propri omaggi per vedere la reazione di Brahma. Questi s'infuriò di fronte all'impudenza del figlio e mostrò segni che provavano in modo innegabile la sua collera. Era perfino pronto a condannarlo con una maledizione, ma poiché Bhrgu era suo figlio, Brahma controllò la collera con la sua grande intelligenza. Ciò significa che sebbene l'influsso della passione fosse predominante in Brahma, egli aveva il potere di controllarlo. La collera di Brahma e la sua capacità di controllarla sono paragonabili al fuoco e all'acqua. L'acqua è prodotta dal fuoco, ma il fuoco può essere spento dall'acqua. Similmente, sebbene Brahma fosse arrabbiato per l'influsso della passione, egli poté controllare questa passione perché Bhrgumuni era suo figlio.

Dopo aver messo alla prova Brahma, Bhrgumuni andò direttamente al pianeta Kailasa, dove risiede Siva. Bhrgumuni era il fratello di Siva, perciò appena lo vide avvicinarsi, Siva fu molto felice e si alzò per abbracciarlo. Ma come gli fu vicino, Bhrgumuni non volle ricambiare l'abbraccio: "Mio caro fratello, gli disse, tu sei sempre molto impuro. Poiché ti cospargi il corpo di cenere, non sei molto pulito. Non toccarmi, ti prego. " Quando Bhrgumuni rifiutò di abbracciare il fratello, dicendo che Siva era molto impuro, questi si arrabbiò molto. Si dice che un'offesa può essere commessa col corpo con la mente o con la parola. La prima offesa di Bhrgumuni, commessa nei confronti di Brahma, era un'offesa con la mente; la seconda offesa, commessa insultando e criticando Siva per le sue abitudini poco pulite, era un'offesa con la parola. Appena Siva si sentì insultato da Bhrgu i suoi occhi si fecero rossi dalla rabbia poiché l'ignoranza è l'influsso predominante in lui. Preso da una furia incontrollabile, afferra il tridente e sta per uccidere Bhrgumuni quando la sua sposa, Parvati, salva la situazione evocando in Siva l'influsso della virtù. La personalità di Parvati racchiude in sé i tre guna, perciò è chiamata anche Trigunamayi. Ella si gettò ai piedi dello sposo e con le sue dolci parole lo dissuase dall'uccidere Bhrgumuni.

Dopo essere scampato alla collera di Siva, Bhrgumuni raggiunse il pianeta Svetadvipa, dove Sri Visnu era sdraiato su un letto di fiori, in compagnia della Sua sposa, la dea della fortuna, che stava massaggiando i Suoi piedi di loto. Là Bhrgumuni commise di proposito l'offesa più grave, insultando Sri Visnu con un atto fisico. La prima offesa di Bhrgumuni era stata mentale, la seconda verbale e la terza fisica. Queste offese sono una più grave dell'altra: un'offesa commessa con la mente è grave; la stessa offesa, commessa con le parole, è più grave, ma è più grave ancora se è commessa con un atto fisico. Bhrgumuni, dunque, toccando col piede il petto de Signore in presenza della dea della fortuna si rese colpevole dell'offesa più grave. Ma Sri Visnu, che è infinitamente misericordioso, non si arrabbiò con Bhrgumuni perché egli era un grande brahmana. Un brahmana dev'essere scusato anche se talvolta commette un'offesa, e Sri Visnu ne mostrò l'esempio. Tuttavia, si dice che da quell'incidente la dea della fortuna, Laksmi, non sia più stata molto ben disposta verso i brahmana che, privi delle sue benedizioni, sono di solito molto poveri. Toccando col piede il petto di Sri Visnu, Bhrgumuni commise certamente una grave offesa, ma Visnu è così grande che non Se ne risentì.

I cosiddetti brahmana del kali-yuga sono molto orgogliosi se talvolta possono toccare coi piedi il petto di Visnu, ma quando Bhrgumuni toccò il petto di Visnu col piede fu ben differente, infatti, sebbene fosse l'offesa più grave, Sri Visnu nella sua magnanimità non la prese molto seriamente. Invece di arrabbiarSi e maledire Bhrgumuni, Si alzò subito dal letto insieme con la Sua sposa, la dea della fortuna, e offrì i Suoi rispettosi omaggi al brahmana. Si rivolse quindi a Bhrgumuni così: "Mio caro brahmana, è una grande benedizione per Me averti qui. Ti prego, siediti su questo cuscino per qualche minuto. Caro brahmana, sono molto dispiaciuto di non averti potuto offrire una degna accoglienza appena entrasti. E' stata una grave offesa da parte Mia, ti prego, perdonaMi. Tu sei così puro che l'acqua che lava i tuoi piedi può purificare persino i luoghi di pellegrinaggio; purifica dunque il pianeta Vaikuntha dove vivo con i Miei compagni, questa è la Mia richiesta. Caro padre, grande saggio, so che i tuoi piedi sono molto delicati, come un fiore di loto, e che il Mio petto è duro come la folgore; temo che tu abbia provato dolore toccando coi piedi il Mio petto, lascia dunque che tocchi questi piedi e cerchi di alleviare il tuo dolore." Così dicendo Sri Visnu Si mise a massaggiare i piedi di Bhrgumuni.

Il Signore continuò rivolgendoSi a Bhrgumuni: "Caro signore, il Mio petto è ora santificato grazie al tocco dei tuoi piedi, e sono sicuro che ora la dea della fortuna, Laksmi, sarà molto felice di vivere qui eternamente." Un altro nome di Laksmi è Cancala. Ella non sta a lungo in uno stesso luogo, perciò si vede talvolta la famiglia di un uomo ricco che diventa povera dopo poche generazioni, e la famiglia di un uomo povero che diventa molto ricca. Laksmi, la dea della fortuna, è Cancala nel mondo materiale, mentre nei pianeti Vaikuntha vive eternamente ai piedi di loto del Signore. Poiché Laksmi è conosciuta come Cancala, Narayana lascia intendere qui che lei avrebbe potuto non rimanere eternamente accanto al Suo petto, ma poiché ora questo petto è stato toccato dai piedi di Bhrgumuni, è santificato e non c'è possibilità che la dea della fortuna lo abbandoni. Intanto Bhrgumuni, che capiva la propria posizione e quella del Signore, era rimasto attonito di fronte al comportamento della Persona Suprema. Sommerso da un sentimento di gratitudine, sentì la voce che gli si fermava in gola e non fu capace di rispondere alle parole del Signore. Con le lacrime che gli scendevano dagli occhi, non riuscì a pronunciare neppure una parola e rimase là, in silenzio, fermo davanti al Signore.

Dopo aver messo alla prova Brahma, Siva e Visnu, Bhrgumuni si presentò all'assemblea dei grandi saggi sulla riva del fiume Sarasvati e riferì la sua esperienza. Dopo averlo ascoltato con grande attenzione, i saggi conclusero che tra i deva principali, Visnu è senza dubbio quello maggiormente situato nella virtù. Lo Srimad-Bhagavatam definisce questi saggi brahma-vadinah, nome che si riferisce a coloro che discutono sulla Verità Assoluta senza essere giunti ancora a una conclusione. Il termine brahma-vadi indica per lo più impersonalisti e coloro che si dedicano allo studio dei Veda. E' sottinteso, quindi, che tutti i saggi riuniti in quell'assemblea erano seriamente impegnati nello studio dei Veda, ma non erano ancora giunti a una conclusione definitiva sull'identità della Persona Suprema e Assoluta.

Dopo che Bhrgumuni ebbe narrato il suo incontro con i tre deva principali -Brahma, Siva e Visnu-, i saggi conclusero che Sri Visnu e la Verità Suprema, Dio, la Persona Sovrana. Lo Srimad-Bhagavatam racconta che i saggi rimasero stupefatti nel sentire come Brahma e Siva si fossero subito risentiti mentre Sri Visnu. anche se era stato colpito dal piede di Bhrgumuni, fosse rimasto perfettamente calmo. Le piccole lampade, basta una lieve brezza per agitarle; ma la lampada più grande, la più grande fonte luminosa, il sole, neanche il più forte uragano può smuoverla. Si può valutare la grandezza di una persona dalla sua capacità di tollerare le provocazioni. I saggi riuniti sulla riva del fiume Sarasvati conclusero che per avere la pace vera e la libertà da ogni paura si deve prendere rifugio ai piedi di Sri Visnu. Se Brahma e Siva persero la calma per una piccola provocazione, come possono garantire pace e tranquillità ai loro devoti? Invece, come afferma la Bhagavad-gita, chiunque accetti Visnu, o Krishna, come l'amico supremo raggiunge la più alta perfezione della pace.

I saggi conclusero che seguendo i princìpi del vaisnava-dharma si raggiunge la perfezione; invece se si seguono tutti i princìpi del vaisnava-dharma si raggiunge la perfezione; invece, se si seguono tutti i princìpi religiosi di una particolare fede ma non si progredisce sulla via che conduce alla comprensione di Dio, la Persona Suprema, Sri Visnu, tutta questa fatica sarà stata inutile. L'adesione ai princìpi religiosi deve condurre al piano della conoscenza perfetta, dove, una volta situati, si perde l'interesse per le attività materiali. Raggiungere la conoscenza perfetta significa conoscere la propria natura e quella dell'Anima Suprema. L'Anima Suprema e l'anima individuale, sebbene siano uno in qualità, sono differenti in quantità. Questa comprensione analitica della conoscenza è perfetta. Capire soltanto che non siamo materia ma spirito non è una conoscenza perfetta. Il vero principio religioso è il servizio di devozione, la bhakti; lo conferma la Bhagavad-gita, dove Krishna dice: "Abbandona tutti gli altri princìpi religiosi e sottomettiti a Me." Perciò il termine dharma si applica solo al vaisnava-dharma o bhagavad-dharma, via che conduce a sviluppare ogni buona qualità e a raggiungere ogni successo nella vita.

La perfezione più alta della conoscenza consiste nel conoscere il Signore Supremo. Non si può capire il Signore con un metodo spirituale che non sia il servizio di devozione, perciò la conoscenza perfetta è il risultato immediato che si ottiene dal servizio devozionale. Dopo aver raggiunto la conoscenza si perde interesse per il mondo materiale. Questo distacco non è il frutto di un'arida speculazione mentale perché il bhakta lo raggiunge con una conoscenza teorica, ma con un'esperienza pratica; infatti, quando il bhakta gusta i frutti del contatto col Signore Supremo, naturalmente rifiuta la compagnia della cosiddetta società, amicizia e amore materiali. Questo distacco non è arido, ma è raggiunto dopo essersi elevati a uno stadio superiore di vita gustando una relazione spirituale. Lo Srimad-Bhagavatam afferma inoltre che dopo aver raggiunto questo livello di conoscenza e di distacco dal piacere dei sensi, si ottengono, senza fare sforzi separati, le otto perfezioni dello yoga mistico, come anima, laghima e prapti-siddhi. Maharaja Ambarisa ne è un perfetto esempio; non era uno yogi mistico ma un grande devoto del Signore, eppure quando il grande yogi mistico Durvasa Muni si trovò in disaccordo con lui, lo yogi fu sconfitto di fronte all'atteggiamento devozionale di Maharaja Ambarisa. In altre parole, il bhakta non ha bisogno di praticare lo yoga mistico per ottenere qualche potere. Tutti i poteri lo seguono per la grazia del Signore, come un bambino che ha un potente padre ed è sottomesso a lui ha tutti i poteri del padre dietro di sè.

Quando una persona diventa famosa come un devoto del Signore, la sua reputazione non si estingue mai. Sri Caitanya, mentre discorreva con Ramananda Raya, chiese: "Qual è la più grande fama?" E Ramananda Raya rispose che essere conosciuti come puri devoti di Sri Krishna è la fama perfetta. La conclusione, dunque, è che il Visnu-dharma, cioè la via del servizio di devozione offerto al Signore Supremo, è destinato alle persone riflessive. Guidando i pensieri in modo adeguato si giunge a fissarli sulla Persona Suprema, e così facendo si diventa liberi dalla contaminazione dovuta a un contatto distorto col mondo materiale, e si ottiene la pace. Il mondo è in uno stato di agitazione per la mancanza di devoti che stabiliscano la pace nella società umana. Se non si è devoti del Signore non si può essere imparziali con tutti gli esseri viventi; solo il bhakta, infatti, è equanime con gli altri esseri, perché vede ogni essere come parte integrante del Signore Supremo.

La Sri Isopanisad afferma chiaramente che colui che è giunto a vedere tutti gli esseri con occhio uguale non odia e non favorisce nessuno. Il bhakta, inoltre, non aspira a possedere più del necessario, perciò è chiamato akincana. Egli è soddisfatto in qualsiasi situazione; sia all'inferno sia in paradiso la sua mente è sempre equilibrata. Il bhakta è indifferente a tutto ciò che è estraneo al suo impegno nel servizio di devozione. Questo modo di vita rappresenta la perfezione più alta, da cui si può accedere al mondo spirituale, alla nostra dimora, che è il regno di Dio. I devoti del Signore Supremo sono attratti in modo particolare dal guna materiale più elevato, la virtù, e poiché il brahmana qualificato è l'emblema della virtù, essi sono molto attratti dal livello brahminico di esistenza; non hanno molto interesse invece per la passione e l'ignoranza, sebbene anche questi guna emanino da Visnu, il Signore Supremo. Nello Srimad-Bhagavatam i bhakta sono descritti come nipuna-buddhayah, cioè come il gruppo di uomini più intelligenti. Liberi dall'attaccamento e dall'odio, i bhakta vivono molto tranquillamente, senza essere agitati dall'influsso della passione e dell'ignoranza.

Ci si potrebbe chiedere perché un devoto, che trascende i guna materiali, debba nutrire attaccamento per il guna della virtù. La risposta è che ci sono differenti tipi di persone secondo il guna a cui sono soggette. Coloro che sono sotto il dominio dell'ignoranza sono detti raksasa, coloro che subiscono l'influsso della passione sono detti asura, e coloro che sono guidati dalla virtù sono detti sura, o esseri divini. Sotto la direzione del Signore Supremo, la natura materiale ha creato queste tre categorie di uomini, ma coloro che vivono nella virtù hanno maggiori possibilità di accedere al mondo spirituale, il regno di Dio, che è la nostra dimora.
Così tutti i saggi che si erano riuniti sulla riva della Sarasvati per determinare chi è la suprema Divinità si liberarono da tutti i dubbi sulla superiorità di Visnu; s'impegnarono quindi nel servizio di devozione e raggiunsero il risultato voluto, il ritorno a Dio.

Coloro che desiderano ardentemente liberarsi dalla schiavitù materiale farebbero bene ad accettare immediatamente la conclusione data da Sri Sukadeva Gosvami all'inizio dello Srimad-Bhagavatam. E' detto che l'ascolto di quest'opera è estremamente benefico per chi vuole raggiungere la liberazione perché è narrata da Sukadeva Gosvami: chiunque viaggi senza mèta nel mondo materiale e si fermi ad ascoltare le parole di nettare pronunciate da Sukadeva Gosvami certamente arriverà alla giusta conclusione; semplicemente impegnandosi nel servizio di devozione a Dio, la Persona Suprema, potrà fermare il penoso e perpetuo trasmigrare da un corpo materiale all'altro. In altre parole, chi ascolta in modo appropriato diventerà fisso nel servizio d'amore a Visnu, e certamente otterrà sollievo dal continuo peregrinare della vita materiale. Il metodo è molto semplice: è sufficiente prestare ascolto alle dolci parole di Sukadeva Gosvami che racconta lo Srimad-Bhagavatam.

Un'altra conclusione che possiamo trarre da questo episodio è che gli esseri celesti, anche Siva e Brahma, non devono mai essere considerati allo stesso livello di Visnu. Se trascuriamo questa regola, secondo il Padma-Purana ci trasformiamo subito in atei. Nell'Harivamsa, uno degli Scritti vedici, è affermato che si deve offrire la propria adorazione solo a Visnu, Dio, la Persona Suprema, e si deve cantare sempre il maha-mantra Hare Krishna, o qualsiasi mantra in onore di Visnu. Nel secondo Canto dello Srimad-Bhagavatam, Brahma dice: "Siva e io abbiamo ricevuto dal Signore Supremo differenti ruoli, e agiamo sotto la Sua direzione." Nel Caitanya.caritamrta si dichiara inoltre che l'unico maestro è Krishna, e gli esseri viventi, a qualsiasi categoria appartengano, sono tutti Suoi servitori.

Nella Bhagavad-gita il Signore conferma che non esiste verità superiore a Lui. Sukadeva Gosvami, inoltre, per attrarre l'attenzione sul fatto che fra tutte le forme Visnu-tattva, Sri Krishna è Dio, la Persona Suprema al cento per cento, narrò un episodio che si svolse mentre Krishna era presente su questo pianeta.

Accade un giorno che la moglie di un brahmana desse alla luce un figlio, che sfortunatamente morì subito dopo. Il padre, molto turbato per la morte prematura del figlio in presenza dei suoi giovani genitori, prese il corpo del bambino e andò direttamente al palazzo del re, a Dvaraka. Un tempo, quando governavano sovrani responsabili -cioè fino alla fine dello dvapara-.yuga, quando Sri Krishna era presente sulla Terra-, il re poteva essere accusato per la morte prematura di un figlio in presenza dei genitori. Questa responsabilità l'avevano anche i sovrani che vissero al tempo di Sri Ramacandra. Come è spiegato nel primo Canto dello Srimad-Bhagavatam, il re era a tal punto responsabile del benessere dei cittadini che doveva preoccuparsi perfino che il clima non fosse troppo caldo o troppo freddo.

Sebbene il re non avesse alcuna colpa, il brahmana a cui era morto il figlio appena nato andò subito alla porta del palazzo e cominciò ad accusare il re dicendo: "L'attuale re, Ugrasena, invidioso dei brahmana!" Il termine esatto usato a questo proposito è brahmadvisah. Colui che è invidioso dei Veda o di un brahmana qualificato, o del gruppo dei brahmana in genere, è chiamato brahma-dvit. Il re fu dunque accusato di essere un brahma-dvit, e inoltre di essere sata-dhi, cioè dotato di falsa intelligenza. Il capo esecutivo di uno Stato deve avere una grande intelligenza per poter vegliare sul benessere dei cittadini, ma secondo il brahmana, Ugrasena non era affatto intelligente, sebbene occupasse il trono regale. Perciò lo chiamò lubda, che significa avido. In altre parole, un re o un capo di Stato non dovrebbe occupare l'alto posto di regnante o di governare se è avido o interessato al proprio benessere. Ma è naturale che lo sia se è attratto dal godimento materiale, perciò un'altra parola usata qui è vasayatmanah.

Il brahmana, inoltre, accusò il re di essere ksatra-bandhu, nome che si riferisce a una persona nata da famiglia ksatriya dell'ordine regio, ma priva delle qualificazioni proprie di un personaggio regale. Un re dovrebbe proteggere la cultura brahminica e vigilare sul benessere dei cittadini, ma dovrebbe essere libero dall'avidità causata dall'attaccamento ai piaceri materiali. Una persona che si fa passare per ksatriya dell'ordine regio pur essendo priva di qualificazioni non è chiamata ksatriya-bandhu. Similmente, una persona nata da un padre brahmana ma priva delle qualificazioni brahminiche è chiamata brahma-bandhu o dvija-bandu. Ciò significa che una persona non è accettata come brahmana o come ksatriya solo per nascita, ma deve acquisire le qualità richieste prima di essere accettata come tale.

Il brahmana disse: "Nessuno dovrebbe rispettare o venerare un re il cui unico affare è invidiare. Tale re passa il tempo a cacciare e uccidere animali nella foresta, o a uccidere cittadini con atti criminali. Se i cittadini offrono onori e venerazione a un re simile, che non è padrone di sé e ha un cattivo carattere, non potranno mai essere felici; rimarranno sempre poveri, pieni di ansietà e sofferenze, e sempre infelici." Sebbene nella politica moderna il posto di monarca sia stato abolito, il presidente non è ritenuto responsabile del benessere dei cittadini. Nell'età di Kali un individuo ottiene in qualche modo i voti dei cittadini e sale all'alta carica di capo di Stato, ma i cittadini continuano a rimanere nell'ansietà e nella sofferenza, nell'infelicità e nell'insoddisfazione.

Anche il secondo figlio del brahmana morì appena nato, e così il terzo. Il brahmana ebbe nove figli, che subirono tutti la stessa sorte; e ogni volta il brahmana andò alla porta del palazzo reale ad accusare il sovrano. Quando il brahmana accusò il re per la nona volta, Arjuna si trovava là insieme a Krishna. Sentendo che un brahmana accusava il re di non dare un'adeguata protezione, Arjuna volle sapere di più e si avvicinò al brahmana dicendogli: "Caro brahmana, perché affermi che non ci sono ksatriya qualificati per proteggere i cittadini del tuo Stato? Non c'è neppure qualcuno che pretenda di essere uno ksatriya e porti l'arco e le frecce almeno per far mostra di proteggere i sudditi? Pensi che tutti i rappresentanti di questo Stato siano solo impegnati a compiere sacrifici insieme ai brahmana e non abbiano uno spirito eroico?" Così Arjuna indicò che gli ksatriya non dovrebbero solo rimanere comodamente impegnati nei riti vedici, ma dovrebbero piuttosto mostrare il loro valore proteggendo i sudditi. Ai brahmana, che sono assorti in attività spirituali, non si richiede alcuno sforzo fisico: occorre dunque che essi ricevano protezione dagli ksatriya in modo che l'esecuzione dei loro doveri superiori prosegua indisturbata.

Arjuna continuò: "Se i brahmana subiscono una separazione indesiderata dalla moglie e dai figli, e gli ksatriya non si occupano di loro, allora questi ksatriya non devono essere considerati altro che attori di teatro. Nelle commedie un attore può interpretare la parte di un re, ma nessuno si aspetta benefici da un re finto. Così, se il re o il capo di Stato non è in grado di dare protezione ai brahmana, che sono la testa del corpo sociale, è considerato solo un imbroglione. Tali dirigenti occupano i loro posti solo per guadagnarsi da vivere. Mio signore, io proteggerò i tuoi figli, te lo prometto; e se ne fossi incapace, sono pronto a gettarmi nel fuoco per purificarmi dalla contaminazione dei peccati che ho commesso."

Dopo aver ascoltato Arjuna, il brahmana rispose: "Caro Arjuna, Sri Balarama è presente, eppure non ha potuto dare protezione ai miei figli. Anche Sri Krishna è presente, ma neppure Lui ha potuto proteggerli. Inoltre ci sono molti eroi, come Pradyumna e Aniruddha, che portano archi e frecce, ma neanche loro sono stati capaci di proteggere i miei figli." Il brahmana lasciava intendere così che Arjuna non avrebbe potuto fare ciò che era stato impossibile a Dio, la Persona Suprema. Gli sembrava che Arjuna promettesse qualcosa che era al di là del suo potere e disse: "La tua promessa è come quella di un bambino inesperto, così io la considero. Non posso fidarmi della tua promessa."

Arjuna capì che il brahmana aveva perso ogni fiducia nei re ksatriya, e per rincuorarlo parlò come se volesse criticare perfino il suo amico Krishna. In presenza di Krishna stesso e gli altri personaggi, Arjuna attaccò Krishna con queste parole: "Caro brahmana, io non sono né Sankarsana, né uno dei figli di Krishna, come Pradyumna o Aniruddha; il mio nome è Arjuna e porto l'arco conosciuto come Gandiva. Tu non puoi insultarmi, perché perfino Siva è soddisfatto del mio valore. Mentre stavo cacciando nella foresta ebbi uno scontro con Siva, che apparve di fronte a me nelle vesti di un cacciatore, e quando egli fu soddisfatto del mio valore mi regalò l'arma conosciuta come pasupata-astra. Non dubitare della mia prodezza; riporterò i tuoi figli anche se dovessi lottare contro la morte in persona." Rassicurato dalle potenti parole di Arjuna, il brahmana, in un certo modo convinto, ritornò a casa.

Quando la moglie del brahmana stava per dare alla luce un altro bambino, il brahmana cominciò a invocare Arjuna dicendo: "Arjuna, ti prego, vieni subito e salva mio figlio." Appena lo udì, Arjuna si preparò toccando dell'acqua santificata e pronunciando mantra sacri per proteggere dal pericolo l'arco e le frecce. Prese proprio la freccia che gli aveva regalato Siva, e mentre partiva si ricordò di Siva e del suo grande favore. Arrivò così alla casa del brahmana, provvisto del suo arco Gandiva, e di numerose altre armi.

Sembra che Arjuna fosse rimasto a Dvaraka proprio per mantenere la promessa fatta al brahmana. Fu chiamato di notte, quando la sposa del brahmana stava per mettere al mondo un figlio, e mentre si recava alla casa del brahmana per assistere al lieto evento Arjuna si ricordò di Siva e non del suo amico Krishna; pensò fosse meglio affidarsi a Siva piuttosto che a Krishna, che non era stato capace di proteggere il brahmana. Ecco l'esempio di una persona che prende rifugio nei deva. La Bhagavad-gita afferma: kamais tais tair hrtajnanah, quando una persona perde l'intelligenza a causa dell'avidità e della lussuria, dimentica Dio, la Persona Suprema, e si rifugia nei deva. Naturalmente Arjuna non era un uomo comune, ma per il suo rapporto amichevole con Krishna pensò che il Signore fosse incapace di offrire protezione al brahmana e che fosse meglio quindi affidarsi a Siva. In seguito, il fatto che Arjuna abbia ricordato Siva invece che Krishna si rivelerà un insuccesso. Arjuna, tuttavia fece del suo meglio per proteggere in tutte le direzioni la casa del brahmana cantando vari mantra e impugnando l'arco.

La sposa del brahmana diede alla luce un figlio maschio, e il neonato, come tutti i bambini, si mise a piangere. Ma fu questione di pochi istanti, e il bambino e le frecce di Arjuna scomparvero nel cielo. Sembra che la casa del brahmana fosse vicino alla residenza di Krishna e che il Signore stesse ridendo di tutto ciò che accadeva in quella casa e che in apparenza sfidava la Sua autorità. Era stato Lui a fare lo scherzo di portare via il figlio del brahmana e le frecce di Arjuna, compresa quella regalatagli da Siva, di cui Arjuna era così orgoglioso. Tad bhavati alpamedhasam: gli uomini poco intelligenti, a causa della confusione in cui sono immersi, prendono rifugio nei deva e sono soddisfatti dei benefici che ottengono da loro.

In presenza di Sri Krishna e di altre persone, il brahmana cominciò ad accusare Arjuna dicendo: "Guardate la mia stupidità! mi sono fidato delle parole di Arjuna che è un incapace, esperto solo a fare promesse false. Che sciocco sono stato a credergli! Mi aveva promesso di proteggere mio figlio quando perfino Pradyumna, Aniruddha, Balarama e Krishna hanno fallito. Se questi grandi personaggi non hanno potuto proteggere mio figlio, chi altri può farlo? Condanno Arjuna per la sua falsa promessa, e condanno anche il suo famoso arco Gandiva e la sua impudenza nel proclamarsi più grande di Balarama, di Krishna, di Pradyumna e di Aniruddha. Nessuno può salvare mio figlio perché è già stato trasferito su un altro pianeta. Soltanto per pura stupidità Arjuna ha pensato di poter riportare qui mio figlio."

Così accusato, Arjuna, che era maestro nei poteri mistici dello yoga, con i quali gli yogi possono raggiungere qualsiasi pianeta, cominciò a viaggiare da un pianeta all'altro alla ricerca del figlio del brahmana, ma inutilmente. Subito dopo raggiunse il pianeta dove Indra, il re dei pianeti celesti, ma anche là la sua ricerca non ebbe frutti. Si recò quindi sui pianeti dei deva del fuoco, Nairrti, e poi sulla luna, su Vayuloka e su Varunaloka. Proseguendo le sue ricerche scese fino al pianeta Rasatala, che è situato nel sistema planetario inferiore, per salire poi fino a Brahmaloka, dove neppure gli yogi mistici possono arrivare. Per la grazia di Krishna, Arjuna aveva il potere di attraversare tutti i pianeti celesti e di raggiungere Brahmaloka. Dopo aver cercato inutilmente il bambino su tutti i pianeti possibili, Arjuna tentò di gettarsi nel fuoco, come aveva promesso al brahmana nel caso non fosse riuscito a riportargli suo figlio. Ma Krishna, che voleva molto bene ad Arjuna, il Suo più intimo amico, lo convinse a non togliersi la vita per il disonore. Gli fece capire che la colpa indirettamente sarebbe caduta su di Lui se Arjuna, che era Suo amico, fosse entrato nel fuoco spinto dalla disperazione. Sri Krishna gli impedì dunque di compiere quel gesto sconsiderato assicurandolo che Egli stesso avrebbe trovato il bambino. Quindi fece venire il Suo carro trascendentale e vi salì insieme con Arjuna, dirigendoSi poi verso il nord.

Sri Krishna, Dio, la Persona Suprema e onnipotente, avrebbe potuto senza alcuno sforzo far ritornare il bambino, ma dobbiamo ricordare sempre che il Signore interpretava la parte di un essere umano; e come ogni essere umano deve sforzarsi per ottenere un risultato, così Krishna lasciò Dvaraka, con il suo amico Arjuna, per andare personalmente a riprendere il figlio del brahmana. Scendendo nella società umana e rivelando i Suoi divertimenti nel ruolo di un essere umano, Sri Krishna dimostrò in modo definitivo che nessuno è superiore a Lui. "Dio è grande", è la definizione che si dà del Signore Supremo; e Krishna dimostrò, almeno in questo mondo materiale, mentre era presente, che non c'è persona più grande di Lui.

Seduto sul carro insieme ad Arjuna , Krishna Si diresse verso il nord, attraversando numerosi sistemi planetari. Nello Srimad-Bhagavatam questi sistemi planetari sono descritti col nome di sapta-dvipa. Dvipa significa isola, ed così che le Scritture vediche definiscono talvolta i pianeti. Jambudvipa, per esempio, è il pianeta su cui viviamo. Lo spazio è considerato come un vasto oceano d'aria dove fluttuano numerose isole, che sono i pianeti. In ogni pianeta si trovano degli oceani, che possono essere di acqua salata, oppure di latte, di liquore, di ghi o di olio. Esistono anche differenti tipi di montagne su questi pianeti, che sono avvolti ognuno da un'atmosfera particolare.

Krishna superò tutti i sistemi planetari e raggiunse la copertura dell'universo, che lo Srimad-Bhagavatam descrive come un luogo di profonda oscurità. Tutto il mondo materiale è un luogo di tenebre, ma nello spazio aperto la luce del sole lo illumina, mentre nella copertura, in assenza del sole, c'è un'oscurità totale. Quando Krishna fu vicino a questo strato che copre l'universo, i quattro cavalli che tiravano il Suo carro -Saibya, Sugriva, Meghapuspa e Balahaka- apparvero esitanti ad entrare nell'oscurità. Quest'esitazione fa parte anch'essa dei divertimenti di Krishna perché i cavalli di Krishna non sono cavalli comuni, altrimenti come avrebbero potuto attraversare tutto l'universo e penetrare negli strati che lo ricoprono? Krishna trascende i guna del mondo materiale, e altrettanto il Suo carro, i Suoi cavalli e tutto ciò che è in contatto con Lui. Non dobbiamo dimenticare che Krishna interpretava la parte di un comune essere umano, e i Suoi cavalli, per Sua volontà, si comportarono da cavalli normali, che esitano di fronte alle tenebre.

Krishna è conosciuto anche col nome di Yogesvara, così afferma l'ultima parte della Bhagavad-gita. Yogesvara hari: tutti i poteri mistici sono sotto il Suo controllo. Talvolta ci capita di vedere uomini che possiedono poteri mistici e compiono imprese eccezionali, ma dobbiamo sapere che Krishna è il maestro di tutti i poteri mistici. Quando Krishna vide che i Suoi cavalli esitavano di fronte alle tenebre, lanciò subito il Suo disco, il Sudarsana-cakra, che illuminò lo spazio con una luce migliaia di volte più potente di quella del sole. L'oscurità che avvolge la copertura dell'universo è anch'essa una creazione di Krishna, e il Sudarsana-cakra è un costante compagno di Krishna. Così, tenendo davanti a Sé il disco Sudarsana, Krishna dissipò l'oscurità. Lo Srimad-Bhagavatam afferma che il disco di Sri Krishna penetrò le tenebre proprio come una freccia scoccata dall'arco Sarnga di Sri Ramacandra penetrò l'esercito di Ravana. Su significa "molto buona" e darsana significa "osservazione": per la grazia del disco di Krishna, il Sudarsana, ogni cosa può essere vista molto chiaramente e niente rimane nell'oscurità. Così Sri Krishna e Arjuna attraversarono la regione di tenebre che copre l'universo materiale.

Arjuna si trovò quindi di fronte alla sfolgorante luce del brahmajyoti, che è situato oltre la copertura dell'universo materiale, e non potendo tollerare l'accecante sfolgorìo di quella luce, chiuse gli occhi. Questo sfolgorio spirituale è la mèta degli impersonalisti vedantisti. E' anche detto avyakta perché è situato al di là della nostra visione materiale, e anantaparam perché è illimitato e incommensurabile. Il viaggio di Krishna e Arjuna nel brahmajyoti è descritto nell'Harivamsa, uno dei Testi vedici, che riporta anche le parole di Krishna ad Arjuna. "Caro Arjuna, gli disse il Signore, la sfolgorante luce trascendentale che tu vedi è costituita dai raggi che emanano dal Mio corpo. O capo dei discendenti di Bharata, questo brahmajyoti non è differente da Me stesso." Come non si può separare il sole dalla luce che irradia da esso, così non si può separare Krishna dalla luce che emana dal Suo corpo, cioè il brahmajyoti.

Krishna affermò dunque che il brahmajyoti e la Sua Persona non sono differenti l'uno dall'altro, affermazione chiaramente espressa nell'Harivamsa, quando Krishna dice: "aham sah". Il brahmajyoti è formato da minuscole scintille spirituali, gli esseri viventi, detti anche citkana. L'espressione so'ham, cioè "Io sono il brahmajyoti", si può applicare anche agli esseri viventi, perché anch'essi possono dire di appartenere al brahmajyoti. Nell'Harivamsa Krishna spiega inoltre che il brahmajyoti è un'emanazione della sua energia spirituale. Esso è situato al di là del dominio della Sua energia esterna, conosciuta come maya-sakti. Nel mondo materiale non si può percepire lo sfolgorio del Brahman, che è manifestato solo nel mondo spirituale; questo è il significato delle parole vyakta-avyakta. La Bhagavad-gita afferma: vyakta-'vyaktat sanatanah, entrambe queste energie, quella materiale e quella spirituale, sono manifestate eternamente.

Poi Krishna e Arjuna entrarono in una vasta estensione di acqua spirituale, l'Oceano Karanarnava o Viraja, che è all'origine della creazione del mondo materiale. Il Mrtyunjaya Tantra, uno Scritto vedico, contiene una vivida descrizione dell'Oceano Karana o Viraja, e afferma inoltre che il più alto sistema planetario di questo universo materiale è Satyaloka o Brahmaloka, al di là si trovano Rudraloka e Maha-Visnuloka. A proposito di quest'ultimo la Brahma-samhita afferma: yah karanarnava-jale bhajati sma yoga, Maha-Visnu è sdraiato nell'Oceano Karana; quando espira emana innumerevoli universi e quando inspira tutti gli universi rientrano in Lui. In questo modo la creazione materiale è manifestata e poi riassorbita.

Quando Krishna e Arjuna entrarono nell'Oceano Karana trovarono le acque molto agitate a causa di un forte uragano di splendore trascendentale. Per la grazia di Krishna, Arjuna poté vedere il meraviglioso Oceano Karana, esperienza unica nel suo genere. Vide nell'acqua un grande palazzo con migliaia di pilastri e colonne fatte di pietre preziose, e così bello era lo splendore di quelle colonne che Arjuna ne fu affascinato. Nel palazzo, Arjuna e Krishna videro la gigantesca forma di Anantadeva, che conosciuto anche col nome di Sesa. Anantadeva o Sesanaga aveva la forma di un grande serpente con migliaia di teste, ciascuna decorata con preziosi gioielli sfolgoranti, che irradiavano una luce meravigliosa. Gli occhi, due per ogni testa, apparivano terribili, e il Suo corpo era bianco come la vetta della montagna Kailasa, sempre incappucciata di neve.

Il Suo collo era bluastro, come anche le Sue lingue. Su quel soffice e bianco corpo di Sesanaga, Arjuna vide Maha-Visnu comodamente sdraiato. Sembrava onnipresente e dotato di grande potenza, e Arjuna capì che Dio, la Persona Suprema, è conosciuto in quell'aspetto come Purusottama. Questa forma di Dio è chiamata Purusottama, cioè suprema, perché da essa emana un'altra forma di Visnu, quella di Garbhodakasayi Visnu, che entra nel mondo materiale. La forma Maha-Visnu, o Purusottama, del Signore, è al di là del mondo materiale ed è conosciuta anche col nome di Uttama, che significa al di là dell'oscurità del mondo materiale (tama significa "oscurità", e ut "al di là"). Arjuna vide che Purusottama, Maha-Visnu, aveva la carnagione scura come una nuvola appena formata della stagione delle piogge, era vestito di una stoffa gialla e molto bella. Il Suo volto aveva sempre un sorriso meraviglioso e i Suoi occhi, simili ai petali del fiore di loto, erano affascinanti. Portava un elmetto decorato di pietre preziose e gli orecchini davano risalto alla bellezza dei Suoi capelli ondulati. Le Sue otto braccia, molto lunghe, arrivavano quasi a sfiorarGli le ginocchia. Il gioiello kaustubha decorava il Suo collo e il simbolo di Srivatsa sul petto indicava il luogo di rifugio della dea della fortuna. Una ghirlanda di fiori di loto, detta vaijanti, Gli scendeva quasi fino alle ginocchia.

Il Signore aveva accanto i Suoi compagni personali, Nanda e Sunanda, e anche il disco Sudarsana in persona. I Veda affermano che Dio ha innumerevoli potenze, e anch'esse erano là, in persona, in piedi accanto a Lui. Le più importanti sono pusti, la potenza di nutrimento; sri, la potenza di fama; e aja, la potenza della creazione materiale. Queste potenze sono conferite a quegli esseri che amministrano il mondo materiale, cioè Brahma, Siva, Visnu e i re dei pianeti celesti, come Indra, Candra, Varuna e Vivasvan, il deva del sole. In altre parole, questi deva, che hanno ricevuto dal Signore alcuni poteri, s'impegnano nel servizio d'amore spirituale a Dio, la Persona Suprema. La forma di Maha-Visnu è un'emanazione del corpo di Krishna; anche la Brahma-samhita lo conferma precisando che è un'emanazione di un'espansione plenaria di Krishna.

Queste emanazioni non sono differenti da Dio, la Persona Suprema, ma poiché Krishna era apparso nel mondo materiale per manifestare le Sue attività nel ruolo di un essere umano, offrì immediatamente i Suoi omaggi a Maha-Visnu prosternandoSi davanti a Lui, e così fece anche Arjuna. Lo Srimad-Bhagavatam dice che quando Krishna offrì i Suoi omaggi a Maha-Visnu in realtà il offrì a Sé stesso perché Maha-Visnu non è differente da Krishna. Ma questo atto di Krishna non ha niente in comune con la forma di adorazione conosciuta come ahangraha-upasana, che talvolta si raccomanda alle persone che vogliono elevarsi al mondo spirituale col sacrificio della conoscenza, come è confermato nella Bhagavad-gita: jnana-yajnena capy anye yajanto mam upasate.

Krishna non aveva bisogno di offrire i Suoi omaggi, ma essendo il maestro supremo volle insegnare ad Arjuna come si deve mostrare rispetto a Maha-Visnu. Arjuna, tuttavia, rimase atterrito di fronte a quella gigantesca forma che comprendeva ogni cosa e che era così lontana dall'esperienza materiale, e vedendo Krishna che Si prosternava davanti a Maha-Visnu, immediatamente Lo seguì, poi rimase in piedi, a mani giunte davanti al Signore. Allora l'immensa forma di Maha-Visnu sorrise dolcemente, molto soddisfatta, e parlò così:

"Miei cari Krishna e Arjuna, desideravo molto vedervi, ed è per questo motivo che ho rapito i bambini del brahmana. Stavo aspettando il vostro arrivo. Voi siete apparsi in questo mondo materiale come Miei avatara per ridurre la potenza delle persone demoniache che affiggono il mondo. Dopo aver ucciso questi esseri demoniaci, vi prego, tornate da Me. Voi siete manifestazioni dei grandi saggi Nara-Narayana, e sebbene siate completi in voi stessi, insegnate i princìpi fondamentali della vera religione al fine di proteggere i devoti, annientare gli asura e soprattutto ristabilire i princìpi religiosi; la gente, seguendo il vostro esempio, potrà continuare a vivere nella pace e nella prosperità."

Krishna e Arjuna offrirono di nuovo i loro omaggi a Maha-Visnu, poi, prendendo con sé i figli del brahmana, che nel frattempo erano cresciuti, tornarono a Dvaraka seguendo lo stesso percorso che li aveva portati nel mondo spirituale. Giunti nella città consegnarono i figli al brahmana.

Arjuna era rimasto sbalordito dopo aver visitato il mondo spirituale per la grazia di Krishna, e potè capire, sempre per la grazia di Krishna, che ogni opulenza di questo mondo materiale è dovuta solo alla Sua misericordia. Dovremmo dunque essere sempre coscienti di Krishna e mostrarGli sempre la nostra gratitudine, perché tutto ciò che possediamo lo dobbiamo solo alla Sua misericordia.

La meravigliosa esperienza vissuta da Arjuna per la grazia di Krishna è solo uno degli innumerevoli divertimenti che Krishna manifestò durante il Suo soggiorno nel mondo materiale. Questi divertimenti, che sono senza paragone nella storia del mondo, provano in modo definitivo che Krishna è Dio, la Persona Suprema, anche se quando era presente nel mondo materiale interpretava la parte di un comune essere umano con molti impegni terreni. Krishna Si comportava da perfetto capofamiglia, e sebbene avesse 16.000 spose, 16.000 palazzi e 160.000 figli, eseguì anche molti sacrifici per insegnare all'ordine regio come agire nel mondo materiale per il benessere dell'umanità. Come Persona Suprema e ideale Krishna soddisfece i desideri di tutti, dai brahmana -le persone più elevate nella società- fino agli uomini comuni, anche i più degradati. Come il re Indra ha il compito di soddisfare ogni essere distribuendo la pioggia su tutto il mondo, così Sri Krishna soddisfa tutti gli esseri facendo scendere la Sua misericordia incondizionata. La Sua missione era quella di proteggere i bhakta e uccidere i re demoniaci; perciò centinaia e migliaia di asura furono uccisi, alcuni da Krishna personalmente, altri da Arjuna per ordine di Krishna. Poi il Signore mise a capo del mondo molti re virtuosi come Maharaja Yudhisthira, e secondo il Suo piano divino assicurò a tutti la pace e la tranquillità.

 

Così terminano gli insegnamenti di Bhaktivedanta sull'ottantottesimo capitolo del Libro di Krishna, intitolato: "L'eccezionale potere di Krishna."

 

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